Settimana Raffaello – Interviste agli autori
DF dedica una settimana di recensioni, approfondimenti e interviste a Raffallo Sanzio, fumettista ante litteram. Quinto e ultimo articolo: quattro domande a cinque autori su tre fumetti e un mito comune, quello dell’urbinate.
Anno Domini MMXX: nel cinquecentesimo anniversario della morte di Raffaello Sanzio, Dimensione Fumetto dedica tutti gli articoli di questa settimana al massimo artista urbinate, la cui influenza nella storia dell’arte occidentale è cosi forte ed estesa da essere arrivata fino al fumetto contemporaneo.
In questo quinto e ultimo articolo: incontriamo gli autori delle tre opere su Raffaello Sanzio presentate su queste pagine.
DF desidera ringraziare gli autori per la loro grande disponibilità.
Alessandro Bacchetta
Illustratore, fumettista, giornalista. Autore di Raffaello (Kleiner Flug, 2015).

Io, è vero, sono volgare… ma vi giuro che la mia musica non lo è.
(Peter Shaffer – Amadeus)
Qual è la tua opera preferita di Raffaello Sanzio, e perché?
Banalmente, la Scuola di Atene. A livello di contenuti mi piace l’unione ideale tra rinascimento e cultura greca, a celebrazione dell’umanesimo. A livello tecnico e compositivo è semplicemente l’opera che più di tutte, per me, si avvicina all’essenza di armonia e bellezza. La grazia delle tonalità ha qualcosa di innaturale.
Qual è il tuo rapporto con Raffaello Sanzio? Cosa ti ha spinto a dedicare un tuo fumetto proprio a questo personaggio così famoso e già raccontato innumerevoli volte?
Nel 2010 ho iniziato a vivere appieno la mia città, Città di Castello, cosa che non avevo fatto in precedenza per questioni di frequentazioni ed educazione scolastica. Ho sempre saputo che Raffaello aveva lavorato qui, ma non sapevo che questa città avesse rappresentato una fase così importante della sua vita. In un certo senso, è qui che Raffaello è diventato Raffaello. Tutti i giorni camminavo e visitavo zone in cui ha camminato e respirato Raffaello: per chi abita a Firenze o Roma è normale pensare a cose del genere (immagino), in una città di 40’000 abitanti molto meno. Per cui ho avuto il desiderio estremamente personale di parlarne. Non è iniziato come progetto per Kleiner Flug, ma come seguito ideale della mia graphic novel su Virginia Woolf. Adoro i Radiohead, ho sempre associato Una stanza tutta per tre – come atmosfera – a Hail to the Thief; rimanendo nel biografico, volevo che il suo seguito fosse qualcosa in stile In Rainbows. Più vitale e meno cupo, da un certo punto di vista anche più pop. Raffaello era perfetto (tra l’altro, solo più tardi ho scoperto che Virginia Woolf è morta il 28 marzo, giorno in cui è nato l’urbinate). Parlando del progetto con Alessio D’Uva, fondatore di Kleiner Flug (che ancora non esisteva), è venuta fuori questa bella collaborazione. Con l’unica richiesta di ampliare la storia a tutta la vita di Raffaello, di non limitarsi al periodo giovanile.
Che cosa può imparare il fumetto contemporaneo dall’arte del passato e, in particolare, da Raffaello?
Principalmente le virtù astratte di cui era ed è maestro, e cioè: grazia, buon gusto, armonia tra gli elementi della composizione. Non necessariamente qualità da condividere, ma da gustarsi: bisogna imparare a osservarlo. Spesso è talmente bello da poter apparire poco contrastato, invece bisogna ammirarne i dettagli, e capire come (diavolo!) sia possibile fare qualcosa di così puramente, essenzialmente “bello”. Come la musica di Mozart o, più superficialmente, il tennis di Federer. Ho parlato di cosa possa insegnare all’attualità, non necessariamente al mondo del fumetto, ma la risposta coinciderebbe.
Raffaello è noto non solo per le sue opere, ma anche e soprattutto come colui che ha forgiato il concetto stesso di artista in senso contemporaneo: non più un artigiano con garzoni, ma un intellettuale con eredi artistici. Pensi di essere stato influenzato nel tuo lavoro da altri venuti prima di te? E cosa vorresti lasciare ai tuoi eredi?
Chi nega di essere stato influenzato da qualcuno mente. Detto questo, nella vastità di autori che mi hanno influenzato, non saprei farti un elenco preciso e completo; lo percepisco, in generale (non solo per me) come qualcosa di caotico e magmatico, al quale via via puoi aggiungere sempre più ingredienti da gustare, mischiare, dosare. In un certo senso, ogni opera di un’artista è un distillato che unisce influenze e volontà di un determinato momento. Lo stesso Raffaello è mutato moltissimo nel tempo, i primi lavori non sembrano nemmeno suoi… come del resto, almeno a me, non sembrano suoi nemmeno gli ultimi, giganteschi affreschi, quelli dipinti principalmente dai suoi collaboratori. Alla parte sugli eredi non saprei cosa rispondere; mi pare anche un po’ arrogante pensare di averne. È comunque qualcosa al di fuori del mio controllo, e su cui, onestamente, mi interessa poco riflettere.
Bruno Enna
Sceneggiatore di fumetti. Sceneggiatore di Zio Paperone e la pietra dell’oltreblù (Topolino, Disney/Panini Comics, 2020).
Sono uno sceneggiatore di fumetti. Lavoro da circa 25 anni nel settore, scrivendo soprattutto per Disney (Panini) e Sergio Bonelli Editore. Ho scritto per molte testate Disney, tra cui PK, W.I.T.C.H., Monster Allergy, X-Mickey ecc. Ho sceneggiato per diverse serie a cartoni televisive (tra le quali Winx e Monster Allergy) e lavorato per la casa editrice francese Soleil. Attualmente scrivo soprattutto per Topolino e Dylan Dog.
(Bruno Enna)
Qual è la tua opera preferita di Raffaello Sanzio, e perché?
L’opera che più mi ha colpito di Raffaello è lo Sposalizio della Vergine. A scuola, quest’opera mi aprì gli occhi sulla grandezza dell’autore, poiché, messa a confronto con la pala del Perugino, rappresentava non solo il definitivo superamento del Maestro da parte dell’ormai ex allievo, ma anche il superamento di un certo tipo di canone artistico. Era come se fino a quel momento tutti avessero immaginato di poter volare e Raffaello avesse finalmente dato loro le ali.
Qual è il tuo rapporto con Raffaello Sanzio? Cosa ti ha spinto a dedicare un tuo fumetto proprio a questo personaggio così famoso e già raccontato innumerevoli volte?
Ho sempre amato Raffaello. O meglio, ho imparato ad amarlo all’Accademia di Belle Arti, studiandone le opere e scoprendone il genio, capace di fare proprie le lezioni di altri grandi del tempo (Leonardo, Michelangelo) e di andare oltre. La storia, invece, mi è stata esplicitamente richiesta da Alex Bertani (il direttore di Topolino), per celebrare i 500 anni dalla morte del Maestro. L’idea era di continuare a far vivere ai paperi delle avventure tutte italiane (in seguito a quelle pubblicate l’anno prima, dedicate invece a Leonardo da Vinci). In questo caso, mi sono divertito a proporre al lettore diversi flashback relativi alla vita di Raffaello, seguendo varie tappe della sua esistenza, legate alle botteghe da lui frequentate durante la sua breve e intensa vita.
Che cosa può imparare il fumetto contemporaneo dall’arte del passato e, in particolare, da Raffaello?
L’arte del presente è già fortemente influenzata da quella del passato, in modo più o meno consapevole. C’è poi, alla base del lavoro del fumettista, un’impostazione fortemente classica, da “bottega”. Si impara il mestiere dai più bravi, lo si applica sperimentando nuove tecniche (penso, per esempio, all’avvento del digitale e all’utilizzo sempre più massiccio e artistico che se ne fa) e si arriva a nuovi, esaltanti risultati.
Raffaello è noto non solo per le sue opere, ma anche e soprattutto come colui che ha forgiato il concetto stesso di artista in senso contemporaneo: non più un artigiano con garzoni, ma un intellettuale con eredi artistici. Pensi di essere stato influenzato nel tuo lavoro da altri venuti prima di te? E cosa vorresti lasciare ai tuoi eredi?
In quanto sceneggiatore, penso di essere stato influenzato da tantissimi autori venuti prima di me. I nomi sono talmente tanti che sarebbe impossibile citarli tutti (penso soprattutto a Barks, Goscinny, Scarpa, Pratt, Oesterheld, Sclavi), ma devo ammettere che anche parecchi autori venuti… dopo di me, sono diventati fonte di ispirazione. Uno sceneggiatore non smette mai di imparare e il talento si esprime in tutte le generazioni. Per migliorarsi, bisogna sempre guardarsi attorno e non smettere mai di essere curiosi. Ai miei eredi vorrei solamente lasciare le mie storie, sperando che possano ispirarli almeno un pochino.
Alessandro Perina
Fumettista e illustratore. Disegnatore di Zio Paperone e la pietra dell’oltreblù (Topolino, Disney/Panini Comics, 2020).

Mi sono diplomato in Pittura all’Accademia di Belle Arti di Brera nel 1986. Nel 1989 ho frequentato i primi corsi di fumetto e illustrazione presso la “Scuola Disney” di Giovan Battista Carpi.
(Alessandro Perina)
Qual è la tua opera preferita di Raffaello Sanzio, e perché?
La Scuola di Atene, per la complessa e corale composizione e per l’utilizzo di personaggi dell’epoca, tra gli altri Leonardo da Vinci e Michelangelo, nonché lo stesso autoritratto di Raffaello, per raffigurare i filosofi protagonisti dell’affresco.
Qual è il tuo rapporto con Raffaello Sanzio? Cosa ti ha spinto a dedicare un tuo fumetto proprio a questo personaggio così famoso e già raccontato innumerevoli volte?
Nel fumetto sono sempre stato attratto dalle parodie, perché , seppur in chiave umoristica, consentono di fare un viaggio nella storia, nell’arte, nella letteratura. Trovo interessante che i nostri personaggi abbiano la possibilità di incontrare mondi così lontani nel tempo e nello spazio, ed è senz’altro divertente farli interagire con personaggi del passato, credo sia un’ottima occasione di divulgazione della nostra cultura anche se in maniera ironica e apparentemente superficiale.
Che cosa può imparare il fumetto contemporaneo dall’arte del passato e, in particolare, da Raffaello?
Per realizzare storie di questo tipo è necessaria una fase di studio di luoghi, costumi, oggetti, materiali; questa accurata documentazione permette di immergersi nel periodo storico per potersi muovere con disinvoltura sul “set” del racconto. Mi piace pensare all’arte come gioco, e credo che nel dipingere o nel disegnare una storia a fumetti, ci sia lo stesso spirito giocoso, lo stesso intento di raccontare per immagini. Anche per questo prediligo le storie di ampio respiro, che si articolano in più episodi, come è accaduto con Raffaello/Paperello, perché permettono di sviluppare il racconto in maniera più articolata e completa.
Raffaello è noto non solo per le sue opere, ma anche e soprattutto come colui che ha forgiato il concetto stesso di artista in senso contemporaneo: non più un artigiano con garzoni, ma un intellettuale con eredi artistici. Pensi di essere stato influenzato nel tuo lavoro da altri venuti prima di te? E cosa vorresti lasciare ai tuoi eredi?
Mi piace la definizione di “intellettuale con eredi artistici”. Il mio lavoro di fumettista è iniziato circa trent’anni fa con un gruppo di 15/20 giovani disegnatori, oggi tutti affermati professionisti, sotto la guida del maestro Giovan Battista Carpi, una persona con molti interessi, che ci ha trasmesso sia la tecnica del fumetto e dell’illustrazione , ma soprattutto la curiosità intellettuale. Anche in seguito mi sono sempre confrontato col lavoro dei miei colleghi, non solo quelli più esperti e non solo Disney, cercando di fare tesoro delle soluzioni grafiche più innovative e interessanti, la composizione della tavola, la recitazione dei personaggi. Lo stesso Raffaello in uno dei suoi lavori giovanili, lo Sposalizio della Vergine, che ho potuto ammirare più volte nella Pinacoteca di Brera, ha preso ispirazione dall’opera del Perugino. Non ho la presunzione di insegnare il mestiere a nessuno, quello che mi sento di consigliare è di mantenere sempre viva la curiosità a 360°, non solo verso il fumetto, ma verso l’arte, il cinema, e tutto ciò che riguarda l’immagine, credo che sia fondamentale per una costante crescita professionale.
Chiara Stigliani
Restauratrice e conservatrice di opere d’arte, nello specifico arte contemporanea. Sceneggiatrice di Raffaello (BeccoGiallo, 2020).
«Non siamo personaggi, siamo storie […] Ci fermiamo all’idea di essere un personaggio impegnato in chissà quale avventura, anche semplicissima, ma quel che dovremmo capire è che noi siamo tutta la storia, non solo quel personaggio. Siamo il bosco dove cammina, il cattivo che lo frega, il casino che c’è attorno, tutta la gente che passa, il colore delle cose, i rumori».
(Alessandro Baricco – Mr Gwyn)
Qual è la tua opera preferita di Raffaello Sanzio, e perché?
Raffaello fu tra i primi a dedicarsi all’osservazione psicologica e allo studio delle fisionomie e della rappresentazione dei “moti dell’anima” per poi restituirli in pittura e in particolare nei ritratti, per questo trovo che il Ritratto di Giulio II sia un’opera modernissima e, a modo suo, assolutamente rivoluzionaria: Raffaello ci mostra l’aspetto più umano intimo e fragile del personaggio, e lo fa con estrema naturalezza.
Qual è il tuo rapporto con Raffaello Sanzio? Cosa ti ha spinto a dedicare un tuo fumetto proprio a questo personaggio così famoso e già raccontato innumerevoli volte?
La proposta di collaborare alla realizzazione di una biografia illustrata su Raffaello è arrivata da Ernesto Anderle con una semplice richiesta: focalizzare la nostra ricerca sull’uomo oltre che sull’artista o sul personaggio, insomma cercare un altro punto di vista, ed è proprio questo che ha catturato la mia attenzione. Mi sono chiesta cosa davvero sapessi di Raffaello oltre alle nozioni, a volte anche un po’ noiose, di storia dell’arte e quanto ancora ci fosse da “scoprire”, tra curiosità, aneddoti e piccole leggende. Questa per me è stata l’inizio di una nuova “avventura”, mi sono sempre occupata di arte, ma da tutt’altro punto di vista ovvero quello del restauro e della conservazione, sempre mossa da una grande passione per la storia dell’arte e con la voglia di trovare un modo diverso per raccontarla.
Che cosa può imparare il fumetto contemporaneo dall’arte del passato e, in particolare, da Raffaello?
Forse la sua più grande lezione è stata quella di non nascondere mai la sua ammirazione per i grandi artisti del suo tempo, anzi di celebrarla assorbendo le peculiarità che lo affascinavano per poi creare un linguaggio tutto suo, uno stile unico e riconoscibile, senza rinnegare mai le sue fonti.
Raffaello è noto non solo per le sue opere, ma anche e soprattutto come colui che ha forgiato il concetto stesso di artista in senso contemporaneo: non più un artigiano con garzoni, ma un intellettuale con eredi artistici. Pensi di essere stato influenzato nel tuo lavoro da altri venuti prima di te? E cosa vorresti lasciare ai tuoi eredi?
Ogni ricerca, ogni approfondimento è un’occasione imperdibile, e non sarebbe possibile se non ci fossero stati altri prima di noi, ma soprattutto è un invito ad andare oltre la superficie, tenendosi ben strette curiosità e una buona dose di immaginazione.
Ernesto Anderle
Illustratore. Disegnatore di Raffaello (BeccoGiallo, 2020).

È meglio fare e pentirsi che pentirsi di non aver fatto.
(La madre di Ernesto Anderle)
Qual è la tua opera preferita di Raffaello Sanzio, e perché?
Il ritratto della Fornarina, perché in quel dipinto c’è praticamente tutto Raffaello e la sua sensibilità.
Qual è il tuo rapporto con Raffaello Sanzio? Cosa ti ha spinto a dedicare un tuo fumetto proprio a questo personaggio così famoso e già raccontato innumerevoli volte?
In realtà è stato l’editore Federico Zaghis di BeccoGiallo a propormi di realizzare un libro dedicato a Raffaello, in occasione del cinquecentenario della morte del pittore. Essendo un amante del periodo storico artistico , che lo vede protagonista insieme a Leonardo e Michelangelo, ho accettato di buon grado. Tuttavia non ero un gran conoscitore di Raffaello e così, per i testi, mi sono affidato a una cara amica, Chiara Stigliani, esperta di storia dell’arte antica e contemporanea.
Che cosa può imparare il fumetto contemporaneo dall’arte del passato e, in particolare, da Raffaello?
Può imparare la qualità e la dedizione totale per l’arte e di conseguenza per la vita.
Raffaello è noto non solo per le sue opere, ma anche e soprattutto come colui che ha forgiato il concetto stesso di artista in senso contemporaneo: non più un artigiano con garzoni, ma un intellettuale con eredi artistici. Pensi di essere stato influenzato nel tuo lavoro da altri venuti prima di te? E cosa vorresti lasciare ai tuoi eredi?
Sì, è vero, Raffaello dava molta importanza al disegno, all’idea dell’artista più che all’opera compiuta che molto spesso veniva eseguita dai sui collaboratori. Io sono stato influenzato principalmente da tre pittori: Caravaggio, Egon Schiele e van Gogh. Non tanto per lo stile quanto per il modo di vedere l’arte e come sono stati in grado di sfruttarla per esprimere sé stessi. Ai miei eredi vorrei lasciare tanto colore e lo stimolo giusto per cambiare il mondo con gentilezza.
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