Rin di Harold Sakuishi – la semplicità dei classici
Dallo stesso creatore di Beck (ve lo ricordate?) Harold Sakuishi, arriva in Italia un nuovo manga che parla di gioventù, di volontà creatrice, di belle ragazze, di poteri sovrannaturali, di case editrici, di tanta roba divertente! Insomma, un manga che parla di manga!

Harold Sakuishi è l’autore di Beck, il fumetto di un decennio fa che, diventato un anime programmato dalla rimpianta Mtv, è diventato popolarissimo in Italia. In molti conoscono la serie, in meno hanno letto il manga, che non solo merita, e tanto, per qualità di sceneggiatura, ma che va ben oltre la storia adattata per la tv, quindi chi si è fermato a quella si è perso un sacco di divertimento.
Le opere di Sakuishi sono infatti molto divertenti: non perché ci sono gag esagerate o demenziali, ma perché l’umorismo dell’autore trapela con semplicità dalle vignette, attraverso una narrazione plasmata dalla sua personalità. Lo humor viene fuori dalla visione personale della vita (ad esempio i suoi protagonisti non sono mai baciati dalla fortuna, sono ragazzi dai ragionamenti “elementari” ma sinceri, istintivi e da qui nascono le situazioni ilari) unita ai temi che vengono affrontati, che di solito sono ben noti all’autore; insomma, il Nostro segue saggiamente il consiglio classico dei letterati: scrivi di ciò che conosci.
E Rin, questo titolo appena pubblicato da RW Goen, parla di qualcosa di estremamente quotidiano per lui, cioè di manga. Il protagonista Norito Fushimi, un liceale più o meno trasparente, vuole diventare un mangaka di successo. La ragazza più bella della classe un giorno si accorge della sua abilità nel disegno e quello che nasce tra di loro spinge il ragazzo a impegnarsi ancora di più, soprattutto dopo che il redattore della sua casa editrice del cuore ha brutalmente bocciato una sua opera. Parallelamente, Rin, una bellezza di periferia, riceve numerose offerte di diventare una idol, ma lei ha altri progetti… Una trama non esattamente originale, direte, non è forse simile a quella di Bakuman? Anche lì il protagonista vuole diventare un mangaka, la ragazza più bella della classe, che sogna di entrare nel mondo dello spettacolo, diventa la sua musa ispiratrice, dopo qualche avversità inizia a sfondare e bla bla, quindi niente di nuovo.
No, se pensate che sia la stessa cosa, state prendendo una cantonata micidiale!
La storia di un ragazzo che vuole diventare un disegnatore di fumetti si è già sentita, e ci credo, perché è la storia di tutti i mangaka di cui comprate i volumi! Questa non è davvero la copia dell’epopea di Muto Ashirogi (nome d’arte del duo protagonista di Bakuman, N.d.A) forte invece è il sospetto che sia la biografia dello stesso Sakuishi: Norito è davvero uno sfigato, ma dopo la stroncatura della sua opera decide di passare l’intera estate ad allenarsi nel disegno, mettendo il lucchetto (filo di ferro) al cellulare, senza uscire con gli amici (uno solo, più sfigato di lui), soffrendo (un unico messaggio ricevuto in tutto il periodo di isolamento) e sudando per poter realizzare il suo sogno. Senza neanche mezza strategia, disegnando quello che gli piace, cioè imitando il suo autore preferito, andando ad urlare sul tetto per dar sfogo alla sua, ehm, vis creativa. Ancora più forte è il sospetto che Sakuishi, mentre ha impostato questa storia, abbia tenuto ben presente Bakuman e abbia fatto di tutto per prendersene gioco. Infatti, a ben pensarci, situazioni ed elementi ricordano molto l’altro titolo, ma sono ribaltati! Ad esempio Rin, la fanciulla bellissima che dà il titolo, all’opera non ha nessuna intenzione di diventare famosa (né idol, né doppiatrice, insomma) anzi, non vorrebbe mai lasciare l’isola dove vive, ma è perseguitata da agenti e manager che la vogliono far debuttare, e, ancora peggio, ha una condizione davvero pesante da gestire, visto che è una medium capace di interagire con i morti. E questo è solo il primo volume, di cui non vi svelerò tutto, perché dovete assolutamente leggerlo.

Il divertimento e l’ironia non permeano solo la trama di Rin, ma si rivelano anche nello stile di disegno di Sakuishi, apparentemente molto pulito e solido (molto più sicuro e gradevole rispetto agli esordi) ma che ha i punti di forza espressivi negli occhi e nelle bocche: gigantesche queste ultime, enormi, pronte a deformarsi per esprimere i moti interiori. Tutto questo su anatomie e fondi estremamente realistici, plastici e familiari. Un contrasto che già di per sé dà una impronta inconfondibile all’opera e rivela la personalità dell’autore, che poi si riversa nella creazione dei personaggi, plasmati con pochi ed incisivi elementi, che emergono e si impongono con perentorietà. La storia sarà pur semplice, come in Beck (e c’è una simpatica autocitazione tra le pagine) si parla della strada verso il successo, contorta e difficile, dei fallimenti e le fatiche, ma è tutto così vivo e vero che essa entra subito in circolo nel lettore e resta nella memoria.
Come fanno i classici appunto, senza forzare le strutture tipiche, senza esagerazioni o colpi di scena improbabili, ma con equilibrio, semplicità e divertissement.