Pinocchio, il colore della notte – Lo sguardo della Fata dai capelli turchini

Come ha vissuto la storia raccontata da Carlo “Collodi” Lorenzini la bambina con i capelli turchini? Prova a raccontarlo e a disegnarlo Elia Mazzantini in questo volume.

Forse ti confondi col turchese
che è il colore del mare sotto un cielo sereno.
Il turchino… è più cupo.

Un’opera non del tutto tradizionale, questa Pinocchio, il colore della notte di Elia Mazzantini, che dà una lettura originale all’opera di Collodi a 140 anni dalla prima uscita in volume.

E che può dare l’occasione di rileggere il romanzo originale, come è capitato a me, per capire quanto ci fosse di nuovo e originale.

Il punto di vista qui è quello della Fata dai capelli turchini, il “colore della notte” del titolo è proprio quel blu scuro rappresentato dal turchino. E che a lungo nel volume è nero.

Abbiamo negli occhi e nel cuore tante rappresentazioni di Pinocchio. Spesso, come accade nel nostro mondo che tanto peso dà all’immagine, togliendone sempre più alla parola scritta, quella del cartone animato della Disney, è forse la prima ad arrivare. Recentemente Guillermo Del Toro ci ha dato la sua personalissima versione. E per gli appassionati di manga, ci sono le due di Tezuka, una fedele che però prende le mosse da quella disneyana e una reinterpretata e trasformata in Astro Boy, burattino del futuro

Anche per Pinocchio, come per tante altre fiabe, spesso quella che conosciamo in questo periodo storico è una versione edulcorata di molti dei contenuti oscuri originali, che non di rado trattano di morte e di altri aspetti meno luminosi dell’animo umano.

Infatti, ad esempio, la Fata non è una principessa Disney, né uno spirito lieto come spesso viene rappresentata nelle trasposizioni cinematografiche e televisive più famose in Italia.

Mazzantini traspone le parole di Collodi in un percorso certamente più dark, recupera la Fata come elemento di formazione e collegata alla morte, insieme ai personaggi collodiani forse meno noti e più oscuri, fra cui l’Omino di burro, ovvero il cocchiere del carro che porta i ragazzi nel Paese dei balocchi, o i conigli neri che portano le bare.

E utilizza le ombre dei personaggi (come d’altra parte faceva Collodi).

Attraverso questi occhi racconta, in modo fedele a quanto scritto nel libro originale nelle parti che incrociano la trama della fiaba, cosa succede alla Fata, aggiungendo le parti che la Fata vive in parallelo con la storia di Pinocchio, che servono a dare continuità, ma mantenendo la coerenza con le parti originali. E danno un colore più turchino alla storia, più notturno, più cupo. Fino alla conclusione dopo la trasformazione di Pinocchio in bambino.

Un esempio per tutti: l’origine del pesce-cane e la sua natura (che non sveliamo).

In effetti dal libro di Collodi apprendiamo informazioni sulla Fata solo nelle scene in cui è effettivamente presente, ciò che succede quando lei non c’è non viene mai chiarito. Mazzantini invece dà in questo volume una visione decentrata della trama, del tutto originale, anche per una storia come quella di Pinocchio che è stata raccontata attraverso la grafica centinaia di volte.

Tantissime sono infatti le versioni illustrate del libro, fin da quella originale. Fra le più recenti quella di Lorenzo Mattotti, che ha lavorato anche con Enzo D’Alò per la sua versione animata.

Ma spesso queste versioni dedicate a un pubblico più giovane perdono quasi del tutto il carattere di romanzo di formazione, e l’oscurità che spesso intride le fiabe. E che invece qui viene espansa, anche rispetto all’opera originaria. Perché tutto diventa un sogno, o anzi un incubo, tra morte e vita, tra giorno e notte.

Mazzantini tiene conto di tutto, a partire dalle illustrazioni dell’opera del 1883, del suo quasi omonimo Mazzanti, fino ai tanti medium che l’hanno interpretata, compreso quello operistico, che si cita all’inizio nella canzone della Fata e si riprende altre volte all’interno del libro. Ma poi si impegna a darne una versione originale.

La lettura non è facile. Le figure sono tutte più cupe, spesso sovrastate dalle loro ombre. Anche i passaggi narrativi e psicologici non sono sempre immediati.

Il carattere irriverente e malandrino del burattino invece non si perde. Nelle scene in cui è presente, ritroviamo il Pinocchio che conosciamo, quello che alla fine cede alle tentazioni. Sono invece gli altri personaggi ad avere uno spessore diverso, soprattutto quelli cupi e negativi.

Per questo richiede al lettore, anche a quello più attento, una serie di passaggi successivi. E in questo caso la grafica contribuisce a rendere le cose forse anche meno evidenti.

Non sempre, al primo approccio, è chiaro quando si sta nella realtà fisica, nel sogno, o quando nella coscienza della Fata. Né quando queste si toccano o si passa da un luogo all’altro. Tanta oscurità, tante ombre, una notte che sembra appiccicarsi e non lasciare nessuno spazio alla possibilità di un ritorno della luce.

Si può tornare dalla morte? Ci si può liberare dalla prigionia della notte?

Forse può bastare un respiro… per colorare quello che, fino a quel momento, era solo in bianco e nero.

Come in Pietrarsa, la nell’precedente opera di Mazzantini di cui abbiamo già parlato, il taglio grafico strizza l’occhio al manga: per il bianco e nero, per le espressioni dei personaggi e gli occhioni grandi, per le onomatopee che fanno parte del disegno e non vi sono sovrapposte. Alcuni passaggi fanno pensare a Kentarō Miura o a Junji Itō.

Ma ci sono delle belle somiglianze con altre opere, ad esempio Untamed di Upata (Elisa Turrin), ma anche il sequel a fumetti di Edward mani di forbice con i disegni di Drew Rausch.

In tutti i momenti, la grafica è a servizio del racconto e dello stato d’animo dei personaggi.

Oltre al bianco e nero, inquadrature, scelte della gabbia, tratteggi e tutte le caratteristiche grafiche servono a guidare il lettore nell’animo della Fata.

Le splash page sono abbastanza frequenti, alcune volte anche su due pagine, o su pagine consecutive quando serve, paradossalmente quando il ritmo deve farsi incalzante e far montare la tensione, perché spesso le immagini più grandi sono quelle più angoscianti.

L’alternanza del prevalere di bianco o nero, la struttura delle pagine, la forma dei balloon, le onomatopee: tutti gli elementi grafici concorrono a sviluppare il percorso che Pinocchio e la Fata fanno dalla prima all’ultima pagina.

Le parti graficamente più regolari corrispondono invece per lo più ai passaggi comuni con la storia di Collodi, in cui il ritmo si rilassa, l’angoscia un po’ si scioglie e ci sono anche momenti divertenti come quando Pinocchio “perde” la pelle d’asino.

Un lavoro certo non facile. Una lettura a sua volta strutturata e che richiede anche al lettore un forte coinvolgimento emotivo. Un’interpretazione di un classico che può essere, in questo mondo così oppresso da oscurità e morte, una luce di speranza.

Perché può bastare poco per sciogliere l’illusione che tutto sia buio. Anche solo una farfalla, o un respiro, per passare dal turchino al turchese. E avere così un nuovo inizio…


Elia Mazzantini
Pinocchio, il colore della notte
Kleiner Flug, 2023
176 pagg., b/n e colore, brossura, 21×28,5 cm, €24.00
ISBN: 978-88-9606481-8

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