La Bambina Filosofica “No Future” – Una recensione perplessa
“La bambina filosofica No Future” è un fumetto impossibile da recensire. Ecco, l’ho detto.
Qualche anno fa diedi un compito in classe in cui si richiedeva agli alunni di parlare della “Nascita di Roma”. Uno dei peggiori soggetti mai visti e conosciuti passò tutta l’ora a scrivere fitto fitto, con mia grande sorpresa. Quando mi accinsi alla correzione, mi accorsi che aveva scritto un papiro documentato, consapevole, persino critico, sulla “Nascita della Roma”.

Questo evento mi mise in crisi profonda. Quel compito era una appassionante disanima della fondazione della Roma Calcio e lo lessi tutto d’un fiato. In un certo senso quel compito mi ha arricchito culturalmente. D’altra parte la richiesta era ben altra e ogni bravo insegnante valuta anche l’aderenza alla traccia.
Ecco, con il libro della Vinci mi trovo nello stesso identico stato d’animo.
Quando mi fu proposta la recensione m’immaginavo di dover leggere le strip di una sorta di Mafalda italiana. Il mio arrugginito cervello s’era messo a sbuffare e cigolare alla ricerca delle categorie di giudizio adatte per recensire delle strip a fumetti; ho addirittura perso qualche mezz’ora nell’ultima settimana ad allenarmi rileggendo strip della suddetta Mafalda e comprando l’ultimo Linus, giusto per farmi la bocca.
Non è servito a niente, perché la Bambina Filosofica con le strip non c’azzecca niente.
Il libro può essere suddiviso come segue:
- Circa 200 pagine starebbero bene davanti alla cassa di una libreria. Avete presente quei libri di arguzie e citazioni che i librai piazzano davanti alle casse, luogo tradizionalmente dedicato all’acquisto d’impulso? Quei libri dove, in ogni pagina, vengono riportate brevi frasi pungenti? Ecco, proprio quelle. La Bambina Filosofica ci delizia con queste frasette decontestualizzate, in parte originali, in parte citate. Wow. 200 pagine. Materiale come questo sarebbe stato benissimo su cartoline, diari scolastici, segnalibri; e forse l’intenzione originale era proprio questa. Fatto sta che sono in un libro. E non ci fanno grande figura.
- Un altro centinaio di pagine si dedica a stranezze che mi ricordano molto settimanali della mia infanzia come Più o Slurp. Maschere da ritagliare, biglietti d’auguri per malattie dermatologiche, oroscopi, rivisitazioni di quadri e copertine di dischi famosi. Ancora una volta la sensazione che questo materiale fosse dedicato a tutto tranne che a un libro si fa forte. E la cosa peggiore è che, mentre su un libro non ci sta per niente bene, non possiamo negare che questa Bambina Filosofica un suo fascino ce l’ha. Potrebbe diventare un buon brand per il merchandising.
- Infine, proprio al termine di questa lunga odissea, la Vinci ci piazza due storie che parodizzano classici della fantascienza e creano anche personaggi di contorno. Qui il mio affannoso petto di recensore può prendere respiro e spargere morbidi e rassicuranti giudizi. L’autrice è brava, conosce tutti i trucchi del mestiere; le potenzialità del personaggio, così abilmente offuscate nelle prime pagine, irrompono nella storia e ce la rendono simpatica e familiare.
Che voto mettere, infine, a questo libro? Difficile a dirsi. Per rendere giustizia alla Vinci, però, possiamo riportare le parole dell’ultima pagina:
“Non ci sono giustificazioni! E non c’è nessuna spiegazione da dare! Se non quella di destabilizzare il lettore, il libraio, il distributore, il tipografo, l’editore— e l’autrice!”
E il recensore, aggiungiamo noi. Che però non si scoraggia e dice: la Bambina Filosofica è un personaggio con delle potenzialità, ma certe cose vanno fatte con criterio. Fossi la Vinci, ne farei dei meme per internet, poi delle magliette, delle tazze, dei diari scolastici. Pubblicherei brevi storie su un blog, magari, o in appendice a qualche rivista. Può diventare davvero un marchio di successo.
Ma i libri; beh, quelli, a mio parere, vanno lasciati per quando si ha intenzione di raccontare una storia.