Wednesday Warriors #64 – We’re not done yet

In questo episodio di Wednesday Warriors: CURSE OF THE WHITE KNIGHT e X-MEN #9

In questo episodio di Wednesday Warriors:

Bam’s Version

CURSE OF THE WHITE KNIGHT di Sean Gordon Murphy

Batman, il Cavaliere Oscuro. Batman, il Crociato Incappucciato. Batman, il Più Grande Detective del Mondo…in ottantatré anni di storie, il fascino di Batman è rimasto immutabile ed invariato. La onnipresente ronda di un nero, invincibile vigilante tra le strade della gotica e al tempo stesso moderna, terrificante ed avvolgente Gotham si rinnova di anno in anno grazie alle parole e visioni di innumerevoli autori e disegnatori. Dal 1939 al 2020, il Pipistrello è stato protagonista di storie di ogni genere e forma, trasformandosi in un personaggio talmente imponente da poter incutere timore ad i nuovi lettori, spaventati da una fonte inesauribile di racconti, saghe, racconti brevi e versioni alternative del personaggio. Fan ed appassionati dentro e fuori l’industria del fumetto si sono azzuffati e continuano a farlo, cercando di stilare una lista (sempre mutevole) di imperdibili letture, storie immancabili che ogni Vero Bat-Fan dovrebbe leggere almeno una volta nella vita. L’unica grande verità restano le molteplici facce del mythos del Cavaliere Oscuro: Batman appartiene e apparterrà per sempre al pubblico, ai lettori. Nella miriade di nomi che hanno impreziosito questo mito moderno di vendetta, giustizia e nobiltà nell’eterna lotta contro il Crimine, va ora inserito il nome di Sean Gordon Murphy.

Chiaramente un fan dell’Uomo Pipistrello e dei suoi più grandi autori, dietro il tratto grezzo e muscolare Sean Gordon Murphy nasconde una spiccata personalità. Un eterno Peter Pan, legato alla sua infanzia e all’importanza che essa ha avuto nella sua formazione artistica e personale; estroso ed eccentrico narratore con la passione per le muscle-car, le mani sporche di olio e inchiostro, l’azione roboante figlia degli anni ‘80 e con il gusto per l’esagerazione. Murphy non è però un “semplice” rigetto sputato fuori dalla parte peggiore e volutamente kitsch del fumetto statunitense: autore completo, scrittore acerbo ed artista pienamente sbocciato, Sean Gordon Murphy ha dimostrato di saper riproporre il Cavaliere Oscuro in una salsa completamente nuova sebbene totalmente derivativa con la sua opera di debutto da autore completo, White Knight – un successo di pubblico, più che di critica, volato in cima alle priorità DC Comics grazie alla spinta dell’immenso talento artistico di S.G.M. Forte della fiducia dei piani alti e di incoraggianti vendite, Murphy ha affrontato la sua prova di maturità con il diretto sequel Curse Of The White Knight – una prova che ha in realtà mostrato tutta l’immaturità del Murphy autore completo.

La città è nel caos dopo le rivelazioni di Jack Napier e la sua sparizione, con il conseguente ritorno del Joker. L’elite Gothamita, l’1% ha per anni lucrato sulle spalle del Cavaliere Oscuro e del suo operato, mettendo in dubbio la stessa missione di Batman, diviso tra l’eredità degli Wayne e il suo giuramento come vigilante per Gotham. Un ruolo messo in dubbio anche dall’arrivo di Jean-Paul Valley, soldato, vendicatore pronto ad aggiustare i torti nati insieme alla stessa città. Tra nuove minacce nel nome di Dio e spade fiammanti, un Joker che minaccia di far crollare l’impero di bugie sulle quali si regge l’intera legacy del Pipistrello e un Batman sempre più tormentato, Sean Gordon Murphy ha saputo dare consistenza ad un mondo folle – l’esasperazione del simbolismo Batmaniano, presentato in Curse Of The White Knight in tutta la sua possente muscolarità. Murphy non è affatto un narratore sottile nè tantomeno silenzioso: lo sviluppo e la conclusione di Curse Of The White Knight sono appunto il tripudio di un percorso narrativo fatto di temi eclatanti e limpidi, chiari al lettore sin dalla prima pagina. Sostenuto dal suo innegabile talento artistico, che esplora la città, muove il lettore attraverso le sue strade, pone l’accento sull’azione e la recitazione massiccia dei personaggi, il Murphy scrittore dimostra la sua immaturità trattando la materia prima con bambinesca spontaneità, voglia di poter creare liberamente un proprio, esaltato mythos del Cavaliere Oscuro.

Quello che l’autore offre è un nuovo punto d’inizio per i lettori: una storia capace di incorporare tutti i dogmi del personaggio, facendo peso su autori più raffinati e tradizionali ma riproponendo le loro versioni estremizzate al punto giusto. L’ibrido è sicuramente curioso da osservare nella sua evoluzione – come se la classe, lo stile immortale del Batman di Bruce Timm incontrasse la mente diabolica di Michael Bay, la potenza dei Fast & Furious in un connubio che presenti “l’icona Batman” in un formato più accattivante, veloce e dinamico.
Costruendo sulla base dell’opera originale Batman: White Knight, Murphy amplia il suo universo narrativo con la sicurezza e arroganza “buona” di chi sa perfettamente quale strada percorrere. Nella creazione di una storia alternativa, l’autore si appoggia a scrittori che prima di lui hanno riproposto il Cavaliere Oscuro per un nuovo pubblico – Frank Miller tra questi, ma ancor di più Paul Dini  in Batman: The Animated Series. Visione seminale del personaggio tanto quanto quella de Il Ritorno del Cavaliere Oscuro, il Pipistrello animato della serie televisiva ha segnato l’immaginario collettivo di tanti, tra i quali anche Sean Gordon Murphy, che ha pescato a piene mani dall’eredità di Dini per modellare i suoi personaggi, la sua Gotham e i ritmi e tempi narrativi della sua storia; del Batman di Paul Dini manca però l’eleganza, che Murphy sostituisce con il gusto per l’action Hollywoodiana e una brutale semplicità della propria trama principale. L’autore non nasconde nulla, non cerca sottigliezze nè tantomeno nasconde quali sono i suoi pensieri nella ricerca della “voce” del suo Batman – più minaccioso, violento, cupo ma che mantiene i tratti del giustiziere solitario invincibile. I personaggi secondari sono tridimensionali, figli di altri scrittori ma comunque credibili e vivi: mostrano le loro emozioni, reagiscono agli eventi in maniera effettiva ed efficace; Murphy brilla con i villain, estremamente stilizzati, esagerati e distruttivi, in grado di elaborare piani malefici di proporzioni catastrofiche restando fedeli alla loro linea. Joker prima ed Azrael poi fungono da perfette antitesi al Batman Murphyano, attaccandolo sul piano fisico e morale, corrompendone la volontà e le incrollabili certezze, assicurando uno sviluppo al protagonista principale. Quelle che potrebbero essere idee potenzialmente interessanti e profonde, come l’alternanza tra le personalità del Joker, la figura del Cavaliere Oscuro come rovina inevitabile di Gotham e la rinascita di Azrael come spirito della vendetta ancestrale, vengono trattate con una genuina superficialità. Per quanto possa far grattare il capo, la natura di Sean Gordon Murphy e del suo White Knight è quella di intrattenere, garantendo un grandioso, esplosivo e sorprendente spettacolo, ricco di colpi di scena, tradimenti e dialoghi volutamente sopra le righe.

DC Comics ha annunciato l’espansione del Murphyverso, che verrà trasformato in una vera e propria linea editoriale da ampliare per offrire spazio a nuovi scrittori e disegnatori e poter farli giocare con i fichissimi giocattoli del play-set White Knight. Viene da chiedersi come sia possibile affidare un intero universo alternativo ad un autore così profondamente acerbo e all-style, no-substance. Di sostanza, in realtà, ce n’è eccome ed è figlia dello stile, del look, dell’attitudine di Sean Gordon Murphy. Curse Of The White Knight non nasconde i propri difetti, tutt’altro. In tutta la sua innocente voglia di raccontare, Murphy casca in falle e buchi clamorosi: momenti capaci di far alzare gli occhi al cielo. Il termine corretto inglese sarebbe cheesy, un modo di parlare o di raccontare volutamente fuori dagli schemi, divertente, possibilmente anche esilarante ma in qualche modo anche fastidioso ed irritante. Ma risulta davvero difficile non appassionarsi ad una storia raccontata con il cuore, in maniera facilona e superficiale – ma che mostra tutta la voglia di mettersi in evidenza, di lasciare un segno nell’eredità immortale del Cavaliere Oscuro. L’immaturità di Murphy diventa la chiave di lettura critica, la fonte dei difetti più evidenti e tuttavia il punto di forza per Curse Of The White Knight.

Gufu’s Version

X-MEN #9 di Jonathan Hickman e Leinil Francis Yu

Si chiude con questo albo il dittico di storie cominciato con X-Men #8 dedicato al ritorno della Covata sulle pagine dei mutanti Marvel.
Hickman riesce, in questi due numeri, a ridurre il grado di complessità dei propri intrecci, focalizzandosi esclusivamente sulla portata di questa minaccia aliena così da offrire al proprio pubblico una sceneggiatura più lineare caratterizzata da momenti di genuino intrattenimento: realizza così una storia, sebbene più potabile e semplice, per molti versi più avvincente rispetto a quanto visto finora sulle pagine di X-Men.

Per quanto, sin dalla sua genesi, sia un rip-off (o omaggio se preferite) di Alien e seguiti, quella della Covata è una minaccia che non manca di esercitare un forte fascino sul lettore: spietati e indifferenti alle vite di altre specie, gli alieni creati da Chris Claremont e Dave Cockrum nel 1982 sono diventati con gli anni uno degli avversari più iconici degli X-Men.
Hickman ne riprende i tratti più inquietanti, ottimamente visualizzati dal segno spigoloso e ricco di neri di Leinil Francis Yu, e scava nel passato per aggiungere dettagli sulle origini di questa mostruosa razza aliena fino a coinvolgere l’Impero Kree.
Lo scrittore declina una serie di topoi tipici della fantascienza adattandoli alla sua operazione di riscrittura dell’universo mutante Marvel: pur mantenendo la linearità di cui sopra Hickman esplora la tematica della ricerca scientifica subordinata alle mire imperialiste di governanti incuranti delle conseguenze delle proprie politiche aggressive. Lo scrittore stratifica il proprio racconto senza però complicarne l’intreccio, in questa maniera anche i dialoghi, da sempre punto debole di Hickman, risultano più ficcanti e credibili.
Leinil Francis Yu, coadiuvato da Sunny Gho ai colori, conferma il suo eccezionale talento nel comporre le scene d’azione e nel visualizzare gli scenari sci-fi – risultando in questo il partner ideale per Hickman – e maschera abilmente alcuni limiti in fase di storytelling, principalmente legati all’espressività dei volti e al linguaggio del corpo, grazie a una composizione ordinata e all’uso, obbligatorio vista la quantità di personaggi in azione, di campi lunghi e lunghissimi.
La sequenza finale, nonostante un’esposizione non perfetta, coglie di sorpresa e apre le porte a una serie di scenari potenzialmente molto interessanti – la Covata al servizio della nazione di Krakoa? – che aumentano l’interesse verso i prossimi albi. Quando usciranno.

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