Verax … e se Snowden avesse ragione?
Una dettagliata opera di graphic journalism. Cinque anni di raccolta dati e di eventi per raccontare come si fa la guerra al tempo di internet. … e ci siamo tutti dentro.

Verax, verace, in latino.
Come dice il Vocabolario Treccani:
1. Sinonimo letterale di vero, in alcune delle accezioni di questo agg.: a. Che ha in sé verità, che è fonte di verità. b. Che è in realtà ciò che si afferma o si crede che sia; quindi, in genere, non falso, non immaginario, non ingannevole. c. Che dice il vero, che non mente.
Il titolo è uno dei primi pseudonimi utilizzati da Edward Joseph Snowden per le comunicazioni in posta elettronica criptata nel 2013, quando decise di lasciare CIA e NSA per rivelare particolari su come vengono raccolti e utilizzati i dati che passano sulla rete e riguardano ciascuno di noi.
Verax è anche il titolo di un cortometraggio girato da quattro registi di Hong Kong, città dove Snowden ha iniziato le sue rivelazioni. Argomento del film l’inizio delle divulgazioni e come sono state prese dalla stampa locale.
Nel 2016 Oliver Stone ha girato un film che racconta la storia di Snowden.
E Pratap Chatterjee ne ha fatto uno splendido lavoro di giornalismo a fumetti. Con l’aiuto del disegnatore Khalil (Bendib).
In realtà Snowden è solo una parte di Verax. Ci si imbatte Pratap (nella realtà e nel fumetto) nel tentativo di collegare tutti i pezzi del puzzle che sta costruendo. Un puzzle che parte dal 2001, dopo l’11 settembre, con la restrizione delle libertà personali, in particolare della privacy, con il Patriot Act, emanato solo 45 giorni dopo l’attentato.
Pratap ne raccoglie i pezzi, con l’aiuto di tanto giornalismo di inchiesta, dagli USA, fino all’Italia. Con nomi altisonanti, oltre al citato Snowden, Julian Assange, Chelsea (Brad) Manning, Robert e Gren Greenwald, Caitlin Hayden, Laura Poitras.
Il fumetto non è facile. Non si può leggere con rapidità o superficialità, perché racconta in modo particolareggiato relazioni e connessioni. Bisogna seguire le tracce, aver sentito parlare di acronimi come PGP o IMSI, o comunque alla fine farsi una cultura in merito.
Parte dalla guerra a distanza, fatta con i droni che buttano bombe in MedioOriente, mentre il pilota è in Nevada.

Passa per i sistemi di controllo e per le ditte, in tutto il mondo, che sono in grado di intercettare qualsiasi bit e di estrarre il proverbiale ago nel pagliaio. E per le grandi corporation del multimedia online.

Dice come le prime ottengono il permesso di intercettare e di elaborare i dati. E di come le seconde chiudano almeno un occhio per lasciarle fare.
Parla di fiere (come il MiliPol) in cui si parla di sicurezza a tutti i livelli. Anche di sistemi di intercettazione dati, di storage e di data mining potentissimi.
Di come i regimi meno democratici si siano serviti di questi strumenti (che ancora una volta vengono sviluppati e prodotti in occidente, al pari delle armi più convenzionali) e alimentino le disparità e le violenze nei paesi meno ricchi.
Di come questi sistemi, come il DCGS, siano anche di supporto alle decisioni. Decisioni terribili, come dove sparare, su chi lanciare una bomba da un drone.
Soldati che hanno solo manipolato joystick che soffrono di sindrome post-traumatica come gli incursori sul campo.
Vittime civili riconosciute e pagate dal governo americano (con tariffe in base al paese di provenienza).

Giornalisti perquisiti e fermati ogni volta che attraversano un aeroporto.
Chatterjee fa bene quello che è il suo lavoro, non solo di scrittore di fumetti, ma soprattutto di giornalista d’inchiesta.
Trova collegamenti, segue piste non troppo battute, racconta anche di sé. E lo fa con nomi, date, situazioni e posti reali.
E non fa sconti a nessuno, da Bush in poi tutti i presidenti USA ci hanno messo del loro
La nota iniziale recita:
Questa è una storia vera. Riguarda persone reali, avvenimenti reali e problemi reali.
Forse il problema reale più grande è “come si decide di usare la pistola.”.
Cosa possono fare di tutti questi dati? Se finissero in mani sbagliate? Siamo sicuri che chi paga per intercettare siano sempre e solo gli stati nazionali? E lo fanno solo per “sicurezza interna” o giocano con il fuoco con le tensioni internazionali?
Tutto questo si incrocia con le piccole storie di chi è stato vittima delle immagini poco comprensibili, e per una bomba che si pensava diretta a un terrorista ha perso un fratello, un figlio, un innocente…
Ovviamente non dà risposte, come non ne dà nessun lavoro di inchiesta. Ma il linguaggio del fumetto riesce a rendere meglio delle parole la tensione sui volti. Delle ditte vediamo i logo, alcune tavole aiutano a far capire bene le metafore.
È ciò che si chiede a un libro di questo tipo. Khalil lo interpreta molto bene. Il tratto è asciutto, senza ombre. Tutto è riconoscibile, ma nulla è troppo dettagliato.

La gabbia è spesso fitta, con moltissime vignette per pagina. O con vignette più grandi nelle quali si accavallano vicende diverse. Aiuta a capire come, nonostante il tentativo di essere chiaro e di dire tutto con poche righe, ciò non sia possibile. Perché comunque le cose si affastellano l’una sull’altra.
Quando la pagina è meno densa graficamente, lo è di titoli di giornale o di parole che escono direttamente dalla bocca dei protagonisti.
Sembrano disegni che non sono fatti per soffermarcisi su, mai, neppure in quelle pagine dove la metafora grafica serve ad alleggerire l’incalzare degli eventi. Neppure su quelle che sembrano vere e proprie infografiche, come si ama dire oggi.
Il libro ha un sito dedicato in cui si possono trovare, oltre ovviamente al link per l’acquisto, una ricca raccolta di background e di idee per difendersi e non restare passivi.
Insieme a una serie di siti e altre fonti informative, proprio per farci capire che è tutto vero e non è detto che saremo sempre dalla parte giusta del mirino.
Verax – Come ti controllo con il drone
P. Chatterjee, Khalil
240 pagg., b/n, 16x24cm
2019, Feltrinelli Comics, € 20