Wednesday Winter Worries di BandaBendata – Intervista a Teo Eustass Paolicelli e Alma Velletri
Nell’ipercinetica redazione del Wednesday Magazine un gruppo di giornalisti si affannano alla caccia dell’ultimo scoop: ecco Wednesday Winter Worries del collettivo BandaBendata.
Wednesday Winter Worries è un fumetto (autoprodotto) di BandaBendata.
BandaBendata è un collettivo di giovani fumettisti che si è formato nel 2020 e che ha già dato alle stampe oltre a Wednesday Winter Worries, anche Sunday Summer Stories uscito a settembre del 2020. Oltre ai due volumi hanno in catalogo anche l’originalissima Sfuzine – Fogli, colla, valigia, cioè una fanzine venduta a fogli sfusi che viene rilegata al momento dell’acquisto, a seconda di quanti fogli si si vogliano comprare.
BandaBendata sono: Shannice Alogaga, Danilo DAB Barbarinaldi, Filo Carletti, Teo Eustass Paolicelli, Daniele Presicce e Alma Velletri. Le storie di Wednesday Winter Worries nello specifico ospitano anche Andrès Abiuso, Sara Cavosi, Francesco Alessandro Cogliati, Lisinka, Raffaele Magurano, Lorenzo Miola, Letizia Rizzo, Francesco Ruggieri, Raffaele Tarantino e Ilenia Trano.
Wednesday Winter Worries prende il nome dal Wednesday Magazine, una rivista settimanale che esce tutti i giovedì (!) con sede a Basilea. La redazione della rivista e tutto ciò che accade intorno a essa fanno da sfondo alle sedici storie che seguono le vicende di numerosi personaggi. I due principali, se così possiamo dire, sono David Ziegler e Jules Cerise: entrambi giovani intraprendenti, si incontrano nel 1949 nella sala d’aspetto del Wednesday Magazine, sono lì per accaparrarsi un lavoro all’interno della redazione e ci riescono entrambi. Da quel momento per loro comincerà una carriera adrenalinica nel mondo del giornalismo, fatto di scoop, reportage e avventure rocambolesche in giro per il mondo. Le storie del volume li inseguono per quarant’anni e li vedono cimentarsi con nuove sfide e momenti di vita quotidiana e inevitabilmente cambiare. Nel frattempo, tra i tanti giornalisti della redazione, in molti porteranno avanti le loro carriere, come Sofia che riesce ad affermarsi come reporter e a non trascurare la sua vita personale.
I sedici racconti del libro ripercorrono la storia della rivista e dei suoi impiegati. Le notti insonni, il caos della redazione, i rapporti fra colleghi, le invidie, l’entusiasmo, le bevute al Mjöor, il pub preferito per fare baldoria con i colleghi. Alternando momenti divertenti e slapstick ad altri più seri e malinconici, BandaBendata ci catapulta in un mondo altro in un passato vibrante e scalmanato, e ci accompagna in quella che sembra a tutti gli effetti una serie TV a fumetti.
Gli stili inevitabilmente diversi dei vari autori, che si danno il cambio storia dopo storia al disegno e alla scrittura, tengono alta l’attenzione del lettore e gli impediscono di annoiarsi. A volte strattonandolo e richiedendo concentrazione e sinapsi ben allenate, vuoi per il tema “esotico”, il giornalismo, avvolto da un’atmosfera noir anni quaranta, vuoi per il numero corposo di personaggi che popolano il Wednesday Magazine di cui si raccontano le sottotrame. BandaBendata riesce però a vincere la sfida più importante, cioè a creare un’atmosfera. Elemento prezioso che tiene unito saldamente tutto il libro, impresa non facile per chi è costretto a mixare stili e approcci al fumetto così diversi tra loro. In alcuni episodi mettono tutto in pausa e si lasciano andare a divagazioni più o meno surreali, forse anche per far riposare il lettore, senza però lasciare mai un senso di spaesamento, anzi aggiungendo quel pezzo in più che aggiunge spessore al puzzle generale.
Un fumetto robusto, con una bella sceneggiatura che pesca da un’immaginario poco frequentato dal fumetto italiano, quello delle redazioni giornalistiche, e lo dipana attraverso un periodo storico interessantissimo. In un perenne inverno sì, ma pieno di calore umano. Chissà se il prossimo volume sarà dedicato al sabato e alla primavera?
Con Wednesday Winter Worries, Bandabendata si è aggiudicata il premio Piola per le autoproduzioni al Treviso Book Comic Festival 2022.
Teo Eustass Paolicelli e Alma Velletri sono stati recentemente nostri ospiti al festival Safarà – Fumetti da scoprire e abbiamo avuto modo di fare quattro chiacchiere con loro sulla vita, sui fumetti e sul loro lavoro: ritorno da loro con qualche ulteriore domanda.
Ciao ragazzi, innanzitutto vi chiedo delle reazioni a caldo riguardo il Premio Piola che avete appena ricevuto al Treviso Book Comic Festival. Un riconoscimento importante!
Teo Eustass Paolicelli – Siamo ancora in stato confusionale, a farla breve. Potremmo dire che non ce l’aspettavamo (e non mentiremmo, visto che non erano state diffuse le candidature in anticipo, e siamo stati letteralmente prelevati allo stand un’ora prima, nella persona di uno spaventatissimo Danilo), ma la verità è che il pensiero della premiazione non ci era neanche passato per la testa. Volevamo visitare il TCBF da anni, e una serie di imprevisti ci ha impedito a questo giro di essere tutti presenti. Ci siamo riusciti per il rotto della cuffia e con una sola persona a tenere caldo lo stand ogni giorno. La nostra ammirazione per la giuria e per i nostri “compagni di premio” è grandissima, e sapere che qualcuno guardi ai nostri lavori con una parte del rispetto che noi nutriamo dall’altro lato è una pacca sulla spalla enorme, soprattutto dopo questi due anni, e ci motiva per fare sempre di più e meglio.
È una parola buona alla fine di una giornata di lavoro – dimezza le fatiche e ci fa pensare di essere sulla strada giusta, non potremmo essere più felici. Al prossimo Treviso ne vedremo delle belle!
Il mondo delle autoproduzioni è sterminato e quindi difficilissimo da approcciare, sia per i lettori che per gli autori. Quanto è difficile fare autoproduzione oggi in Italia e che cosa comporta?
Alma Velletri – Rispondo in base a quello che abbiamo vissuto noi e mi appoggio a una frase che mi è stata detta quando BandaBendata ancora non esisteva: non è difficile entrare nel mondo del fumetto, il difficile è rimanerci. Chiunque può autoprodursi, basta della carta e qualche pennarello. I problemi si pongono quando devi produrre qualcosa di qualità e quando poi la devi promuovere e vendere in giro. Non sei nessuno e devi conquistarti (e mantenerti) la fiducia di persone che non ti conoscono. Non hai un addetto al marketing, un ufficio stampa, un social media manager. Devi fare tutto per conto tuo e devi farlo in un certo modo, altrimenti sei fuori. In Italia il problema principale è che la figura del fumettista resta ancora burocraticamente fumosa e tutti i problemi che ne conseguono e che affliggono anche i collettivi.
Teo – Bella domanda. La risposta sembrerebbe essere: meno di prima, o almeno così ci viene detto. Le ragioni sono una generale maggiore accessibilità a tecniche di stampa di alta qualità a prezzi più accessibili e per tirature agili, ma anche la possibilità di avere molti più strumenti a disposizione, per chi non ha paura di farsi male e imparare sperimentando strada facendo. In generale poi ci sembra che la comunità del fumetto indipendente italiano sia estremamente accogliente – cosa che nel nostro piccolo stiamo cercando di fare a nostra volta.
Detto questo, le cose non sono mai semplici. Una maggiore disponibilità di mezzi e canali mette anche una maggiore pressione sulle autoproduzioni, perché tirare fuori qualcosa di decente è fattibile, spiccare con un buon lavoro e una capacità di racconto che vada oltre le capacità del singolo lo è molto meno. Spesso c’è la percezione che le autoproduzioni finiscano per essere grandi cataloghi, o sperimentazioni che forse servono più a chi le fa che a chi le legge. I dati ci sembrano dimostrare che il pubblico che viene in fiera (a cui aggiungerei quello che spizza tutto online, e che è importante coltivare perché ci si trova in mezzo della gente dalla cultura e dai gusti incredibil) sia però molto aperto, disponibile, curioso e affamato di novità. Sembra dire: “Stupiscimi! Fai del tuo meglio, sono pronto ad essere colpito!”. Sta a noi utilizzare ogni esperienza per arrivare sempre più vicini a colpirlo davvero, anche perché siamo un collettivo in primis di lettori, e siamo innamorati di quella sensazione incredibile che è tornare a casa dalle fiere (o dalle edicole) con gli occhi pieni di stelle e le braccia gonfie di fumetti pazzeschi.
C’è qualcosa che si potrebbe fare, in concreto, per aiutare il mondo delle autoproduzioni?
Alma – Personalmente mi piacerebbe essere burocraticamente riconosciuta. Con BandaBendata diventeremo ufficialmente associazione fra qualche mese (si spera), ma il percorso è stato duro. Non ci sono modalità nostre, ci cuciamo addosso regole create per altre categorie e spesso nemmeno gli esperti del settore sanno cosa fare con noi. Per fortuna ci sono persone che si stanno muovendo per migliorare le cose, ma la strada è ancora lunga.
Teo – Ultimamente pensiamo che l’autoproduzione potrebbe distribuirsi in modo più capillare, attraverso un progetto comune finalizzato a ottenere fondi nazionali, con un piano per distribuire anche i diritti all’estero. Nella peggiore delle ipotesi sarebbe una sudata estremamente istruttiva – nella migliore, creerebbe una distribuzione alternativa focalizzata sulla assoluta libertà di azione. Stiamo vedendo, ad esempio, un consistente investimento nei confronti dei fumetti pay-to-print, sui webcomic e i servizi di distribuzione online, sulla falsariga di quello che succede con le piattaforme di streaming, ma tutti questi sistemi tutt’al più sviluppano o adattano quello che è il fumetto a un altro ambiente, non ci sembra siano proprio fatti su misura per valorizzarne la diffusione. Quello che serve è il giusto canale e un approccio da “curatori”, che aiuti i lettori a farsi strada nella marea e premi la qualità e l’invenzione. Ci sono dei segnali incoraggianti all’orizzonte, bisognerà vedere se l’occasione sarà colta.
D’altro canto, l’idea che il mondo dell’autoproduzione sia un po’ il tavolo dei bambini andrebbe sfatata, anche perché i lettori non la percepiscono in questo modo. Ci sono molti editori, anche medio-grandi, che tutt’ora evitano di fare un talent scouting serio fra i banchetti delle self area per motivi non esattamente chiari, anche perché poi si lanciano in nuovi autori, o acquistano diritti di opere indipendenti che hanno fatto faville all’estero.
Tutto questo, a meno che l’opera indipendente in questione non goda di un successo social e un’eventuale boom di richieste inaspettato, che genera un libro di culto e un quasi-esordiente con un pubblico già pronto da sfruttare. La cosa che ci abbatte è poi vedere talenti del fumetto che si sentono per questo rifiutati, solo perché non seguono i numeri, ma insistono sulla qualità delle proposte. Questi autori spesso finiscono per produrre molto meno perché costretti a lavorare in altri campi.
Ricordiamoci sempre che autopromuoversi costa tempo, e neanche poco – e questo tempo potrebbe essere utilizzato per lavorare sul materiale. In un certo senso, e lo diciamo senza spocchia, la promozione spetterebbe agli editori.
Voi siete un collettivo formato da molte persone e, si sa, a volte mettere insieme artisti con caratteri e peculiarità diverse può essere complicato. Come è andata per voi? Qual è, se ne avete una, la vostra ricetta?
Alma – La ricetta perfetta non c’è e serve comunque tanta tanta fortuna. Si forma questo nucleo iniziale, spinto dalla voglia di fare, ma (come la fiducia dei lettori) è un equilibrio delicato che va mantenuto. La pazienza è l’ingrediente principale. Tanta diplomazia senza rinunciare alla sincerità. Non nascondere la polvere sotto al tappeto.
Teo – Nottate e pianti. Non si scappa. Tutti noi conduciamo vite piene e abbiamo lavori a tempo pieno a cui stare dietro, quindi l’unico modo che abbiamo per fare quello che facciamo è ricavare tempo dove il tempo sembra non esserci. Se sembra un ossimoro, è perché la magia esiste e rima con “insonnia”.
Nei rapporti personali, invece, fin dall’inizio avevamo il timore di perderci, o che il progetto naufragasse e ci mandassimo al diavolo. L’approccio è stato quindi di dirci sempre tutto in faccia: ogni sensazione, ogni fastidio, ogni gioia. Più facile a dirsi che a farsi. Ad esempio, ricordo un momento della lavorazione di WWW in cui Alma e io abbiamo letteralmente passato giorni a piangere al telefono, perché le nostre personalità non si stavano capendo e si era creata una situazione strana per il lavoro.
Non è uno sport per tutti, ma l’unica strada verso l’armonia è esporsi completamente e mettere la propria vita nelle mani di chi ti sta accanto. Se sopravvivi, avrai per le mani un legame fortissimo, e la possibilità di crescere insieme.
Passiamo a parlare del fumetto che ho tra le mani. Come è nato WWW? A chi è venuta l’idea e come è stata accolta dagli altri?
Alma – WWW è stato un upgrade delle voglie che ci aveva fatto venire SSS una volta concluso. Volevamo qualcosa di più consequenziale, senza rinunciare all’antologia. Teo e Raffaele (Tarantino, NdR) avevano una “storia nel cassetto” che poteva adattarsi alle esigenze che erano venute fuori dalle riunioni per il nuovo progetto. Andando avanti la cosa è diventata sempre più articolata, e io a un certo punto mi ci sono sentita troppo stretta (da qui le telefonate melodrammatiche con Teo), ma ho continuato a lavorare per il bene del gruppo, cercando di infilarmi negli spazi più liberi che potevo trovare in quel maxi scheletro che era stato messo su per produrre la nostra seconda fatica. I sacrifici alla fine sono stati ripagati e la voglia di libertà ne è uscita ancora più grande.
Teo – Durante la lavorazione del nostro primo volume antologico SSS ci siamo resi conto che le storie tendevano naturalmente a unirsi, per raccontare un affresco più ampio della somma delle sue parti. Questo non era solo evidente dalla condivisione spontanea di personaggi e luoghi (SSS si ambienta interamente nella stessa domenica all’interno della stessa cittadina di riviera, la fittizia Bagni di Madrepòra), ma dall’aspirazione ad un sentimento comune, ispirato sicuramente anche dalla situazione in cui ci abbiamo lavorato, all’inizio della pandemia. Questa riflessione comune era come un continuo brainstorming, che ha fatto sì che le storie si evolvessero in corso d’opera, e conducessero, quatte quatte, a un finale che mettesse un fiocco a quanto letto prima.
Un po’ come nella filastrocca dell’elefante sulla ragnatela, abbiamo trovato la cosa interessante e degna di essere condivisa. Abbiamo quindi pensato di strutturare un antologico intero attorno a un concept forte, che avrebbe unito storie, personaggi e componenti emotivo-narrative a una conclusione vera e propria. Le idee proposte sono state molte, alcune anche molto interessanti, ma quella che sembrava catturare di più l’immaginazione di tutti era che WWW sarebbe stato l’omega a quell’alpha che era stato SSS, un volume invernale – interamente ambientato nello stesso luogo – che raccontasse una storia comune dall’inizio alla fine, attraverso stili e punti di vista diversi. Insomma, una passeggiata nel parco!
Oltre al dubbio di avere le spalle abbastanza grosse per realizzare una “anti-antologia” del genere – al quale abbiamo fatto semplicemente spallucce e risposto “se non lo facciamo, non lo sapremo mai”, con la stessa sorniona logica di un lemming lanciato a tutta velocità – ‘cera quello di lasciare abbastanza libertà ai singoli autori per costruire un mondo proprio nei capitoli a loro assegnati, senza creare delle tangenti inutili rispetto al racconto corale. Ci siamo fatti forza e riversato tutto l’entusiasmo di cui eravamo provvisti in questo lavoro.
Realizzare un fumetto come questo è un’impresa, perché non è una semplice raccolta, ma un lavoro fatto a tante mani che però ha un obiettivo unico. Come ci si focalizza tutti verso una meta e chi fa da garante perché si riesca a raggiungere il risultato sperato?
Alma – Ci dividiamo i compiti. Chi supervisiona le storie, chi controlla i colori e i disegni, chi si occupa della grafica e poi, in riunioni fiume, controlliamo man mano che tutto si incastri come volevamo. Ovviamente qualche pezzo si perde sempre, perché ci sentiamo soprattutto online, visto che siamo sparsi per l’Italia, ma in qualche modo riusciamo sempre a cavarcela e a mandare in stampa alle 3 di notte.
Teo – Per i due antologici, abbiamo nominato la figura di uno o più editor, di cui uno avrebbe avuto anche il compito di coordinare l’intera operazione, come un project manager che tiene le fila delle lavorazioni dei vari gruppi e passa informazioni e avanzamenti da parte a parte. A intervalli regolari, queste persone si occupano anche di mostrare e discutere degli avanzamenti di lavorazione, evidenziando problemi incontrati e anticipando possibili soluzioni. Per la Sfuzine, abbiamo invece provato ad adattare questo metodo estendendo il numero di editor, rinunciando a un coordinatore. Questo è stato fatto per provare a evidenziare lacune nella comunicazione e ha funzionato da stress test del nostro metodo.
Il nostro approccio è in costante evoluzione, e speriamo un giorno di crearne varianti utili a ogni tipo di lavorazione o progetto, per aiutare a diffondere la cultura del lavoro di gruppo da “redazione” in un mercato in cui, per i motivi più vari, si preferisce spesso un cammino più solitario. Non è sempre stato così, nella storia del fumetto, e crediamo sia ora di smantellare un po’ di preconcetti su cosa rende il lavoro su un progetto solido e cosa no.
Il volume è particolarmente curato anche esteticamente. Non ha nulla da invidiare alle produzioni di grandi case editrici. Il touch and feel della copertina è davvero… wow! Tecnicamente come è andata la fase di stampa? La seguite in prima persona o vi affidate a qualcuno?
Alma – Tolta la Sfuzine, sia SSS sia WWW sono stati stampati con Skillpress. Danilo (“DAB” Barbarinaldi, NdR) prepara i file, li ricontrolliamo, li carichiamo, qualcosa non va e gli chiediamo aiuto. In pochissimo tempo il problema è risolto e i nostri fumetti sono salvi.
Teo – Dall’inizio ci siamo affidati alla tipografia Skillpress, consigliata da colleghi e amici e che dispone di un sito di e-commerce su cui generare preventivi e che viene costantemente aggiornato con nuove tecniche e lavorazioni. Con loro abbiamo stampato i nostri due antologici, e sono sempre le prime persone che interpelliamo quando iniziamo a lavorare su un progetto – per capirne la fattibilità, ma anche perché sono sempre estremamente disponibili e propositivi, soprattutto nella persona di Claudio Cicciarelli. Claudio è anche un autore di fumetti, avendo pubblicato con Shockdom e BAO Publishing, e ci ha sempre fatti sentire in ottime mani.
La copertina è stata disegnata da Nicolò Pellizzon, uno dei fumettisti italiani contemporanei più acclamati. Raccontateci come è andata.
Alma – Per gli antologici abbiamo voluto iniziare questo filone di copertine fatte dai professionisti che sono stati nostri docenti durante il master che ci ha fatti conoscere. In base al feeling che sentiamo adatto per l’antologia, scegliamo il nostro prof. preferito adatto allo scopo. Abbiamo iniziato con Flavia Biondi per le stories dell’estate e Nicolò ci sembrava perfetto per le worries dell’inverno. È stato gentilissimo, con una sola chiamata Skype avevamo il bozzetto della copertina perfetta.
Teo – Nicolò è stato nostro docente durante il master in cui ci siamo conosciuti, e ci ha colpito molto la sua tecnica di lavoro e i toni differenti che inserisce in ogni progetto. Quando si è sviluppata l’idea di voler rendere WWW l’omega di SSS, ci serviva qualcuno che fosse l’omega della precedente copertinista Flavia Biondi, e chi altri, se non il Maestro delle Arti Oscure? Nicolò è stato splendido, accogliendo il nostro pitch e sviluppandolo in brevissimo tempo. Per noi è stato come chiamare un consulente esterno sul progetto, perché ha risposto ai nostri materiali con idee e contro-proposte che abbiamo cercato di sviluppare nel tempo e che sono diventate parte dell’identità grafica del volume.
Ultima e doverosa domanda. Progetti per il futuro?
Alma – Progetti tantissimi, tempo pochissimo. Li tiriamo fuori soprattutto quando ci vediamo in fiera. Ci mettiamo a rimuginare, circondati dai nostri talentuosissimi colleghi e i neuroni non si spengono. In questo periodo ci stiamo orientando verso progetti solisti. Sono la prima a essere curiosa di sapere come andrà a finire.
Teo – Eh, quelli non mancano mai! Al momento stiamo provando ad utilizzare il “metodo Banda” su progetti singoli come monografici e fanzine, che speriamo di iniziare a lanciare dopo Lucca. È un’esperienza elettrizzante poter sviluppare questi titoli insieme, perché sebbene l’autore principale rimanga uno solo, darsi una mano a vicenda aiuta a considerare possibilità che da singoli non avremmo preso in esame. Ah, e poi sicuramente provare a dormire qualche ora in più la notte, con un occhio solo, se serve.
BandaBendata
Wednesday Winter Worries
230 pagg., colori, brossurato, €20.00