Wednesday Warriors #48 – dagli Zombie di DCeased a quelli di Batman/Dylan Dog
In questo numero di Wednesday Warriors:
Gufu’s Version
BATMAN / DYLAN DOG #0 di Roberto Recchioni, Werther Dell’Edera, Gigi Cavenago
In attesa del crossover vero e proprio, e in concomitanza con Lucca Comics 2019, Sergio Bonelli Editore e DC Comics offrono ai propri lettori un assaggio di quello che vedremo nel 2020: Relazioni Pericolose, questo il titolo dell’albo, non mette in scena l’incontro tra i due personaggi ma ne prepara il terreno tramite un’operazione di retcon legata principalmente ai due villain, Joker e Xabaras, e rivelando il passato che li accomuna.
Oltre a fornire il cosiddetto evento scatenante, quello che mette in moto gli eventi del crossover, in queste venti pagine Roberto Recchioni cerca un compromesso tra due realtà narrative estremamente diverse e apparentemente inconciliabili. Il patto che lega il fumetto supereroistico con i propri lettori richiede una maggiore – o quantomeno differente – dose di sospensione dell’incredulità rispetto a quello stretto tra Dylan Dog e il proprio pubblico. C’è una lettura diversa della realtà che posiziona i due personaggi in due contesti discordanti e che rende poco plausibile la loro coesistenza all’interno dello stesso universo narrativo.
Gli autori risolvono questa empasse sfruttando l’iconicità di entrambi e spostando il racconto su un piano più espressivo che realistico o descrittivo: abbiamo già avuto modo di approfondire il tema della “complessità non descrittiva” (QUI) con Werhter Dell’Edera, che privilegia l’espressività e l’emotività del segno a dispetto di una rappresentazione più fotorealistica, e in questo albo, in cui vediamo i due autori fondersi fino a rendere impossibile distinguere i confini tra i rispettivi segni, Gigi Cavenago si conferma come uno uno degli interpreti più convinti e convincenti della succitata scuola di pensiero.
Recchioni affida ai due disegnatori il compito di mettere su carta il potere archetipo dell’Uomo Pipistrello: Dell’Edera e Cavenago raffigurano Batman come una figura sfocata, che sfugge tra le vignette, composta perlopiù dal suo mantello e dall’ombra proiettata da questo e che riusciamo a individuare solo nel momento in cui si ferma per manifestare la propria umanità.
Il Joker viene inscritto in una sintesi di immagini e momenti iconici presi dagli ambiti più disparati della sua storia: l’abito di Cesar Romero, il Luna Park abbandonato di The Killing Joke, la sala operatoria del Batman di Tim Burton… fino a renderlo una figura che trascende l’interpretazione dei singoli artisti/attori/registi diventando una sorta di simbolo di se stesso. Il suo confronto con Xabaras è il momento più puramente sclaviano di tutto l’albo; la riflessione sulla mostruosità, incarnata nella figura del Joker, trasporta Gotham e i suoi abitanti nel mondo di Dylan Dog. Quest’ultimo viene infine prelevato nel momento più simbolico della propria storia editoriale: il finale de “L’alba dei morti viventi”, il primo storico albo dell’Indagatore dell’Incubo, al quale Recchioni applica un altra lieve operazione di retcon in modo da avere a disposizione il Dylan più iconico possibile.
L’incontro tra Dylan Dog e Batman diventa così un incontro dal sapore quasi mitologico, che non si limita a mettere a confronto due personaggi ma estende la dialettica a due differenti immaginari: “il miglior detective del mondo incontra il peggiore”.
Questo numero zero è quindi una forte dichiarazione d’intenti, che cerca di forzare e di sfruttare le regole dei crossover interaziendali, che pur dicendo pochissimo dal punto di vista dell’intreccio riesce a trovare una chiave di lettura interessante a quella che poteva essere una semplice trovata commerciale fine a se stessa.
Bam’s Version
DCEASED #6 di Tom Taylor, Trevor Hairsine.
Il finale improvviso della serie a fumetti The Walking Dead lo scorso Agosto sembra aver sancito la chiusura di un’era. La fascinazione dell’universo pop contemporaneo verso i morti viventi e gli zombie, in particolare, sembra essersi decisamente affievolita. Forse perché gli esseri umani ancora in vita si sono rivelati via via decisamente più spaventosi o forse perché tutto, nel mondo della fiction, ha i suoi alti e bassi – fatto sta che DCeased, miniserie evento di Tom Taylor e Trevor Hairsine, sembrava arrivare in DC Comics “fuori tempo massimo”.
Fu proprio Robert Kirkman con i suoi Marvel Zombies a sdoganare il concept dei supereroi e supervillain tramutati in orribili creature non morte, affamate di carne umana e superumana. Declinata in seguiti e controseguiti, l’idea iniziale degli Zombies, orrorifica, volutamente leggera e sardonica, andò via via annacquandosi, lasciando spazio a nuove iterazioni della serie che si limitavano unicamente a cambiare protagonisti ed infetti.
Dal suo debutto, tuttavia, DCeased sembra aver seguito la scia dell’esperimento zombifero della Casa delle Idee, recuperando le originali atmosfere gore, horror e il pizzico di giusta comedy in grado di alleggerire la lettura.
La premessa di DCeased poggia su solide basi all’interno della continuity canonica DC Comics: venuto a capo dell’Equazione Anti-Vita, Darkseid corrompe ulteriormente la formula, viene sopraffatto dalla stessa e cade vittima della stringa letale. La morte si impossessa del Dio di Apokolips e, tramite Cyborg, pedina fondamentale nella creazione della “nuova” Equazione, viene rispedito sulla Terra.
Taylor, autore mai banale, si appropria di un concetto Kirbyano colonna portante del Quarto Mondo e della continuity DC, riadattandolo in maniera ancor più cupa e grottesca – a scatenare l’invasione di non morti è l’annullamento della vita, non un virus organico, né tantomeno il Giorno del Giudizio biblico. L’Equazione Anti-Vita rende schiavo e prigioniero. Il controllo è totale e assoluto: rientrato sulla Terra dall’ormai distrutta Apokolips, Cyborg torna online, collegandosi ad Internet, spargendo l’Equazione Anti Vita tramite ogni singolo dispositivo tecnologico connesso alla rete.
«solitudine + alienazione + paura + disperazione + autostima ÷ derisione ÷ condanna ÷ incomprensione x senso di colpa x vergogna x insuccesso x giudizio n=y dove y=speranza e n=follia, amore=bugie, vita=morte, io=lato oscuro»
Del peso di Internet, delle parole rivolte attraverso i social media Taylor aveva già trattato in X-Men Red per la Casa delle Idee. In DCeased ne troviamo un solo accenno, eppure davvero brillante, che purtroppo però diventa un eco una volta messa in moto la trama principale.
Dal primo al sesto e finale numero, la matita graffiante, sporca e incerta di Trevor Hairsine ha seguito le parole di Tom Taylor nel lungo e doloroso processo di distruzione dell’Universo DC. Così come Hairsine, Stefano Gaudiano e Rain Beredo hanno inchiostrato e colorato le rovine di un mondo popolato da dei, tramutatosi in un vero e proprio incubo. La voce di Lois Lane ha tenuto il lettore con i piedi per terra, permettendo un punto di vista solido e ancora in grado di catturare il peso della calamità caduta dal cielo e dalle rovine di Apokolips. Da Atlantide a Themyscira, dalle profondità dello spazio di Lanterna Verde alle strade brulicanti zombie di Gotham e Star City – Taylor e Hairsine hanno giocato con un ricco cast di personaggi, sfruttando al massimo le loro connessioni, pizzicando le corde giuste durante la narrazione. Nonostante sia una storia ricca di morte e non-morte, DCeased ha mostrato ai lettori un cuore umano e ancora vivo, capace di regalare momenti emozionanti – tra tristi eredità, pesantissimi addii, dolorose trasformazioni riflessioni sul cataclisma e il miglior momento mai scritto per Jonathan Kent, Superboy.
Se sull’aspetto umano la serie di Taylor e Hairsine ha brillato, più complicato analizzarne gli aspetti tecnici, con strane gestioni di ritmi e scene action. La possibilità di utilizzare qualsiasi personaggio disponibile nell’Universo DC ha concesso agli autori libertà di movimento pienamente sfruttata: come accennato in precedenza, ogni spostamento dei personaggi è stato seguito o preceduto da un momento memorabile, sequenze d’azione violente capaci di far sbizzarrire la vena sanguinolenta di Hairsine, Gaudiano e Beredo. Mostri dalle corrotte profondità dell’oceano, la pericolosità dell’infetto Atomo e della colossale, mortifera Giganta restano impressi nel lettore – e sono “mattoni” che preparano il lettore al confronto con personaggi ben più potenti e iconici. Nonostante tutto, Taylor sembra in più occasioni prendere tempo, dilatando la narrazione con piccole finestre su eroi lontani dal fulcro della trama, elemento che in più di un’occasione ha rallentato la scorrevolezza della serie.
La devastazione totale della Terra permette la creazione di nuove idee e nuovi spunti di trama per Taylor, che approfitta di tutte le 40 pagine a sua disposizione per regalare un momento di trionfo a personaggi come Freccia Verde e Black Canary, protagonisti “emozionali” dell’intera serie. Ai pezzi grossi della Justice League ancora in vita il compito di concludere la storia con un confronto da brividi sulla natura degli zombie, il loro potenziale distruttivo, la loro pericolosità e la voce profonda della morte, nascosta tra le righe della terrificante Equazione Anti-Vita.
DCeased #6 ha il compito di chiudere la parata di morte super-umana e non manca all’appuntamento. Così come fu per Injustice, Taylor firma un suo personale successo di critica e vendite grazie alla sua tenacia e alla sua morbosa affezione per concetti decostruttori e provocatori, capaci di muovere lettori e stimolare curiosità. Più di un semplice Elseworld, DCeased sembra essere l’ultimo baluardo di non-morte nel comic-dom statunitense. Lontano dall’essere parodistico e dissacrante come Kirkman per gli originali Marvel Zombies, Taylor mette in mostra la solidità del suo concept firmando sei numeri di grande intrattenimento, gore e vero dramma supereroistico.
First Issue
X-MEN #1 di Jonathan Hickman e Lenil Francis Yu
Hickman è dunque, in questo primo numero, come quei bravissimi architetti capaci di spiegarti per filo e per segno la planimetria di un edificio da loro ideato e di cui è appena terminata la costruzione, di farti ammirare nel minimo dettaglio gli elementi architettonici alla base del progetto. Quegli architetti che però non riescono a smettere di amare la loro realizzazione così com’era al momento del concepimento: pura architettura, ordinata, libera, senza segno di presenza umana. Ecco che allora, quando entri in un edificio del genere, ti accorgi che le stanze sono però troppo vuote, poco riscaldate e che forse ci vuole qualche elemento in più per farti sentire a tuo agio: un elemento umano, un segno, un elemento di arredo, anche una sola sedia fuori posto.