Wednesday Warriors #56 – Dal Dott Strange alla Suicide Squad
Questa settimana su Wednesday Warriors: SUICIDE SQUAD #2 e DOCTOR STRANGE: SURGEON SUPREME #1 e #2
Questa settimana su Wednesday Warriors:
Gufu’s Version
SUICIDE SQUAD #2 di Tom Taylor e Bruno Redondo
Nonostante la crescente psicosi da spoiler che imperversa nel mondo – e che i pubblicitari hanno imparato a sfruttare per spingere gli spettatori al consumo compulsivo di film e serie tv – ben poche storie trovano il loro punto di forza nell’effetto sorpresa e buona parte di quelle che lo fanno hanno spesso un livello qualitativo significativamente basso, pensiamo ad esempio a tutti quegli horror che nascondono dei soggetti inconsistenti dietro continui jumpscare non più interessanti di un “BU!” urlato a un ragazzino di otto anni da dietro un angolo.
I casi in cui la rivelazione finale, o parziale, di un elemento sia davvero parte integrante e fondante dell’architettura dell’intreccio, tanto da determinarne la riuscita, sono invece molto più rari: pensiamo ad alcuni film di Shyamalan o al classicissimo “I Soliti Sospetti” o anche al “io sono tuo padre” di Darth Vader ne “L’Impero colpisce ancora”.
Nella stragrande maggioranza dei casi, pur essendo l’incognita una parte funzionale allo svolgimento di una storia, il vero valore di questa risiede nel suo svolgimento, nel “come succede” più che nel “cosa succede”.
Alla luce di quanto detto finora si evidenzia quindi l’eccezionalità, intesa come evento inusuale, di Suicide Squad #2 che appoggia gran parte della sua narrazione proprio sull’elemento sorpresa declinato in due modalità differenti: nella sequenza di apertura e in quella conclusiva.
Tom Taylor e Bruno Redondo ricorrono a delle soluzioni da manuale di sceneggiatura, soluzioni non nuove ma di comprovata efficacia, classiche. D’altra parte un classico diventa tale solo quando si è dimostrato funzionale e resistente alla prova del tempo e la struttura di Suicide Squad #2, che vede un lungo flashback interporsi tra due cliffhanger, è un classico propriamente detto.
L’apertura in medias res, con un’imboscata tesa ai protagonisti e la morte di un personaggio sconosciuto al lettore, contiene tutte le caratteristiche necessarie a incuriosire e a catturare subito l’attenzione: il ritmo serrato, dialoghi asciutti, sintesi del tratto e inquadrature strette che suggeriscono senza rivelare.
Le prime pagine lasciano quindi il lettore con molti interrogativi che vengono progressivamente sciolti nel corso del flashback che occupa la parte centrale dell’albo: in questo segmento Taylor continua l’opera di costruzione del suo gruppo di supercriminali mostrando dettagli e sfumature che vanno ad arricchire e approfondire le psicologie di personaggi nuovi e vecchi.
[Nota a margine]: Singolare come il personaggio più popolare dell’intero cast, Harley Quinn, compaia per poco più di una tavola in sole cinque vignette durante le quali Bruno Redondo riesce a farle assumere cinque espressioni diverse.
Si tratta di una fase di semina, fatta di conflitti, insicurezze, legami e complicità tra i vari protagonisti, che mostrerà, nelle intenzioni degli autori, i frutti nel tempo: una serie di indizi sui quali i lettori torneranno quando altri verranno dati nei futuri albi.
In questa fase Taylor delinea la sua Suicide Squad dandole un’identità precisa e distanziandosi dalla versione “Justice League dei Villain” vista dal Rebirth in poi. Lo scrittore prende come riferimento il concept ideato da John Ostrander negli anni ‘80, un gruppo che opera sotto copertura per sbrigare gli affari più sporchi del governo USA, dandogli un taglio politico più incisivo e critico.
Le ultime pagine chiudono, con un bell’effetto sorpresa, una albo narrativamente denso che riesce a stimolare una genuina curiosità e attesa per il prossimo numero.
Decisamente una delle migliori storie della Suicide Squad da parecchio tempo.
Bam’s Version
DOCTOR STRANGE: SURGEON SUPREME #1 e #2 di Mark Waid e Kev Walker
L’Istituto Medico McCarthy è un ospedale newyorkese all’apparenza normale. La lotta per la sopravvivenza, le vite di medici e pazienti si intrecciano in un costante, continuo confronto tra esseri umani alla ricerca di speranza, verità, conforto, supporto emotivo e professionale. Ma tra i corridoi e le stanze dell’Istituto Medico McCarthy esistono zone d’ombra che si nutrono del dolore, della sofferenza, si annidano negli angoli tra un pappagallo e le sacche per la dialisi: fortunatamente, il miglior chirurgo del mondo è tornato ad operare – fortuna vuole che sia anche lo Stregone Supremo, incaricato di proteggere la nostra dimensione dalle minacce arcane. Doctor Strange: Surgeon Supreme segna l’inizio di una nuova fase della run di Mark Waid sul Maestro delle Arti Mistiche Marvel, un personaggio che l’autore veterano del fumetto statunitense ha toccato in varie occasioni, arrivando a scriverlo regolarmente dal 2018 e dall’inizio dell’avventura spaziale dello Stregone Supremo. Il cambio di ambientazione e di atmosfere è drastico e mostra tutta la voglia di Waid di giocare con diversi generi e cliché, applicandoli al modello supereroistico.
La natura flessibile e potenzialmente ricca di tensione e conflitto del medical drama viene così unita alla stravaganza, pericolosità e particolarità della magia della Casa delle Idee, che prende forma grazie alla splendida prestazione artistica di Kev Walker, disegnatore rodato e multiforme che ritrova tempo e spazio per sviluppare ed evolvere ancora una volta il suo tratto. Le forme squadrate, i volti arcigni di Walker si ammorbidiscono: mantenendo il suo stile tradizionale – fatto di volti estremamente espressivi e figure “anatomicamente” Mignoliane – Kev Walker trova l’equilibrio perfetto nell’illustrare una trama che ha ancora tanto da rivelare senza voler frettolosamente mostrare tutto e subito, lasciando che il lettore possa acclimatarsi al nuovo status quo: narrazione lenta e perfettamente cadenzata, con qualche layout inedito per l’artista veterano – che in questi numeri sperimenta anche con tavole ricche di vignette, una frammentazione della narrazione più ricercata e metodica. Pochi accenni di Sancta Sanctorum, nessun Wong nè Zelma Stanton: Waid e Walker voltano pagina muovendo Stephen Strange tra le asettiche sale operatorie e i pazienti sulle sedie a rotelle, gli infermieri ed infermiere, dottoresse e responsabili dello staff medico oberate dal lavoro. Java Tartaglia, il colorista scelto per affiancare Walker, mostra un’applicazione decisamente diversa rispetto alle sue ultime prove in Marvel: rispetto al suo “Daredevil” con Lalit Kumar Sharma, Doctor Strange: Surgeon Supreme brilla grazie ai contrasti creati da Waid ai testi e Walker ai disegni. Creature disgustose e bavose dalle tinte brillanti, ammassi di mucose e cancri vivi, ricchi grotteschi particolari spezzano il grigio, il bianco e gli smorti colori dei camici degli inservienti tra le corsie del McCarthy Medical Institute.
Sono proprio i contrasti di questi primi due albi a rendere la lettura di Surgeon Supreme particolarmente intrigante, soffiando una ventata d’aria fresca per il Dottore. Il team creativo sa gestire l’intrigo della doppia vita di Strange in maniera affascinante tra le luci ed ombre, i pro ed i contro di essere tornato a praticare l’arte della chirurgia e, al tempo stesso, avere l’obbligo di difendere la Terra dai vari Mordo, Shuma-Gorath. L’introduzione di un nuovo cast di supporto marca ancora di più l’allontanamento da lidi conosciuti e percorsi battuti: lo staff medico del McCarthy osserva il miglior chirurgo del mondo operare con umiltà, perfettamente consapevole della doppia vita del Dr. Strange. Waid scrive un protagonista più a suo agio, costruito nel corso di una serie lunga due anni in cui il Dottor Strange ha visitato le stelle e gli angoli più strani del mondo mistico per scoprire una ritrovata voglia di restare “con i piedi per terra”.
Nonostante l’inedito ed interessante status quo, la parte più succosa degli albi di debutto di Surgeon Supreme sta tutta nel ritorno in pompa magna della Squadra di Demolizione, più crudele, letale e spietata che mai, rafforzata dalle loro armi mondane infuse da oscura, diabolica magia nera. L’autore sfrutta la sua vasta conoscenza della continuity Marvel per offrire una minaccia che sappia di tradizione, di familiare al lettore cambiando i giusti particolari per rendere lo scontro fresco e innovativo, infilando la giusta spina nel fianco al buon Dottore, fastidiosa a tal punto da immediatamente mettere in discussione le rinnovate sicurezze del personaggio principale. Le fasi action di Surgeon Supreme sono ben illustrate da Walker e Tartaglia, che appesantiscono il tratto dell’artista con inchiostri densi e corposi, avvolgendo le figure in fumo e fiamme, ombre e calcinacci, lasciando spazio all’arsenale del Dottor Strange che tutti conosciamo, tra Bande di Cyttorak, Nebbie di Munn e molto altro ancora.
Waid, Walker e Tartaglia hanno ancora molto da raccontare in Doctor Strange: Surgeon Supreme. In un confronto diretto con la serie che l’ha preceduta, Surgeon Supreme sembra più conscio della propria direzione narrativa. Nonostante la sfrontatezza della trama stellare, Waid sembra più a suo agio con un’ambientazione più ristretta, chiusa ma paradossalmente aperta a scenari inediti per il protagonista principale. Strange di nuovo chirurgo, aperto sulla sua vita come Stregone Supremo, è un personaggio potenzialmente più interessante, “diviso” tra i propri doveri e preoccupato a mantenere l’equilibrio tra questi.
Bastano 48 pagine per introdurre il McCarthy Medical Institute, presentare al lettore il nuovo cast, riportare in gioco alcuni Druidici volti noti e nemesi affermate per far scattare nuovamente la scintilla tra il pubblico e lo Stregone – pardon, Chirurgo Supremo.
First Issue
GUARDIANS OF THE GALAXY #1 di Al Ewing e Juan Cabal
Questo primo episodio dei Guardians of the Galaxy delude profondamente: non tanto perché si muove su binari scontati, quanto perché gestisce ogni situazione in maniera frettolosa e superficiale, senza valorizzarne gli spunti. Nelle scene familiari non viene dato spazio alle emozioni, così che si riducono a un pretesto per fornire una minimale presentazione dello scenario (una guerra civile, il desiderio di riposo); nelle scene di azione i dialoghi fra gli avversari hanno una modalità didascalica che finisce per smorzare qualsiasi tensione.