Il sogno di Walt Disney: costruire il posto più felice della Terra. Un’utopia… ed è per questo che va ricercata, e da questa ricerca sono nati i parchi Disneyland! Cominciamo a visitarli partendo dal primo degli asiatici: Tokyo Disneyland.
Il 5 dicembre di ogni anno è un giorno speciale e felice perché è il compleanno di Walt Disney, uno di quei personaggi che si contano sulle dita di una sola mano che hanno cambiato radicalmente (nell’ordine) il cinema, l’intrattenimento, l’arte, il gusto, l’economia, la morale e in generale la storia sociale del XX secolo.
Venerato da Ejzenstejn e legato a Hitchcock da un rapporto altalenante di scambio di mezzi tecnici e invenzioni visive, Disney conobbe il vero successo commerciale solo a partire dal 1955 con l’apertura del parco a tema Disneyland a Los Angeles, dato che nei precedenti 30 anni di lavoro riversò interamente gli incassi dei film nella produzione dei film successivi, tanto che fu costretto a ipotecare in banca la sua stessa casa in più occasioni, per far fronte al finanziamento di nuove opere o anche semplicemente al pagamento degli stipendi. Dalla seconda metà degli anni ’50 in poi, però, le cose cambiarono in meglio, così tanto in meglio che nel 1971 fu aperto un secondo parco in Florida, Disney World, nel 1983 un terzo in Giappone, Tokyo Disneyland, nel 1992 un quarto in Francia, Disneyland Paris, e nel 2005 un quinto in Cina, Hong Kong Disneyland. Stando ad analisi e sondaggi svolti dalla Disney Company stessa, pare che il migliore di questi parchi sia quello di Tokyo per vari aspetti artistici e tecnici; chi scrive purtroppo non ha avuto modo di visitare tutti e cinque i parchi, ma almeno quello di Tokyo sì e sì che vale la pena oh sì certo che sì.
Dall’inizio degli anni ’80 Tokyo Disneyland ha gradualmente imposto la sua leadership non solo come prioritario polo turistico della capitale giapponese, ma con i suoi oltre 17 milioni di ingressi annui è in assoluto il luogo turistico maggiormente visitato dell’intera nazione, primato scalfito solo a partire dal 2001 dal parco Universal Studios Japan di Osaka che stacca circa 12 milioni di biglietti ogni anno e ha un principio-base molto diverso: lo scopo di Disneyland è di essere un posto felice, lo scopo di USJ è di essere un posto divertente. Al contrario di Disneyland, USJ non si propone affatto di essere a misura di bambino, anzi dedica solo una minima area ai minorenni (fra l’altro bellissima, a tema Peanuts), e il resto è costruito per intrattenere il visitatore in maniera quasi shockante: non a caso le attrazioni di maggior successo sono i cosiddetti THE REAL, cioè esperienze immersive realistiche in famosi film/anime/videogame action. Lo spot tv del cinema 4D Neon Genesis Evangelion THE REAL è a dir poco inquietante, e nel percorso all’oscuro da fare a piedi Biohazard THE REAL, severamente vietato a chiunque presenti problemi cardiocircolatori, è consigliato indossare un impermeabile di plastica perché ci si potrebbe sporcare di sangue di zombie.
Tokyo Disneyland non è nulla di tutto ciò: a parte un paio di ottovolanti sconsigliati ai minori di 120 cm per motivi tecnici, è totalmente fruibile da tutte le età. L’importante è stare al gioco e partecipare alla grande festa di gruppo in cui, una volta varcata la soglia d’ingresso, non si è più nella prefettura di Chiba, nota per le città-dormitorio, le acciaierie e le arachidi, ma nel Regno dei Sogni e della Magia (questo lo slogan del parco). Per questo la prima struttura in cui ci si imbatte è il World Bazaar, un complesso quadrangolare di quattro edifici unificati da una tettoia vetrata a croce (come le gallerie italiane Vittorio Emanuele II a Milano o Umberto I a Napoli) costruita in stile Crystal Palace dell’esposizione universale del 1851, in cui sono ospitati i negozi del parco: la prima cosa da fare è comprarsi un bel cappellino e più è improbabile e meglio è.
Nessuna sorpresa nello scoprire che Tokyo Disneyland è una tipica meta dei viaggi di nozze dei neosposini giapponesi: è tutto meravigliosamente perfetto. Anche troppo: stando ai dati forniti dalla Disney Company, ogni anno delle 18’000 persone che lavorano nel parco ben 9’000 lasciano il posto entro 12 mesi. Non è difficile immaginare quanto quest’esperienza meravigliosa per il visitatore sia stressante per chi ci lavora: giornate tutte uguali di file interminabili, bambini che piangono, tantissima gente e tantissimo rumore, musica ripetitiva e sorriso costante devono essere difficili da sostenere. Un indicatore di stress poi è dato dal fatto che lo staff non si chiama staff, ma “cast”: sono tutti vestiti come compaesani di Belle, lacchè di Cenerentola o personale del circo di Dumbo, parlano in maniera estremamente artefatta e salutano in continuazione con la manina destra in cui il mignolo è leggermente piegato e ritratto rispetto alle altre dita: totale alienazione da sé stessi. Meglio quindi frequentare sì Disneyland, ma ogni tanto, così che ogni volta si rinnovi l’esperienza magica senza venir usurata dall’uso. Nell’attesa della prossima visita al prossimo parco Disney, c’è tempo per godersi un bel tea party col tè di Alice nella tazza di Alice accompagnato dai cioccolatini di Alice, il tutto preso ovviamente a Fantasyland. Buon compleanno Walt, e buon noncompleanno a tutti gli altri!
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