Tono monogatari – Il viaggio di Shigeru Mizuki alla fonte del folklore

Shigeru Mizuki incontra l’etnoantropologo Kunio Yanagita nel volume Tono monogatari, punto d’inizio e di fine e testamento spirituale del grande fumettista celebre per la sua passione per il mondo sovrannaturale giapponese.

Il monogatari è uno dei più antichi e peculiari generi letterari giapponesi. In lingua giapponese contemporanea la parola monogatari si usa per dire “storia/e”, ma in ambito letterario indica un tipo di prosa che, al di là del genere, è composta fondamentalmente da tanti piccoli elementi distinti fra loro (le “storie”, appunto, ma possono anche essere poesie o altro) e tenuti insieme da una cornice narrativa più o meno labile, cosicché i singoli elementi possono essere episodi di una narrazione unitaria come pure oggetti indipendenti. Fa parte del secondo caso il Tōno monogatari, un’antologia di novelle raccolte dall’etnoantropologo Kunio Yanagita a cavallo fra il XIX e il XX secolo dalle popolazioni rurali del nord del Giappone, in particolare della zona di Tōno (da cui il titolo), in un tentativo di salvataggio in extremis della cultura popolare orale del posto.

Confronto fra il panorama di Tōno rappresentato da Shigeru Mizuki in "Tono monogatari" e in una foto.
Il panorama della vallata di Tōno com’era a inizio Novecento come apparve a Yanagita, disegnata da Shigeru Mizuki nel fumetto Tono monogatari, e com’è oggi: non è che sia poi così tanto cambiato.

L’operazione svolta di Yanagita è paragonabile al lavoro di altri studiosi come i fratelli Grimm con le loro fiabe raccolte nella Foresta Nera, o Italo Calvino con le Fiabe italiane, o anche Lafcadio Hearn che a fine Ottocento pubblicò varie antologie proprio di racconti giapponesi. Al contrario di questi lavori di autori occidentali, improntati allo studio filologico di uno specifico genere letterario, quello di Yanagita è però caratterizzato da una grande varietà formale e contenutistica, e nelle sue 119 storie si passa dalla semplice e brevissima osservazione documentaria dell’artigianato tradizionale locale a brevi racconti horror, dalla celebrazione delle montagne della zona di Iida fino a vere e proprie fiabe lunghe e articolate nel senso occidentale della parola.

Copertina di "Tono monogatari" di Shigeru Mizuki.Lo racconta benissimo e nel dettaglio il fumettista, illustratore, curatore e traduttore Vincenzo Filosa nella sua postfazione al volume Tono monogatari di Shigeru Mizuki, nuova uscita della sempre benemerita Canicola che va ad arricchire il catalogo dei titoli disponibili sul mercato italiano di Shigeru Mizuki, un autore assolutamente centrale per la storia del fumetto giapponese e nonostante ciò relativamente poco noto e pubblicato in Italia.

Il Tono monogatari di Mizuki è la riduzione a fumetti dei racconti di Yanagita, benché la parola “riduzione” suoni inadeguata in rapporto all’alta qualità raggiunta dal fumetto. Si tratta infatti di uno degli ultimissimi lavori di Mizuki, pubblicato in 29 puntate fra il 2008 e il 2009 dell’editore Shōgakukan su Big Comic, la rivista che ospita l’aristocrazia del manga: le sue pagine hanno accolto la crème-de-la-crème degli autori nipponici, fra cui Takao Saitō e Golgo 13 (tuttora in corso), Sanpei Shirato col suo ninja Kamui, Tetsuya Chiba, Osamu Tezuka e Jirō Taniguchi nelle loro prove più mature, mentre le riviste consorelle Big Comic Original e Big Comic Spirits sono le case di Naoki Urusawa e Rumiko Takahashi. Stiamo parlando letteralmente del meglio del meglio.

Tono monogatari è il meglio del meglio. Pubblicato quando l’autore aveva già 87 anni, si può considerare l’opera che chiude la carriera artistica di Mizuki come un cerchio, ritornando lì dov’era nato il suo genio creativo: alla grande fonte del folklore giapponese, degli spiriti, delle leggende, degli yōkai, dell’horror che tanta parte hanno avuto nella sua opera. In realtà l’autore ha continuato a disegnare fino al 2015, anno di morte, riprendendo in mano la sua opera più celebre Kitarō dei cimiteri e congedandosi dal mondo con Watashi no nikki, un memoir illustrato, ma è Tono monogatari a svolgere la funzione di testamento umano, spirituale e artistico di Mizuki.

Non può essere un caso, poiché non esiste il caso, che il volume si chiuda proprio con un ringraziamento a Yanagita, suo ispiratore letterario, e poi con una riflessione sulla reincarnazione: dopo cinquant’anni esatti di carriera (il debutto come fumettista è del 1958), Mizuki torna letteralmente al punto d’origine. Il giro è completo, il cerchio si chiude, il grande vecchio Mizuki può finalmente congedarsi dall’arte e dal mondo.

Vignetta da "Tono monogatari" di Shigeru Mizuki.
Mizuki assiste alla “danza del leone” durante un festival folkloristico a Tōno.

La raccolta di Yanagita era composta da una cornice narrativa, il viaggio dell’autore a Tōno, all’interno della quale fra una passeggiata e l’altra si collocavano i 119 racconti: un perfetto monogatari. La raccolta di Mizuki omaggia la formula originale poiché è composta da una doppia cornice narrativa, il viaggio dell’autore a Tōno sulle tracce del viaggio di Yanagita a Tōno, all’interno della quale fra una passeggiata e l’altra si collocano (quasi tutti) i 119 racconti: una narrazione a scatole cinesi semplice e meravigliosamente efficace, un perfetto monogatari nel monogatari.

Le storie in sé sono estremamente eterogenee sia per contenuto sia per qualità, ma tutte presentano perlomeno un aspetto curioso o pittoresco che identifica il paesaggio di Tōno, con le sue montagne ricoperte di boschi fittissimi, come un luogo misterioso dove può avvenire di tutto: subire un kamikakushi (la stessa parola del titolo originale de La città incantata, ovvero un rapimento da parte di esseri sovrannaturali), incontrare spiriti, ricevere doni magici, imbattersi in animali senzienti o diventarlo o amarli (come nelle Metamorfosi di Apuleio)… un mondo totalmente magico e totalmente sacrale in cui niente è come appare e la prima spiegazione a qualunque fenomeno non banale è sempre di natura spirituale.

Tavola da "Tono monogatari" di Shigeru Mizuki.
Mizuki sale le scale di un santuario shintōista sul Monte Anago all’inizio della storia 89. I torii separano il konsekai dal bessekai.

In questo senso appare assolutamente appropriata la metafora usata da Filosa nella sua post-fazione, in cui scrive che Kunio Yanagita e Shigeru Mizuki erano «due uomini capaci di vedere oltre il velo che separa questo mondo dagli altri mondi possibili». Il “velo” è un oggetto tanto semplice quanto misterioso che fin dalla più romota antichità, letteralmente dall’invenzione della tessitura è usato in senso metaforico per dividere “questo mondo” da “l’altro mondo”: i giapponesi hanno due parole ad hoc per esprimere questi concetti che sono konsekai e bessekai. Un velo divideva la cella interna dal resto dell’edificio nel Tempio di Salomone, un velo scostato come da una finestra mostra l’apparizione della Vergine col Bambino nella Madonna Sistina dipinta da Raffaello Sanzio, un velo dipinto indica il confine tra la vita e la morte in un sonetto di Percy Bysshe Shelley, un velo impedisce all’uomo di conoscere la Verità secondo Arthur Schopenhauer. E una tessitrice seduta al telaio (come la più famosa tessitrice della fiaba La ricompensa della gru) compare anche nel Tono monogatari di Yanagita/Mizuki nella storia 54.

Ora, se Yanagita ha raccolto le testimonianze orali di persone che hanno visto al di là del velo, Mizuki ha dato una forma visibile all’invisibile e nei suoi decenni di carriera ha rappresentato graficamente centinaia di yōkai, anche quelli che fino a quel momento avevano solo una descrizione testuale e nessuna iconografia precisa, nella sua monumentale enciclopedia Nihon yōkai taizen del 1991 (rivista fino all’edizione definitiva nel 2014 e pubblicata in italiano come Enciclopedia dei mostri giapponesi da Kappalab). Yanagita ha sentito, Mizuki ha visto: le parole del primo e le immagini del secondo si fondono nel Tono monogatari.

La narrazione per immagini di Mizuki è come sempre peculiarmente, inimitabilmente sua e come sempre splendida. Spesso il ritmo narrativo è molto sostenuto, ma senza mai una vignetta affrettata o una inutile: più sintetico del solito, ma sempre completo. Data la natura molto personale dell’opera, Mizuki si concede anche il lusso di entrarci dentro come personaggio: è la voce narrante, legge le pagine del libro di Yanagita e incontra personaggi di ieri e di oggi. A volte addirittura sostuisce sé stesso e i suoi personaggi ricorrenti (come nello star system di Tezuka) ai personaggi originali dei testi di Yanagita, come nella storia 76, con risultati divertenti per il lettore.

Tavole da "Tono monogatari" di Shigeru Mizuki.
Due pagine tratte dalla storia 62 di Tono monogatari. Come sempre in Mizuki, agli sfondi fotorealistici ricchi d’inchiostro e disegnati con cura grafica certosina si contrappongono i personaggi delineati con un segno grafico molto caricaturale e universale.

Tono monogatari è dunque un’opera importantissima, persino centrale per la vita e per l’arte di Mizuki nonostante sia arrivata alla fine della sua carriera. Alla soglia degli 88 anni (una data simbolica che indica prosperità nella cultura giapponese), questo maestro straordinariamente prolifico e inventivo si prende il lusso di tornare alla sua passione giovanile per regalare ai lettori un fantastico caleidoscopio narrativo, insieme semplice e profondo. La guida per un viaggio alla scoperta di quel bessekai visibile solo agli occhi di Shigeru Mizuki.


Shigeru Mizuki
Tono monogatari
Canicola, Collana Jason Molina, 26 maggio 2022
248 pagg., b/n, brossura, 15×21 cm, €19.00
ISBN: 978-88-99524-58-6

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