The First Slam Dunk – Takehiko Ino’ue e l’arte della narrazione sul campo da basket
Anime Factory ha annunciato l’uscita del film The First Slam Dunk al cinema in Italia: una notizia splendida perché così sarà possibile anche al pubblico italiano vedere in sala questo film dagli strabilianti valori narrativi e tecnici.
Com’era prevedibile e soprattutto auspicabile, il film The First Slam Dunk diretto da Takehiko Ino’ue uscirà anche nelle sale cinematografiche italiane: lo ha annunciato lo scorso 2 marzo la casa distributrice Anime Factory, non specificando ancora date precise, ma scrivendo chiaramente che il film sarà proiettato su grande schermo.
La distribuzione italiana era prevedibile per molti motivi. In primo luogo per l’enorme, enorme successo popolare che il film ha avuto e sta ancora avendo in Giappone, nei cui cinema è tuttora in programmazione a quattro mesi dalla sua uscita il 3 dicembre 2022: il film è stato per otto settimane consecutive al primo posto dei film più visti del Paese, è ancora oggi nella top 5 dei film più visti, ed è già entrato nella top 15 dei maggior incassi di sempre in Giappone per film animati. Stiamo parlando di quasi otto milioni (OTTO MILIONI) and counting di biglietti fisici staccati in sale cinematografiche fisiche, non di puntate di serie TV viste sul divano per noia e abbandonate dopo cinque minuti ma comunque conteggiate dai servizi streaming.
Inoltre, vari altri distributori internazionali avevano già annunciato l’acquisizione dei diritti. Il film è già uscito in mezza Asia, ovvero (in ordine cronologico) in Corea del sud (dove peraltro è diventato il film giapponese più visto di sempre con quasi quattro milioni di biglietti staccati, superando il precedente record di your name.), poi Singapore, Hong Kong, Macao, Taiwan, Filippine, Indonesia e Malesia, e dal 20 aprile anche in Cina; presto arriverà anche negli USA e in Occidente.
Infine, la grande notorietà di cui gode il fumetto di Slam Dunk e il suo fumettista Takehiko Ino’ue in Italia. In breve, era praticamente impossibile che il film non venisse importato anche da noi.
Ma oltre ai motivi commerciali che la rendevano prevedibile, la distribuzione era anche e soprattutto auspicabile perché The First Slam Dunk è un film meraviglioso. Meraviglioso. Ed è un film fatto e pensato espressamente per la visione nel buio e nel silenzio di una sala cinematografica: senza distrazioni, senza telecomando, senza telefono, senza parenti che urlano nelle altre stanze, senza corrieri che suonano al citofono, senza pause pipì. Solo lo spettatore e la luce proiettata sul telone. Un rapporto così intimo con la propria vista e il proprio udito come solo il buio e il silenzio in sala sanno crearne.
The First Slam Dunk è un film che va visto al cinema, ogni schermo largo meno di dieci metri non rende allo stesso modo. Le dimensioni contano.
La lunga strada verso la prima schiacciata
The First Slam Dunk è un raro caso di adattamento cinematografico di un fumetto diretto dall’autore del fumetto stesso. Esistono vari precedenti, alcuni più oscuri come quello di Takashi Ishii con Tenshi no harawata e altri celeberrimi come quelli di Hayao Miyazaki con Nausicaä della Valle del vento e Katsuhiro Ōtomo con Akira, ma in tutti i casi questi fumettisti/registi avevano già esperienze pregresse con l’animazione seriale e cinematografica e non erano dei completi debuttanti. Ino’ue invece è un completo debuttante nel medium dell’animazione, in TV e al cinema: gli unici due anime tratti da sue opere, ovvero le serie TV Slam Dunk (animata da Tōei Animation nel 1993-1996) e Buzzer Beater (animata da TMS in due stagioni distinte nel 2005 e 2007) non lo hanno visto coinvolto in nessun ruolo artistico, tecnico o decisionale, solo una generica e non meglio specificata “supervisione” nel caso di Buzzer Beater; pare inoltre che la serie di Slam Dunk non sia nemmeno mai stata di suo gradimento, dato che si è permesso persino di prenderla in giro in una scena del suo fumetto Real.
Le vicende che hanno portato Ino’ue a entrare nel business degli anime e a ideare, scrivere, storyboardare, disegnare, produrre e dirigere un film sono raccontate da lui stesso nel volume The First Slam Dunk re:Source, sorta di enciclopedia del film pubblicata da Shūeisha lo scorso 15 dicembre in cui si racconta l’intera produzione del film da zero a prodotto finito con un enorme apparato illustrativo e ricche interviste.
In una di queste Ino’ue racconta che il film porta a compimento un processo creativo iniziato nel 1996 con la conclusione di Slam Dunk, il cui ultimo capitolo fu pubblicato il 17 giugno di quell’anno. Il finale del fumetto, diventato celeberrimo per essere sorprendentemente brusco, era ed è ancora considerato da Ino’ue pienamente soddisfacente e definitivo, ma in accordo con l’editore Shūesha si decise comunque di non scrivere in fondo la parola “Fine” bensì “Fine prima parte” per evitare lamentele (i lettori/spettatori giapponesi sanno essere davvero molesti quando gli autori non assecondano i desideri del pubblico, Hideaki Anno ne sa qualcosa). Peccato che la seconda parte non esista: su volume “Fine prima parte” venne sostituito con “Fine”, i fan si sentirono presi in giro e protestarono in maniera così insistente che Ino’ue promise di disegnare un sequel al raggiungimento delle 100 milioni di copie vendute dei volumetti di Slam Dunk, cosa che avvenne nel 2004 e a cui l’autore tenne fede disegnando non proprio una seconda parte, ma l’episodio speciale 10 Days After come 23 strisce su 23 lavagne di una scuola abbandonata.
Dopo Slam Dunk, Ino’ue disegnò la storia autoconclusiva Piercing (sospettosamente vicina a Slam Dunk) e iniziò i due fumetti nuovi Vagabond e Real, ma verso gli anni 2000 cominciò a sentire la necessità di cambiare forma espressiva, rallentò il ritmo di pubblicazione di Vagabond e Real fino a metterli in pausa, e si allontanò dal fumetto tentando nuove strade.
Nel 2003, sulla spinta dalle eccellenti vendite del box DVD della serie TV finita sette anni prima, Tōei Animation propose a Ino’ue di realizzare un film di Slam Dunk, proposta a cui l’autore rispose con un secco “no” dato il suo astio per quella serie TV. Nel 2009 l’azienda ci riprovò avendo l’accortezza di mandare come intermediario il produttore Toshiyuki Matsui, che non aveva lavorato alla serie TV, il quale spedì a Ino’ue una videolettera in cui gli proponeva nuovamente di convertire Slam Dunk in un film animato; all’inizio era solo una proposta generica, non era stato deciso quale parte del fumetto animare, o se addirittura idearne una storia nuova tipo prequel/midquel/sequel o qualcosa del genere, l’intenzione era solo di ridare nuova linfa al franchise dato che ancora le vendite tiravano. L’autore non fu subito convinto della proposta (anche perché veniva proprio dalla stessa casa produttrice di quell’odiata serie TV), ma poi ci ripensò sia per soddisfare sé stesso in un periodo in cui si era allontanato dal fumetto, sia per soddisfare il pubblico che ancora continuava a chiedergli insistentemente la fantomatica seconda parte del fumetto. Ino’ue accettò di visionare un pilot prodotto da Tōei in CGI e diretto da un loro regista in house: Ino’ue non solo bocciò loro questo primo pilot, ma bocciò anche un secondo pilot successivo perché «non avevano sapore», e sarà solo col terzo pilot del 2014 che l’autore si convinse a realizzare il film. La carta vincente del terzo pilot stava in un cambio di tecnica: gli animatori integrarono nell’animazione disegni di Ino’ue (in particolare l’ultima vignetta dell’ultimo episodio in cui Hanamichi si volta e rompe la quarta parete con il lettore), il che gli fece «sentire la forza delle immagini» intravedendo nella fusione fra il 3D e il suo disegno a mano una via percorribile per animare il film. Ino’ue diede dunque via libera alla Tōei, a patto però di usare uno staff completamente estraneo a quello della serie TV e soprattutto di poterci lavorare in prima persona: «Se non lo faccio io non lo posso accettare, al contrario se lo faccio io allora si piò fare. E allora facciamolo».
Nei tre-quattro anni successivi Ino’ue lavorò da solo in pre-produzione per trasportare in animazione il fumetto unendo insieme tre elementi principali: la parte finale del fumetto Slam Dunk, ovvero la mitica partita dello Shōhoku contro il San’nō, la storia di Piercing usata come flashback di un personaggio, e nuovi materiali originali ispirati dal titolo del libro di self empowerment di Mieko Nishimizu Anata no naka no leader e (“Al leader che è dentro di te”) da lui notato un giorno passeggiando in una libreria, libro che Ino’ue non lesse, ma che lo impressionò tematicamente col suo titolo così forte. Alla pre-produzione seguirono altri quattro anni di produzione effettiva di Tōei per animare il film con un mix oltremodo raffinato e laborioso di cell shading e disegno a mano, poi registrare le voci (con un cast di attori vocali anch’esso del tutto diverso da quello storico della serie TV, attori vocali che peraltro hanno inciso in colonne separate per via del COVID-19) e le musiche e tutto il resto. È significativo notare che quattro anni di produzione sono un tempo del tutto comune per un film animato statunitense, ma straordinariamente lungo per uno giapponese, in cui mediamente si impiega circa un anno per realizzare il prodotto finito.
Finalmente il 7 gennaio 2021 Ino’ue annunciò dal suo profilo Twitter l’uscita di The First Slam Dunk, a cui seguì una campagna promozionale minimale e totalmente basata su immagini misteriose e trailer ancor più misteriosi in cui troneggiava enorme il font Impact usato per il titolo tutto in maiuscolo: THE FIRST SLAM DUNK. A quel punto non restava che attendere.
Trama
Attenzione: questo paragrafo contiene spoiler importanti sul film.
The First Slam Dunk alterna la narrazione integrale della partita fra i licei Shōhoku e San’nō con flashback dedicati al passato di Ryōta Miyagi (il personaggio meno approfondito nel fumetto fra i cinque protagonisti) dall’infanzia fino al suo ingresso nella squadra di basket del liceo Shōhoku.
La partita si svolge esattamente come nel fumetto. Le due squadre si alternano continuamente ai punti, prima con larghi distacchi tenuti per periodi molto lunghi e poi con distacchi progressivamente sempre più piccoli e per periodi sempre più brevi, fino ad arrivare al finale della partita in cui le alternanze durano pochi secondi e con un solo punto di differenza, e il risultato viene deciso sul buzzer beater (punto segnato con la palla che entra nel canestro dopo il suono della sirena di fine partita, ma che aveva lasciato la mano del giocatore prima del suono e dunque è considerato valido).
Il flashback di Ryōta invece è parzialmente basato sull’episodio autoconclusivo Piercing e in parte su nuovi materiali originali. Nelle interviste sul volume re:Source, Ino’ue specifica chiaramente che Piercing non fu concepito volontariamente come un episodio prequel di Slam Dunk, ma che nulla vieta di considerarlo tale dati i forti collegamenti (a partire dai nomi dei protagonisti): in pratica, è una sorta di divertissement, di fanfiction di Ino’ue a sé stesso, una dōjinshi in pratica, e il lettore è libero di interpretare quella storia come canon o non-canon a sua scelta. Nel film The First Slam Dunk, Ino’ue ne recupera alcuni elementi, ne esclude altri e li integra con nuove idee.
La storia inizia nella Prefettura di Okinawa, nell’estremo sud del Giappone, dove la vedova Kaoru piange la morte del marito: la consolano il figlio maggiore Sōta, che le promette che diventerà «il nuovo capitano della squadra» (ovvero il nuovo capofamiglia), il secondo figlio Ryōta, e la figlia minore Anna. Anche i due figli maschi (che condividono lo stesso giorno di compleanno) sono appassionati di basket: il talentuoso Sōta insegna a Ryōta a giocare e lo porta con sé nella piccola grotta sugli scogli dove ha allestito un rifugio segreto e da cui sogna di diventare da grande un giocatore professionista. Un giorno Sōta sale su una barchetta con degli amici per andare a pesca: Ryōta vuole andare con lui, ma il fratello glielo vieta perché è pericoloso e lui è troppo piccolo, suscitando le sue ire. Sōta non tornerà mai più. Sconvolta dal secondo lutto in poco tempo, la madre decide di cambiare vita e lascia Okinawa coi due figli superstiti per trasferirsi nella Prefettura di Kanagawa dove Ryōta cresce taciturno e disinteressato alla vita. Alle medie Ryōta incontra Hisashi Mitsui, un teppista bravissimo a basket che gli ricorda il fratello, ma quando al liceo Shōhoku lo reincontra e viene da lui battuto e picchiato, Ryōta esaurisce ogni voglia di vivere e si lancia volontariamente in un incidente con lo scooter che lo lascia ferito a letto, nella disperazione della madre che teme di perdere un altro figlio. Un giorno Ryōta scappa a Okinawa e si rifugia nella grotta del fratello dove ritrova le sue vecchie riviste di basket, sulla copertina di una delle quali aveva scritto a pennarello “IO SCONFIGGERÒ IL FORTISSIMO SAN’NŌ!!!”: alla vista di quel ricordo così prezioso, Ryōta sente rifluire in lui la voglia di vivere e di esaudire il sogno di suo fratello, torna a casa, si riappacifica con Hisashi e insieme si iscrivono al club di basket del liceo guidato dal capitano Takenori Akagi. È il punto di partenza della strada verso la partita contro il San’nō, che si svolge proprio il giorno dopo il compleanno di Sōta e Ryōta.
To me, that’s cinema
Che cosa ha spinto milioni di persone ad alzarsi, vestirsi, uscire di casa, districarsi fra il traffico, raggiungere un cinema, pagare un biglietto salato (in Giappone il prezzo medio di un biglietto si aggira sui 15-20 euro) per vedere un film su una storia vecchia e risaputa? Ci sono molte risposte, la prima delle quali è certamente che Slam Dunk, a 27 anni dalla sua conclusione, è tuttora fra le opere più amate e più potenti in assoluto mai espresse dal fumetto giapponese tutto, dalle sue origini all’inizio del Novecento a oggi. Il talento con cui Takehiko Ino’ue riesce a narrare una storia composta quasi esclusivamente di avvenimenti irrilevanti come partite di basket fra ragazzini, e a portare queste partite a un livello di epicità degno delle battaglie omeriche, non ha eguali a nessun livello.
Se Ino’ue non ha certamente inventato lo spokon (il fumetto in cui il dramma umano del protagonista si unisce allo sport con funzione metaforica, come in Tommy la stella dei Giants, Jenny la tennista, Touch, eccetera), ha saputo comunque reinventarlo, depurandolo al massimo dalle sue componenti melodrammatiche per concentrare l’intera narrazione sul solo campo di gioco, ovvero ha saputo inventare un piacere per la lettura che ha il suo fine nello stesso piacere per la lettura, un fumetto per il fumetto, art for art’s sake. In Slam Dunk il fine della narrazione è la narrazione stessa, e non per forza gli eventi narrati, come prova chiaramente il finale tranchant del fumetto: una volta che Ino’ue aveva portato al massimo livello il suo linguaggio narrativo, non aveva più senso proseguire ulteriormente. La trama non è importante, è la narrazione il vero fulcro dell’opera.
Ecco dunque che per Ino’ue The First Slam Dunk trova la sua ragione di esistere proprio nel fatto che è realizzato con un’altra arte che non è il fumetto, ormai esauritosi nel suo potenziale creativo, bensì il cinema d’animazione.
In questo senso il lavoro assurdamente faticoso svolto dagli animatori sullo stile visivo del film su pressanti istruzioni di Ino’ue, testimoniato dal volume re:Source, trova giustificazione nel fatto che lo scopo di Ino’ue non era (soltanto) narrare una bella storia di rinascita personale “al leader che è dentro sé stessi”, o di “avanzare di un passo” (altro tema citato dall’autore come ispiratore per le vicende del flashback di Ryōta), ma anche e soprattutto narrarla in maniera tale che la narrazione stessa commuovesse e impressionasse il pubblico al di là di quel che viene narrato. Coi dovuti distinguo del caso, non sembra peregrino confrontare le intenzioni di Ino’ue con quelle di Alfred Hitchcock per Psyco, film in cui il regista britannico sperimentò consapevolmente tecniche cinematografiche tali per cui le emozioni non erano comunicate da cosa succedeva, ma da come succedeva: nella celeberrima scena della doccia, a sconvolgere lo spettatore non è l’omicidio in sé (ampiamente prevedibile), ma la giustapposizione di immagini e musica attraverso un montaggio che ha fatto la storia del cinema.
In The First Slam Dunk forse Ino’ue non ha le ambizioni di Hitchcock, però la sua cura maniacale e per l’animazione dimostra un non minor grado di attenzione. Di seguito alcune pagine del libro re:Source che testimoniano il processo creativo del regista.
N.B.: per evitare spoiler si sono scelte solo pagine dalla primissima parte del libro o riferite alla primissima parte del film, oppure riferibili solo a singole azioni sportive incomprensibili fuori contesto.
Filmare l’infilmabile
Tutta la narrazione del film è costruita allo scopo di generare un climax emotivo che trova il suo vertice estremo nella scena con gli ultimi secondi di gioco della partita fra lo Shōhoku e il San’nō. Chi ha letto il fumetto sa già cosa succede, ma non è importante saperlo o no perché, di nuovo, non è il cosa ma il come a sorprendere lo spettatore.
Fin dall’inizio del film Ino’ue alterna scene della partita con scene del flashback di Ryōta, ma questo continuo avanti e indietro nel tempo non serve a rendere la narrazione più drammatica (d’altronde la storia inizia già con plurimi eventi negativi), bensì a incalzare il ritmo: per l’ennesima volta, non è il cosa ma il come. Esattamente come la partita all’inizio ha tempi più lunghi, in cui una squadra è in vantaggio sull’altra per un tempo più lungo, anche nel flashback i tempi sono più estesi e i movimenti dei personaggi più lenti; col progredire della partita la velocità di movimento dei giocatori, e la velocità di movimento della macchina da presa aumentano come aumenta la velocità degli eventi nel flashback e la velocità fisica a cui si muovono i personaggi (Ryōta passa dal camminare a piedi all’andare in scooter). Questo progressivo premere sull’acceleratore ha un fortissimo effetto sullo spettatore, che progressivamente si abitua agli stacchi di montaggio sempre più rapidi e ai movimenti della cinepresa sempre più frenetici finché verso la fine del film ormai il suo cuore batte velocissimo come quello dei giocatori in campo.
Ma il culmine si ha negli ultimissimi secondi di gioco. Per un tempo impossibile da definire, che sembra lunghissimo anche se forse dura solo pochi minuti, Ino’ue elimina progressivamente tutti gli elementi cinematografici: nelle ultime, freneticissime azioni di gioco, gradualmente scompare prima il colore, poi le ombre, poi i bianchi e neri lasciando solo le linee, e al contempo scompare la musica, i suoni diegetici, le voci, tutto, restano solo le linee e il ticchettio dell’orologio, e poi nemmeno più quelli. L’effetto risultante è niente meno che clamoroso: lo spettatore viene così completamente risucchiato nella narrazione da non poter più nemmeno respirare o sbattere le palpebre, l’immersione nella narrazione è totalizzante, fisica, la conclusione della partita diventa in quel momento la cosa più importante del mondo, anzi l’unica cosa esistente al mondo, il mondo.
Veramente un’esperienza incredibile che solo la sala cinematografica può offrire, e che solo il cinema d’animazione può realizzare.
Nessuno vale quanto te
L’accompagnamento musicale di The First Slam Dunk è molto peculiare, a partire dal fatto che è inusualmente accreditato a ben sei autori in cinque ruoli diversi, che sono: direttore degli effetti sonori, esecutore degli effetti sonori, registratore degli effetti sonori, produttore musicale e compositori (Satoshi Takebe, collaboratore usuale di Gorō Miyazaki, e Takuma, cantante e chitarrista della rock band 10-FEET). In effetti durante la visione dei film la musica praticamente non si sente (forse è talmente ben fusa con le immagini che non si sente? è dimenticabile? non c’è affatto? Boh), mentre invece si sente, altroché se si sente benissimo e in continuazione il concerto per suole e parquet eseguito dai giocatori delle due squadre in campo, il che giustifica ben tre maestranze per realizzare e coordinare bene gli effetti sonori.
Ai suoni si aggiungono due virilissimi brani rock come sigle: all’inizio LOVE ROCKETS dei The Birthday…
… e alla fine Dai zero kan dei 10-FEET, entrambi gruppi di cui Ino’ue è fan e che ha scelto lui stesso.
Conclusione
Lucio Dalla, storico fan della pallacanestro e in particolare della squadra Virtus Bologna, una volta disse che «il basket, a differenza di altri sport, ogni venti secondi ti regala un’emozione»: la definizione sembra particolarmente felice perché si sposa meravigliosamente anche con The First Slam Dunk. Non è importante essere fan storici del fumetto o non averne mai saputo niente, saper giocare a basket o non saper fare manco tre palleggi in croce, apprezzare il cinema d’animazione o lasciarlo ai bambini (beh questo però è grave): se c’è un caso in cui si può usare un termine esagerato e quasi mai adatto come “miracolo” è questo, Takehiko Ino’ue ha letteralmente prodotto un miracolo. Per i suoi contenuti e personaggi The First Slam Dunk merita di essere visto e appassionare il pubblico di tutto il mondo, ma ancor di più per i suoi valori narrativi e tecnici incredibili merita davvero di essere considerato uno dei massimi vertici di cosa può fare il cinema d’animazione e che il cinema dal vivo non potrà fare mai, mai, mai.
All images are copyright to their respective owners and are protected under international copyright laws. No copyright infringement or commercial benefits intended. All pictures shown are for illustration purpose only. All rights reserved.
©I.T. PLANNING, INC. / ©2022 THE FIRST SLAM DUNK Film Partners
Adoro Slam Dunk, avevo visto la serie animata su MTV e ho recuperato il manga solo qualche anno fa, ed è stata un’esperienza meravigliosa. Bellissimo articolo, fantastiche le chicche provenienti dal volume The First Slam Dunk re:Source, brividi quando hai descritto l’evoluzione sempre più rapida delle parti del film fino al climax. Ho apprezzato molto l’elogio per le potenzialità del fumetto e dell’animazione, la forma e l’arte possono far provare all’animo delle esperienze straordinarie, proprio in senso letterale per il loro essere cose altre. Non vedo l’ora di vedere il film!
Grazie mille per il feedback! Quoto sul «cose altre»: verissimo, l’animazione in particolare credo abbia un potere immersivo imparagonabile con qualunque altra arte. Fiondati assolutamente al cinema quando esce il film: rileggendo l’articolo a mente fredda mi sono interrogato se non avessi spoilerizzato troppo le tecniche registiche di Ino’ue, ma no, la visione del film è comunque immensamente più ricca rispetto a quanto ho scritto. Davvero sorprendente.
Dato che citi la serie TV, approfitto per aggiungere una piccola info: la famigeratissima edizione italia di Slam Dunk, stracolma di parolacce, espressioni grevi, dialettismi e quant’altro, non sembra poi tanto male alla luce dell’ascolto di Slam Dunk in lingua originale. Fondamentalmente tutti i personaggi parlano come yakuza e non fanno altro che urlarsi a vicenda improperi orrendi e volgari. In pratica, anche se non sono nella posizione di approvare le scelte dell’adattatore italiano Nicola Bartolini Carrassi (lo stesso che curò alcune delle peggiori edizioni italiane di anime per Mediaset, ci abbiamo scritto un articolo su apposta), non mi sento nemmeno di condannarle interamente perché effettivamente anche in originale il linguaggio era molto quotidiano, diretto ed esplicito e lui ha provato a riproporlo, anche se a modo suo. In questo senso, l’adattamento della serie TV è paradossalmente più vicino al registro linguistico originale rispetto all’adattamento del fumetto, fin troppo corretto e pulitino.
Ieri ho visto il film e oggi ho riletto l’articolo. Non posso che concordare: il film è pazzesco, davvero meraviglioso! Le inquadrature, la dinamicità delle scene, il ritmo, i rumori nello stadio e le musiche riescono a riportare sullo schermo l’epicità della partita leggendaria tra Shōhoku e San’nō. Le ultime azioni poi sono davvero mozzafiato, tant’è che credevo di svenire in sala.
«Com’era il San’nō?»
«Faceva paura.»
Anche la storia inedita mi è piaciuta molto e in diverse parti mi ha commosso. In particolare, quel senso di andare avanti al di là del buio, che sia un lutto, una sconfitta, un fallimento. Continuare ad andare avanti per chi non c’è più, per chi c’è e soffre, per chi crede in noi e per noi stessi.
«Non abbandonare la speranza fino alla fine. Se ti arrendi, la partita finisce.»
L’unica critica che mi sento di fare è che il film sembra fatto per chi conosce bene il fumetto, infatti in alcuni momenti avrei apprezzato un po’ di caratterizzazione in più per alcuni personaggi, dato che è solo avendo a mente la storia che sono riuscito a riempire i vuoti e a godere appieno del film. Inoltre, penso che un po’ più di contesto per il match e un flashback lampo dedicato ai sacrifici dei 5 protagonisti e agli avversari affrontati in precedenza, avrebbero rafforzato l’aspetto emotivo del climax. Insomma, fatto 30 si poteva fare 31. Al di là di questo, avrei preferito una luminosità più calda all’interno del palazzetto, però questa è solo una mia preferenza.
Il film è eccezionale e merita davvero la visione al cinema.
Sono contentissimo ti sia piaciuto!
Sulle caratterizzazioni: non saprei, io non ho letto il fumetto e, per quanto alcuni personaggi nel film siano totalmente non approfonditi (ad esempio non sappiamo nulla di nulla di Akagi, Rukawa e Sakuragi), si intuisce che la caratterizzazione c’è eccome, solo che appunto è pregressa. Personalmente non mi è sembrata indispensabile per la visione del film, o per lo meno per me non è stata indispensabile e me lo sono goduto lo stesso. Capisco però che per alcuni questo sbilanciamento fra Miyagi e Mitsui, di cui ci viene mostrato il passato, e gli altri tre che invece sono degli sconosciuti può essere disturbante.
Che bell’articolo! Grazie.
Grazie a te per averlo letto.