Wednesday Warriors S02E02 – The one about Superheroes who have daughters

In questo episodio di Wednesday Warriors: STRANGE ADVENTURES #2 e ANT-MAN #5

In questo episodio di Wednesday Warriors:

Gufu’s Version

STRANGE ADVENTURES #2 di Tom King, Mitche Gerads e Evan Shaner

“Show, don’t tell”
Ovvero: “mostra, non raccontare”
La regola aurea della sceneggiatura cinematografica, poi ripresa da tutte le forme di narrazione visiva, esige che tutto debba essere mostrato sullo schermo e non descritto o raccontato da personaggi o narratori. Nel caso del Fumetto quindi tutto quello che lo sceneggiatore e il disegnatore vogliono far conoscere al lettore deve essere rappresentato plasticamente sulla pagina.
In Strange Adventures #2 i tre autori ci mostrano un doppio flashback: nelle vignette disegnate da Evan Shaner si prosegue con il racconto delle gesta di Adam Strange su Rann mentre in quelle disegnate da Mitch Gerads vediamo il percorso che porta Mr. Terrific ad accettare l’incarico assegnatogli da Batman di investigare su Strange.

Mr Terrific, al secolo Michael Holt, è colui che ha raggiunto il vertice delle capacità fisiche e cerebrali raggiungibili dall’essere umano coniugando un’enorme intelligenza alla dedizione assoluta finalizzata al proprio miglioramento.
Se nella maggior parte dei casi gli sceneggiatori ci descrivono questo personaggio raccontandone (“tell”) le caratteristiche principali e la sua formazione da supereroe, Tom King e Mitch Gerads procedono mostrando (“show”) al lettore la quotidianità dell’uomo dietro la maschera: si delinea la figura di un uomo ossessionato dalla perfezione che coniuga ogni sua minima attività all’allenamento fisico e mentale.
I suoi droni continuano a bombardarlo di domande mentre solleva pesi, nuota in laghi ghiacciati, si esercita al poligono di tiro e quant’altro.
King e Gerads riprendono l’impostazione cruda e realistica di Sheriff of Babylon applicandola al fumetto supereroistico: il segno è sporco ed espressivo, gli sfondi sono ben presentati ma mai completamente descrittivi, ogni vignetta ha una ristrettissima palette quasi monocromatica – calda con l’ocra come colore dominante o fredda con una prevalenza del blu – e il nero è sempre scarico. Gerads descrive una realtà complessa, difficile da afferrare ma che al tempo stesso è ordinaria e slavata come la routine che noi stessi affrontiamo tutti i giorni.

A questa impostazione “terrena” si contrappone la parte più puramente fantascientifica disegnata da Evan ‘Doc’ Shaner: mostri, jet pack, tribù di uomini-rettili sono gli elementi di un’avventura che richiama, per costumi e ambientazioni, il Lawrence D’Arabia di David Lean.
Quasi a rappresentare il polo opposto della narrazione “contemporanea” di Gerads, Shaner esibisce il suo segno pulito e dettagliato “alla Alex Toth” sia sui personaggi che sugli sfondi fantascientifici, i colori sono brillanti e le inquadrature sempre ricche di profondità di campo.
È in tutto e per tutto un’iperbole eroica tanto affascinante quanto distante dal vissuto quotidiano di ognuno dei suoi lettori.

Quella in atto sull’albo altro non è che la rappresentazione grafica di quel dualismo tra Realtà e Narrazione di cui abbiamo già parlato recensendo il primo albo QUI, un dualismo che si incarna nella stessa figura figura di Adam Strange – un uomo diviso tra la Terra e Rann – e al racconto che lui stesso dà di sé al grande pubblico tramite la sua autobiografia.
C’è qualcosa che non torna nella narrazione eroica delle gesta di Strange e quel qualcosa è sotteso in ogni singola pagina dell’albo: una mistero sul quale Mr. Terrific accetta di investigare.

È una dinamica esplorativa che coinvolge il lettore in prima persona. L’elenco di trivia a cui Holt si sottopone sembra essere assolutamente casuale: storia, filosofia, matematica e via dicendo; tutto sembra essere messo in scena al puro scopo di descrivere il personaggio di Mr. Terrific. Ma il sospetto è che tra questi interrogativi, e tra le risposte a questi, si celi un indizio sul segreto di Adam Strange.
L’ipotesi più credibile, visto lo spazio che occupa, è che la storia di Sir Gawain and the Green Knight sia in qualche modo legata alle vicende di Adam Strange: un racconto cavalleresco del XIV secolo imperniato più sul fallimento dell’eroe che non sulle sue gesta; un poema complesso che descrive una figura messa in difficoltà dalla propria natura e dal proprio codice etico.
Una dinamica drammatica che potrebbe gettare una luce sulla misteriosa morte di sua figlia Aleea.

Bam’s Version

ANT-MAN #5 di Zeb Wells & Dylan Burnett

La vita di un supereroe è dura, davvero dura, tra invasioni cosmiche, minacce dal passato che tornano puntuali come un orologio svizzero e mali occulti che si risvegliano, spesso e volentieri, nel momento meno opportuno. Una vita non dura però quanto l’essere padre ed imparare giorno per giorno ad essere presenti per i propri figli, vivere con loro la quotidianità e aiutarli ad affrontare la vita e le sue incombenze. Prendendo in considerazione questi elementi la vita di Ant-Man, Scott Lang, sembra un vero inferno – ma Zeb Wells la rende incredibilmente divertente da leggere.

L’ultima incarnazione editoriale dedicata ad Ant-Man si presenta ai lettori in cinque esilaranti, energetici albi firmati Zeb Wells e Dylan Burnett: in World Hive, ritroviamo Scott Lang e la figlia Cassie “Stature” Lang in Florida. Tra il calore del sole e una situazione economica e lavorativa più che precaria per Scott, padre e figlia si trovano coinvolti in uno strano e disgustoso intreccio insettoide che porterà presto entrambi in una situazione imprevedibile e ingestibile per due piccoli (o grandi, dipende) eroi. Tra uno scambio di battute acceso e diversi momenti legittimamente divertenti, l’escalation degli eventi viene gestita da Wells con tempi precisi e equilibrio. Dal #1 Wells comincia a giocare con il lettore, lo stuzzica ricordandogli l’inettitudine di Scott Lang, il suo lato più affascinante e patetico: Ant-Man è un loveable loser, un adorabile perdente verso il quale è difficile non provare empatia. A differenza di Hank Pym o Eric O’ Grady, Scott Lang si distingue proprio per la sua umanità e a muovere il personaggio troviamo la costante ricerca di gratificazione o approvazione, che sia del suo mentore, dei Vendicatori o, come in questo caso, della figlia Cassie. Il rapporto tra i due è fatto di piccoli bisticci e rimproveri, con momenti di genuina emozione. Wells lo ravviva sottolineando spesso come sia la figlia la più matura tra i due, più inquadrata, con il padre costretto a lottare dal basso pur di guadagnare il suo rispetto ed essere l’eroe che ha sempre sognato di essere per la propria piccola.

Uno scrittore che si potrebbe definire ideale per il personaggio, Wells ha un talento naturale per l’azione e attitudine verso le dinamiche supereroistiche, con una spiccata verve per il dialogo comedy, forte del suo bagaglio da scrittore per serie come Robot Chicken. Nel corso degli anni, Wells è maturato, possibilmente diventando uno dei più solidi e affidabili sceneggiatori, sicuramente tra i più sottovalutati in casa Marvel, firmando lavori anche di inaspettato spessore sulle pagine di New Warriors, Amazing Spider-Man durante il Brand New Day, Battlin’ Jack Murdock, Venom: Dark Origin e Carnage.
In Ant-Man, Wells dimostra tutta la sua versatilità e amore per l’Universo Marvel, sfruttando al meglio l’occasione di poter godere di una certa libertà editoriale, creando addirittura un nemico, viscido, fetido, brulicante di vermi e larve – divinità ancestrali che fanno eco ai Parlamenti della Distinta Concorrenza. Non disponendo di una storica o imprescindibile rogue gallery, l’Ant-Man di Wells affronta una minaccia completamente nuova: tramite piccoli ma intelligenti collegamenti l’autore sviluppa ed estende macroscopicamente (proprio come il suo protagonista) un concetto relegato a villain di Serie D per costruire una trama avvincente e ricca di capovolgimenti di fronte, azione e momenti emozionali che sanno colpire dritto allo stomaco.

Giganteschi e deformi lombrichi, vespe assassine capaci di ribaltare un autobus e gargantueschi scarabei omicidi: per questo tipo di premesse, non ci si poteva accontentare di un disegnatore mediocre. Fortunatamente, Dylan Burnett e Mike Spicer hanno graziato le pagine di una miniserie di per sé interessante, resa imperdibile dal team artistico. I personaggi saltano fuori dalle pagine con un design semplice ed essenziale, colorato e che esalta le espressioni vivaci e cartoonesche. Un ottimo risultato, garantito anche dal contrasto con le viscide creature poste sul loro cammino, figlie delle chiare evidenze orientali di Burnett come Daigo Ikeno, Katsuhiro Otomo. Insieme ai vivaci colori di Spicer e la sceneggiatura frizzante di Wells, l’artista Canadese trova terreno particolarmente fertile per mostrare gli enormi progressi compiuti sotto il tetto della Casa delle Idee – dove il suo utilizzo è sempre più costante e con buona ragione.

Non sempre tutte le ciambelle riescono col buco, così come non tutte le miniserie Marvel riescono nell’arduo compito di rimanere nella memoria dei lettori; non è questo il caso. Ant-Man di Zeb Wells e Dylan Burnett chiude una bella pagina nella storia del personaggio, seppur breve, con disegni vibranti e uno script ricco di angoli e sfumature ironiche, drammatiche e propriamente supereroistiche. Un esperimento vincente sperando, perché no, in un potenziale sequel.

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