Wednesday Warriors #55 – Dai Guardiani della Galassia a Superman

In questo numero di Wednesday Warriors: GUARDIANS OF THE GALAXY #1 e

In questo numero di Wednesday Warriors:

Bam’s Version

GUARDIANS OF THE GALAXY #1 di Al Ewing e Juan Cabal

Trascorse le vacanze Natalizie e finite le grandi abbuffate, la routine quotidiana torna ad occupare le giornate: il ritmo torna alla normalità, si cade nella pericolosa, accogliente noia del tran-tran di tutti i giorni. Ma l’inizio di un nuovo anno porta anche cambiamento e la voglia di girare pagina – musica per le orecchie degli editori Marvel, sempre pronti a cambiare le carte in tavola e sconvolgere lo status quo. La vita scorre tranquilla anche su Elysion-3, un piccolo pianeta colonia della grande Utopia Kree: Klee-Varr saluta la sua famiglia di buon mattino, un’altra giornata di lavoro l’aspetta. La preghiera alla Suprema Intelligenza Kree riecheggia nella bio-sfera di Elysion-3, i suoi abitanti discutono delle incombenti pressioni, il timore della guerra civile che si ripropone. Sciocchezze, del resto Elysion-3 è perfetta così com’è, incastonata come una gemma nell’Utopia Kree. Il paradiso alieno suburbano illustrato da Juan Cabal, ordinato e preciso, viene spazzato via nel giro di una doppia splash page: gli edifici perfetti e rigorosamente distribuiti, alternati alle verdi colline rigogliose, lasciano il posto a cumuli di macerie, soffocati dal fumo e cenere, da un cielo rosso come il sangue, sovrastati da un Dio furibondo che annuncia l’arrivo di una nuova era, il tempo dei mostri e della morte.

In Guardians Of The Galaxy #1 di Al Ewing e Juan Cabal, nessuno è al sicuro dal cambiamento. Dopo un anno trascorso nel limbo del Catesverso, i Guardiani della Galassia tornano in una nuova serie firmata dall’autore britannico più in voga degli ultimi anni, l’unico in grado di prendere il Gigante di Giada Marvel e trasformare Hulk in una serie must-read come “Immortal Hulk”, un successo trascinante ottenuto da nessun altro dai tempi di Peter David. Ma ai più navigati lettori della Casa delle Idee, Ewing appare come un autore versatile e tremendamente cosciente di sè e della “materia prima” oggetto delle sue trame. Attento ai più infinitesimali dettagli di continuity e da sempre particolarmente affine alla fantascienza di un certo spessore, lo scrittore si è rapidamente affermato per la semplicità delle sue idee, poste nel contesto adatto al loro sviluppo più intrigante.

Dopo il devastante prologo, l’attenzione di Ewing si sposta sui titolari Guardiani Della Galassia nella loro più recente formazione, colti in un raro momento di rarissimo relax. I dialoghi schietti e sagaci giocano con il carattere dei protagonisti, coinvolti in un leggero botta e risposta che sottolinea l’atmosfera umana, sincera e l’unione che lega Rocket, Groot, Drax, Star-Lord, Gamora agli altri membri di questa bizzarra famiglia cosmica. Lo scrittore britannico sfrutta la pagina ordinata e ben inquadrata di Cabal per stemperare la narrazione, sfruttando l’attimo di pace per seminare degli interessanti spunti creativi. Nonostante il ritmo blando, Ewing e Cabal lavorano con uno stretto gruppo di personaggi ben noti, che il lettore conosce ormai intimamente, per insinuare il dubbio, la possibilità di una galassia…senza Guardiani. Posti di fronte a Nova e alle sue poco piacevoli notizie di morte e distruzione dall’altro lato dello spazio astrale, Ewing inchioda i personaggi al muro, costretti ad una scelta: godersi il meritato riposo dopo l’ennesimo sconquasso siderale o imbracciare nuovamente astronavi e cannoni laser per proteggere l’universo. Un mestiere difficile e logorante che ha lentamente consumato le energie dei protagonisti, presi in contropiede dal ritorno al dovere. Una linea di dialogo che sembra aprire un’ampia gamma di possibilità: possono i Guardiani della Galassia “smettere” di fare i Guardiani della Galassia? L’anormalità della pace, della quiete dura un flebile momento, un granello nello spazio che ha sempre preso e difficilmente ripagato.

Le particelle essenziali di tutti i supereroi Marvel che si rispettino hanno un ruolo prepotente nella costruzione dell’incipit di questo Guardians Of The Galaxy #1, un albo in cui poteri e responsabilità tornano a muovere le azioni dei personaggi, principalmente Rocket Raccoon e Star-Lord. L’attrattiva di una vita lontano dai pericoli è mai come in questo momento concreta e tangibile, ma la prospettiva di un universo alla mercè di divinità Olimpiche rinate come conquistatori alieni disturba profondamente il “procioide” e il Signore delle Stelle – protagonista anche di un meraviglioso flashback che Ewing regala ai più accaniti conoscitori della continuity e della lunga carriera del “Leggendario” Star-Lord.

Il ritmo si fa più incalzante superati gli obbligatori convenevoli, introduzione e formazione della nuova squadra: Juan Cabal e il colorista Federico Blee non si scompongono e, ad un albo ben presentato e visivamente appagante, i due aggiungono brio. Il tratto limpido dell’artista sembra una risposta alla frenesia graffiante di Geoff Shaw, che l’ha preceduto sulla testata giusto un anno fa. Cabal allarga lo spazio tra le vignette e lascia respirare il piano d’azione e la sua messa in atto: clinicamente, lo script di Ewing segue passo dopo passo i protagonisti nella loro intrusione sulla futurista, terrificante ed austera Nuova Olimpo. Il duo artistico si lascia spazio per sfruttare brillantemente una doppia splash page, mostrando buone premesse per l’evoluzione grafica dell’exploit galattico di Al Ewing.

Guardians Of The Galaxy #1 è l’inizio di una nuova fase per il gruppo, una visione che si stacca con decisione dal suo più recente passato. Al Ewing e Juan Cabal debuttano “in punta di piedi”, senza dover immediatamente alzare le aspettative, preferendo piuttosto concedere il giusto tempo alla presentazione dei personaggi, l’evoluzione dei loro pensieri e la presenza di un obiettivo concreto, una nemesi tangibile da poter affrontare.Un albo di debutto che racconta senza strafare, costruisce con sapienza le basi per inediti conflitti cosmici (e interiori), lavorando su elementi noti del Marvel Universe, stuzzicando i lettori con nuove possibilità di evoluzione per i Guardiani della Galassia, alla disperata ricerca di una precisa identità, lontani dagli echi del Marvel Cinematic Universe.

Gufu’s Version

SUPERMAN #19 di Brian Michael Bendis e Ivan Reis

Dopo lo shock del mese scorso, in cui Superman ha rivelato al mondo la propria identità segreta, Brian Michael Bendis e Ivan Reis ci raccontano le conseguenze del gesto plateale di Clark Kent.
La struttura dell’albo è significativa della filosofia scelta da Bendis per questa storyline: se nel 2016 Gene Luen Yang aveva deciso di rendere la rivelazione dell’identità segreta di Superman – avvenuta con dinamiche diametralmente opposte a quelle di Bendis – come il perno dell’intera storyline e che, come tale, coinvolgeva in maniera totalizzante sia la vita di Clark Kent che quella di Superman, adesso Bendis ci mostra come in questo caso le cose siano totalmente diverse e, per molti versi, più normali.
L’albo è diviso, con una forte cesura, in due parti praticamente uguali: nella prima vediamo Clark Kent affrontare le conseguenze della sua rivelazione mentre nella seconda viene portata avanti la trama della nascita dei Pianeti Uniti iniziata con la Unity Saga.

Nelle prime pagine assistiamo a quello che è il vero punto di forza di Brian Michael Bendis: i dialoghi brillanti e con quell’accento un po’ caotico che conferisce realismo e credibilità ma che non sfocia nella complessità convoluta di quegli scrittori che si piacciono troppo. Gli scambi tra Clark, Lois, Perry e Jimmy delineano in poche battute le distinte personalità donando spessore e intensità a ognuno di loro (menzione speciale per la gestione di Perry White) e ai rapporti che li legano. Questa è senza dubbio la parte più genuina di tutto l’albo, quella in cui ci riconosciamo nelle nostre relazioni di tutti i giorni e nelle dinamiche che ci appaiono normali e familiari.
Si prosegue poi, come allargandosi per cerchi concentrici, agli effetti che questa verità ha sulle persone meno vicine a Clark Kent: dai colleghi di lavoro, agli abitanti di Metropolis e alla reazione generale del mondo. In questo progressivo allontanamento dalla sfera familiare Bendis modifica la sua scrittura rendendola gradualmente sempre più retorica e meno confidenziale.
Al di là di queste sfumature l’impressione è che questo Superman sia “più Superman che mai”, come se effettivamente fosse vero quanto detto da Clark Kent nello scorso numero: non si può combattere per la Verità (e la giustizia e tutto il resto) se si rinnega quella stessa Verità nascondendosi dietro una menzogna. La stessa doppia pagina che vede coinvolta la reporter del gossip Trish Q fa capire come lo stesso protagonista abbia ottenuto una nuova coscienza del proprio impatto sulla vita di chiunque lo circonda.

In questa prima parte Ivan Reis tiene a freno il suo stile esplosivo ingabbiandolo in layout fitti e mostrandoci le proprie capacità di narratore più compassato: bravo nella resa espressiva dei volti e nella recitazione generale dei personaggi. L’avvicendamento alle chine tra Joe Prado e Danny Miki risulta invece un po’ disturbante e, sebbene i disegni di Reis restino sempre eccellenti, Prado sembra più in sintonia con il disegnatore e le pagine da lui inchiostrate hanno dei volumi che valorizzano meglio le matite del disegnatore.

Nella seconda metà dell’albo, inchiostrata in maniera più omogenea da Julio Ferreira e Oclair Albert, il racconto cambia tema e con esso il registro narrativo: una narrazione fortemente supereroistica in cui le tavole di Reis acquistano respiro e una maggior profondità di campo. I layout si scompongono nella narrazione dello scontro tra Superman e Mongul e la scrittura stessa di Bendis diventa più caricaturale a favore di un tono più smaccatamente teatrale: uno stile sopra le righe che accontenta i fan di autori quali Jack Kirby o John Byrne.

L’intenzione di queste pagine, oltre a mostrare un po’ di sana azione, è palesemente quella di portare avanti una trama – quella molto interessante della formazione dei Pianeti Uniti che sono determinanti in Legion of Super Heroes – che non sia strettamente legata al segreto di Superman. La dimostrazione di come quello che per decenni avevamo considerato come fondamentale (il binomio Superman/Clark) e determinante sia in realtà meno influente di quanto pensassimo. Il mondo va avanti lo stesso, l’universo anche e Superman pure. Forse anche meglio.

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