Khame grathe, Varliedàrto! I primi tre anni di Dragonero
Compie i suoi primi tre anni la serie regolare di Dragonero, l’uccisore di draghi bonelliano, scout imperiale in un mondo tipicamente fantasy.

Nell’anno in cui i lettori bonelliani celebrano le nozze d’argento con Nathan Never, di cui ricordo le splendide pubblicità degli esordi, e di cui il nostro sito ha parlato qualche giorno fa, questo mese c’è un’altra piccola ricorrenza: i tre anni della serie Dragonero, in edicola con il numero 36, Le lame nere. In Italia un classico fumetto fantasy, con draghi, orchi, elfi, pubblicato in serie e su larga scala, non esisteva. Dopo il romanzo di apertura, pubblicato nove anni fa, e più recentemente edito in versione completamente a colori e cartonata, nel giugno 2013 ha esordito la serie.
In realtà, la creatura di Luca Enoch e Stefano Vietti mi ha interessato fin dall’inizio (anche se mi sono perso la versione originale del romanzo, ahimè…) e ho atteso la sua uscita: mi incuriosiva molto un fumetto italiano con un intero mondo, delle lingue, il background tipico dei mondi fantasy da Il Signore degli Anelli in poi.
In effetti in Dragonero si mescolano in modo accattivante le caratteristiche dei mondi fantasy che hanno maggiormente segnato le generazioni dei lettori e dei giocatori di ruolo degli anni ’80-’90 e seguenti. I detrattori del genere hanno sottolineato immediatamente una presunta “poca fantasia” nella serie, una considerazione che mi trova in completo disaccordo. È vero: è possibile trovare nelle storie di Vietti ed Enoch dei debiti nei confronti di Tolkien, come ad esempio la molteplicità delle razze, e nelle ambientazioni di diversi Giochi di Ruolo. Di uno di questi, Warhammer, che ho lungamente frequentato negli anni di università, ho ritrovato l’Impero, la caotica dimensione parallela e anche una certa iconografia e simbolismo. Anche il più recente A Song of Ice and Fire, più noto in Italia come il Trono di Spade, può far pensare alla geografia dell’Erondar.

D’altra parte non mancano aspetti interessanti del fumetto Bonelli: l’episodicità delle storie inserita nella serialità (che qualcuno bravo chiamerebbe continuity), con un contesto che si svela numero dopo numero, in cui ciascun episodio lascia spesso più domande rispetto alle risposte che fornisce. Così il lettore aspetta sempre che qualche nodo venga al pettine, trovandosi però in trasparenza altre trame non risolte…
La struttura, anche dei personaggi, ha dei punti di contatto con i personaggi più noti. Come Tex, il nostro Varliedàrto rappresenta la legge, ma ha le mani libere (è nell’esercito imperiale, ma come scout, e non più come ufficiale) e si fa accompagnare dai suoi pard, che coniugano le caratteristiche personali con la razza cui appartengono; come Nathan Never ha un’onta nel passato che ha lavato, ma lo perseguita; come Dylan Dog ha una specie di quinto senso e mezzo e un passato che preferisce tenere nascosto.
Queste influenze, o ispirazioni, comunque, non hanno assolutamente portato a un appiattimento della serie sugli stereotipi del fantasy.
In questi tre anni, partendo dal mix descritto, che era una splendida base di partenza, il personaggio è cresciuto, come in realtà spesso accade ai protagonisti dei fumetti. I personaggi, infatti, come ama dire Giancarlo Berardi, acquistano una vita propria ed evolvono, spesso malgrado le idee iniziali del loro creatore. Qui mi sembra di poter dire lo stesso non solo di Ian Aranill, ma anche del mondo che lo circonda. Esso infatti assume non solo una geografia sempre più definita, ma ha una crescente connotazione politica e sociale. La trama infatti si è arricchita dei sotterfugi e dei giochi di potere nella capitale dell’Impero e tra le famiglie che controllano i territori al suo interno e vicino ai confini. Il mondo si è allargato, portandoci a conoscere sempre nuove creature e razze, e mostrando come gli uomini si sono adattati ad ogni ambiente e rapportati con ognuna di queste.
Il fumetto quindi si è finora rivelato godibile, numero dopo numero, e, pur mantenendo gli stilemi del prodotto bonelliano e quelli del fantasy, è interessante ed originale. Anzi, mi sembra di poter dire che sta andando in crescendo. Partendo dalle tessere iniziali, dalle intuizioni del romanzo, dalle influenze e dalle ispirazioni, è diventato un mosaico, nel quale sembra progressivamente trapelare un disegno, che si arricchisce di elementi vecchi e nuovi. Il passato remoto e recente dei protagonisti si incrocia con nuove situazioni e personaggi, grazie anche all’ambientazione che asseconda tutte le fantasie degli autori.
Aspettiamo quindi di vedere come andranno avanti le trame già fitte, quali nuove avventure aspettano Ian, Gmor, Sera, Myrva, Alben e tutti i comprimari incontrati finora.
Nel frattempo, dal punto di vista editoriale Dragonero ha già incontrato qualche “pezzo da novanta” bonelliano, ha già due speciali, un Magazine e sono stati pubblicati anche due romanzi “canonici” (ovvero senza disegni): La maledizione di Thule e Il risveglio del potente.
Infine, al di fuori dei prodotti strettamente cartacei, la Wyrd ha dato origine a un Gioco di Ruolo e la RAI sta producendo una serie a cartoni animati.
Khame Adverte!