La Generazione, storia di una famiglia

Erano settimane che non rimanevo a casa, le ultime le ho trascorse, da pendolare, tra Macerata e Ascoli Piceno.
Non ero nemmeno tanto in forma, ma c’era un bel sole e mi sono forzato ad uscire; ho fatto una bella passeggiata per il centro e sono entrato in libreria, ovviamente settore fumetti. Mi sono messo a studiare i vari volumi, su uno mi sono soffermato, l’ho sfogliato, ho letto la sinossi e mi sono convinto a comprarlo: il mio auto regalo di Natale è stato La Generazione di Flavia Biondi.

imageEdito dalla Bao, questo volume fa parte della collana “Le città viste dall’alto”, una raccolta di storie che non potrebbero succedere altrove, ma potrebbero succedere a te.

Il protagonista della storia è Matteo, un ragazzo poco più che ventenne che torna nel suo paese toscano, dopo aver vissuto tre anni a Milano, portando con sé un grande peso, quello di essere tornato perdente: lui stesso si considera un fallito, non ha più l’amore, non ha un lavoro, col suo babbo non parla dalla partenza e l’unico posto pronto ad accoglierlo è casa di sua nonna, un’abitazione un po’ affollata che vede, oltre all’ultranovantenne ormai sulla sedia a rotelle, tre zie A, B e C (casualmente le iniziali dei loro nomi) e sua cugina Sara. Matteo era fuggito da una vita che pensava gli stesse troppo stretta, ma scoprirà presto che quella vita da cui era fuggito sarà il motivo che lo farà crescere e maturare, scoprirà che a tendergli la mano in un momento di bisogno può essere qualcuno a cui non pensava, scoprirà che suo padre non ha mai smesso di amarlo nonostante la sua omosessualità e scoprirà che i frutti, quando sono maturi, si staccano, ma che l’albero continua a crescere.

Una storia semplice, lineare, ben scritta, nella quale può essere facile rivedersi: in fondo le famiglie sono tutte simili, hanno pregi, hanno difetti, è facile trovare la zia burbera, quella buffa, la zia più pacata; è facile trovare una nonna che dietro un viso segnato dal tempo, e lo sguardo severo, nasconde l’affetto per i suoi figli; è facile anche trovare l’amore, quello tra Sara e l’infermiere “cowboy” Francesco, e quello tra il biondo Matteo e il moro e barbuto milanese Massimo; per certi versi una storia alla Özpetek, in cui il fulcro del racconto è spesso la famiglia, quella bella e calorosa, quella italiana.

Ben disegnata con un tratto pulito, essenziale, ma al tempo stesso fresco e comunicativo, la penna di Flavia Biondi trova un buon mix tra lo stile shojo dei manga e quello delle graphic novel italiane.

Un volume che vi trascinerà nella sua lettura dalla prima all’ultima pagina, vi farà ridere e vi farà anche versare qualche lacrima, alla riscoperta dei valori e dei sentimenti umani.

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