Quel gran pezzo dell’Ubalda – Io sono Shingo

Torna la rubrica di DF dedicata a una più approfondita analisi di quei fumetti che ci hanno particolarmente sconvolto: stavolta è il turno di Io sono Shingo di Kazuo Umezu.

Torna Quel gran pezzo dell’Ubalda, la rubrica di critica fumettistica dedicata all’analisi di singole pagine di straordinario valore: stavolta è il turno di Io sono Shingo di Kazuo Umezz, autore di culto in Giappone che sta finalmente arrivando anche in Italia.

I precedenti articoli di questa rubrica sono consultabili a questo link.


Il nostro sito ha parlato in diverse occasioni dello straordinario lavoro profuso da Kazuo Umezu (in arte Umezz) e di quanto sia uno dei più alti esponenti nella storia del manga. Evidentemente, se oggi siamo ancora qui a parlarne è perché non se ne è ancora detto abbastanza.

In effetti, Umezz è talmente tanto conosciuto e apprezzato in patria (anche da chi non si interessa ai fumetti) quanto poco considerato dalle case editrici estere. Il principale motivo di tale situazione è da ricondursi banalmente a fredde leggi di mercato che premiano lavori con un maggior ritorno economico. In sostanza, è più facile veder pubblicato all’estero l’ultimo lavoro di Akira Toriyama che uno di Shigeru Mizuki.

La situazione in Italia non è troppo lontana da questa fotografia, tuttavia se fino a qualche tempo fa mercati come Francia e Spagna erano parecchio avanti rispetto al nostro, oggi molte case editrici nostrane stanno guardando oltre l’orizzonte e diverse opere meritevoli sono arrivate anche da noi.

Fra queste spiccano senza dubbio quelle del nostro Umezz di cui al momento abbiamo disponibili tre titoli: Cat Eye Boy per la In Your Face Comix, Aula alla deriva dalla HikariIo sono Shingo per Star Comics.

Oggi ci occuperemo di esaminare una sequenza, particolarmente suggestiva, proprio di quest’ultimo manga pubblicato in Giappone dal 1982.

 

La Tokyo Tower

Chiunque sia stato almeno una volta in Giappone, raggiunta Tokyo, sicuramente avrà visitato uno dei più conosciuti e iconici monumenti della città: la Tokyo Tower.

Costruita nel 1958, con un’altezza complessiva di 333 metri è di fatto la seconda struttura artificiale più alta del Giappone e la ventitreesima più alta al mondo. Ha come funzione principale quella di supporto per un’antenna utilizzata nella trasmissione dalle maggiori televisioni giapponesi.

Da sempre simbolo della cultura pop giapponese, la Tokyo Tower è stata spesso rappresentata in pellicole cinematografiche come vero e proprio emblema di forza e tenacia del popolo (si pensi a quante volte Godzilla l’abbia buttata giù e di come lei la volta successiva fosse ancora lì).

Anche il maestro Umezz ha voluto omaggiare la torre tanto che, a cavallo fra i volumi 2 e 3 di Io sono Shingo, le dedica una lunga e dettagliatissima sequenza traboccante di pathos della quale andremo ad analizzare uno dei passaggi iniziali di particolare significato.

 

Diventare grandi

I protagonisti della storia sono Satoru e Marin, due bambini delle elementari innamorati l’un dell’altro. Il loro però è un amore travagliato, pertanto vogliono sugellarlo avendo un bambino (quanta innocenza!).

«Ma come si fa? Chiediamolo al computer!» gridano i nostri. Monroe, super-macchina da lavoro delle Industrie Yukata, interrogato sull’argomento, chiosa con un indizio del tutto inaspettato tanto dai protagonisti quando dal lettore che resta di sasso come i due bambini.

I bambini dopo un primo momento di tentennamento…

… deducono dai dati raccolti che per avere un figlio sarebbero dovuti salire sulla cima della Tokyo Tower a 333 metri di altezza e quindi buttarsi di sotto.

Dopo essere riusciti a intrufolarsi nella aree della torre riservate al personale, col sopraggiungere della notte cominciano la loro scalata…

 

La salita

In questo articolo soffermeremo la nostra attenzione sulla sequenza che segna l’inizio della scalata della torre. In una scena così relativamente breve (quattro tavole) Umezz riesce con grande maestria a trasferire nel lettore, attraverso più espedienti narrativi, la totalità delle sensazioni provate dai protagonisti della storia.

Ponendo le quattro tavole in parallelo, rubando un pò da quelli che possono essere gli strumenti usati più nella matematica applicata (che a pensarci si sposa molto bene col plot del manga in esame) che nell’arte, è possibile tracciare idealmente una linea che chiameremo “linea emozionale” (tracciata in rosso), la cui curva cresce tanto quanto un ipotetico valore matematico dato dalla somma di singoli “parametri”: più alta nelle tavole centrali (2 e 3) fino a raggiungerne lo zenith (Marin che scivola dalla scala: tavola 2, vignette 10, 11 e 12 e tavola 3, vignette 1, 2 e 3 tutte evidenziate in azzurro), più bassa nelle tavole iniziale e finale (1 e 4).

N.B.: la tavola 1 è la prima partendo da destra. Ricordiamo che il senso di lettura è da destra verso sinistra e dall’alto verso il basso.

Parametro sonoro

Il contenuto dei dialoghi passa da parole di speranza e reciproco incoraggiamento (“Andiamo!”, “Si!”)

tav. 1 vignetta 1
tav. 4 vignetta 3 e 4

a espressioni di sofferenza e grida (tavole 2 e 3) che non possono lasciare spazio ad altro per poi tornare, nell’ultima tavola, a rafforzare le aspettative del lettore con il coraggio e la tenacia dei protagonisti (“Andiamo vero?!”, “Certo!”).

Il numero dei baloon cresce tanto quanto la fitta rete ordita dalle vignette (tavole 2 e 3), contribuendo ulteriormente a sottolineare il senso di totale oppressione e paura dei protagonisti e con loro, del lettore!

 

Parametro spaziale

Dallo sguardo dei protagonisti, dall’interazione fra loro e con l’ambiente circostante, Umezz trasmette al lettore un bouquet emozionale convincente e allo stesso tempo funzionale al proseguimento della narrazione. È palpabile la complicità fra i due bambini dall’inquadratura delle loro mani che si stringono (tavola 1, vignetta 2); la paura di Marin che perdendo la presa scivola dalla scala è avvertita dal lettore tanto quanto i protagonisti (tavola 2, vignette 10, 11 e 12). Il coraggio, la tenacia e la forza di spirito di Satoru è perfettamente identificabile nelle vignette in cui spalanca la mano portandola in avanti e afferra il piolo in procinto di proseguire la scalata (tavola 4, vignette 6 e 7).

Le mani assolvono un ruolo fondamentale nella poetica di Umezz. Nel collage che proponiamo le gestualità assumono tre significati completamente diversi: complicità, paura, coraggio.

Infine, la rappresentazione a griglia fitta (tavole 2 e 3) che riprende il tema a scacchiera tanto usato da Umezz all’interno della storia, richiamando la visualizzazione in bitmap che il robot Monroe ha del mondo circostante, ci introduce al prossimo parametro…

 

Parametro temporale

Il lettore può solo immaginare il tempo trascorso durante lo svolgimento di una scena sfogliandone le tavole che la compongono. Anzi, sarebbe più appropriato dire che, attraverso la velocità con cui si passa da una vignetta a un altra, si determina il ritmo narrativo. Qui l’autore, sfruttando la grandezza delle vignette e contraendo la griglia man mano, scandisce esattamente il tempo “suggerendo” al lettore il giusto ritmo di lettura per far si che non si discosti da quello della storia. Il risultato è sconvolgente: Umezz riesce a fotografare con perizia chirurgica gli interminabili attimi della salita. 

Le vignette grandi (bordate in giallo) equivalgono a una dilatazione del tempo nella storia con sensazioni di coraggio che via via, con la rappresentazione sempre più fitta della griglia (bordo azzurro), si trasformano in ansia e disperazione per mezzo dell’uso di vignette piccole dal ritmo concitato e azioni serrate in un’atmosfera greve e paurosa, per poi tornare nell’ultima tavola (bordo giallo) a vignette maggiormente ampie sinomimo di un nuovo sentimento di speranza.

 

Il potere della narrazione sequenziale

Chi l’avrebbe mai detto che in sole quattro tavole e una manciata di vignette, si celasse una vera e propria “parabola di vita” (obiettivo iniziale, problema/soluzione, nuova speranza) dove avremmo potuto assistere alla trasformazione psicologica dei protagonisti e alla presa di coscienza verso il traguardo da raggiungere, in una metafora del tutto veritiera e verosimile sul raggiungimento dell’età adulta.

Grazie Umezz!

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