John Buscema, l’uomo che odiava i fumetti

Una riflessione sulle occasioni perdute, che passa attraverso un supereroe di nome Kirby, il pensiero di un Michelangelo, e un grosso supercriminale vestito da scimmia

Togliamoci subito un dente: 29_kirby_scificenterspreadJack Kirby è stato il Re. Le sue tavole hanno definito i canoni della fantascienza a fumetti in secula seculorum.

Gli sviolinamenti al Re sono molteplici e sacrosanti. I tributi alla sua inventiva sciamano sugli scaffali delle fumetterie; i suoi fumetti ristampati continuamente. L’umanità è indegna della sua manifestazione cristologica e noi tutti ci umiliamo con la faccia sotto i suoi piedi, e può anche alzarsi.

Chiaro?

Epperò è nostra piccola impressione che non si farebbe un briciolo di male se si pubblicasse un tributo in meno a Kirby ed uno in più ad un autore che, senza alcun dubbio e a un livello diverso, a Kirby non aveva proprio niente da invidiare.

non siamo degni...
Crom!

John Buscema, detto senza torto “il Michelangelo dei fumetti”, ha disegnato tanto, ha disegnato bene, ha disegnato tutti. Anche se la sua storia è legata indissolubilmente a quella della Marvel, non credo ci sia disegnatore americano che non risenta in qualche modo della sua influenza.

Magari un giorno potremo parlare delle sue qualità al tavolo da disegno, ma in questo articolo affrontiamo un lato quantomeno curioso della sua storia e del suo carattere.

Per farlo dovremo partire da un Expocartoon di venti anni fa. Mi aggiravo per gli stand, era un venerdì ozioso e c’era poca gente. Improvvisamente l’altoparlante annuncia che allo stand Comic Art è disponibile John Buscema.

Guardacaso io ero davanti allo stand di Comic Art, e guardacaso quel signore rotondo e canuto era John Buscema. Rubai un foglio A4 ad un passante e mi piazzai davanti a Michelangelo.

“Cosa vuoi?” mi chiese con la penna in mano.

“Un disegno”.

“Chi?”

“Your favourite” dissi. Il tuo preferito.

“Non preferisco nessuno” disse. “Non mi piacciono i supereroi”.

ma io preferisco te
…ma a me piacciono i tuoi disegni!

Alla fine mi ha abbozzato un Silver Surfer. Solo la testa, a dire il vero, ma chi se ne frega. Oltre a quella testolina, mi rimase una sensazione di amarezza, come quando ti accorgi che la ragazza con cui sei appena stato a letto non si è divertita quanto ti sei divertito tu.

Questa amarezza me la sono portata negli anni, e oggi, che esiste Internet, ho potuto approfondire questo apparentemente strano paradosso.

Come si può essere uno dei tre o quattro più grandi disegnatori di supereroi della storia e non amarli?

 

Della storica importanza di Man-Ape

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L’ultima intervista a John Buscema fu pubblicata dal suo amico e collaboratore Roy Thomas: i due lavorarono assieme per decenni su serie come Conan e Avengers. L’intervista viene dalla fanzine di Thomas, Alter Ego: esattamente il numero 13 del Marzo 2002, poco dopo la scomparsa di Buscema.

Scrive Thomas:

«Per preparare John a parlare al telefono, gli ho spedito molte fotocopie dei nostri numeri di Avengers. Quando l’ho chiamato, ha espresso stupore che mi fossi preoccupato di conservare tanti fumetti. A quel punto ho acceso il registratore.

Thomas: Ti meravigli che io li abbia conservati?

Buscema: Beh, Roy, io non sono un fan dei comics.

Thomas: Sul serio! [risate]

Buscema: Per quanto mi riguarda, potessi non vederne mai più uno! L’unica cosa che ho conservato sono un paio di albi di Conan su cui  abbiamo lavorato, e questo è tutto. Mi sono sbarazzato di tutto il resto. Uno dei motivi, che col tempo mi ha irritato, è che altra gente avesse inchiostrato le mie cose, e che non è stata opera mia. Non riesco nemmeno a guardarle. Quelli che ho inchiostrato io, sì, quelli li tengo. Non ho interesse per niente che riguardi i supereroi. Solo i Conan.»

Per il resto dell’intervista, Thomas essenzialmente cerca di parlare con Buscema degli Avengers, ma questi non fa altro che dire che non si ricorda niente, ha cancellato letteralmente dalla memoria qualsiasi cosa che abbia a che fare con la serie. Non ricorda di aver creato personaggi di primo piano come il Green Reaper; non si ricorda della guerra Kree-Skrull, una delle saghe più incensate di quegli anni. Poi, inaspettatamente, si ricorda di Man-Ape, criminale di secondo piano ideato graficamente da lui. Se lo ricorda perché« mi piace disegnare animali e mi divertivo molto».

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Analogamente ricorda di Red Wolf… perché c’era il lupo.

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Non certo due personaggi rimasti negli annali dei fumetti!

2- Il Michelangelo dei fumetti, ovvero come imparai ad amare i supereroi e a odiarli subito dopo

In un’altra intervista (su “The Jack Kirby Collector” 18 del Gennaio 1998) Buscema ricorda di come il primo fumetto che gli capitò sotto mano fu un numero di Superman, che lo fece impazzire («it blew my mind»). Se non che, continua, smise di leggerli intorno ai 14 anni. Allora passò ad amare altri generi, e a osservare il lavoro di gente del calibro di Hal Foster

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Burne Hogart e Alex Raymond. Il suo desiderio era quello di diventare un pittore, ma a quel tempo nessuno poteva camparci (e manco oggi, diremmo noi!).

Il primo lavoro nei comics lo trova leggendo un annuncio. È il 1944, la Timely Comics di Martin Goodman produce fumetti thriller e western scritti da Stan Lee. Lì Buscema incontra gente come Gene Colan, Syd Shores e Carl Burgos: disegna, ed è l’unico contento quando Goodman licenzia tutti e riassume come freelancer. È contento di lavorare a casa e stare con la famiglia. Disegna, con l’idea di tirarsi fuori da questo mestiere il prima possibile: gli ci vorranno 48 anni prima di riuscirci!

A proposito di Kirby, Buscema dice che «Kirby ci viveva dentro, li respirava, erano la sua vita. Tutto quello che faceva aveva a che fare coi fumetti. Non faceva che pensare alle trame e ai personaggi». A lui, invece, servivano solo per far soldi, campare la famiglia e pagarsi il mutuo.

Anni dopo, quando la Timely divenne la Marvel, Buscema tornò ai comics. Si mise a copiare letteralmente lo stile di Kirby, finché non ebbe la sua occasione con Silver Surfer 4. In quel numero decise di provare un approccio del tutto differente e personale. Pare che Stan Lee l’avesse convocato subito dopo nel suo ufficio, strappando letteralmente le pagine del fumetto davanti ai suoi occhi e dicendogli che facevano schifo… salvo poi stampare tutto così com’era.

Nella stessa intervista, Buscema parla di come collaborasse con Stan Lee nella scrittura, e di come amasse gli inchiostri di suo fratello Sal, di Frank Giacoia e soprattutto di Tom Palmer.

Sembrano due persone diverse. Possibile che in quattro anni il buon vecchio John cambiasse opinione così repentinamente e drasticamente?

3- Riappacificarsi con un genio

In un’altra intervista Buscema dice: «vorrei vedere i fumetti diventare più realistici. Mi piacerebbe leggere delle vite di artisti famosi e penso che sarebbe bello vedere l’adattamento a fumetti della vita di, che so, Van Gogh. Credo che mi piacerebbe leggere anche qualche romanzo adattato a fumetti».

Buscema non ha mai fatto mistero, insomma, di non amare il genere supereroistico. I suoi lavori migliori d’altra parte sono sempre stati quelli di ambientazione fantasy (basti guardare i suoi Conan, recentemente ristampati dalla Panini).

Riflettendoci a mente fredda, mi rendo conto di essere stato vittima, per anni, del grande inganno del bullpen: l’idea cioè che quella dei fumetti non sia una grande industria, ma un magico mondo di Paul dove tutti sono amici e tutti dividono le stesse passioni. Dove autori, editor, presidenti, peoni, magazzinieri e distributori potrebbero incontrarsi ogni giorno attorno a un tavolo a discutere con passione se sia meglio Mary Jane o Gwen, se sia più forte Hulk o la Cosa. Il mio risveglio da quel sogno un po’ infantile cominciò il giorno in cui incontrai John Buscema all’Expocartoon.

Sul blog di Peter David si legge un epitaffio per Buscema. David afferma che non è possibile che non amasse i supereroi: ne è testimonianza la bravura e la passione che traspaiono da ogni tavola da lui disegnata. Ci spiace dover constatare che David si sbagliava. Buscema avrebbe preferito un milione di volte disegnare una serie di cento numeri con protagonista Man Ape piuttosto che aver ideato graficamente un personaggio famoso come la Visione. Questo vorrà pur dire qualcosa.

A mio parere, vuol dire che giunge un momento della vita in cui bisogna crescere. Che il fatto che case editrici milionarie continuino a pubblicare centinaia di serie di supereroi al mese non sia un bene per il fumetto. Che viene un momento della vita in cui bisogna passare oltre.

Oggi più che mai questo è possibile, grazie a case editrici come la Image. Peccato che questo non sia stato possibile trent’anni fa: magari avremmo letto una serie scritta, disegnata ed inchiostrata interamente dal Michelangelo dei fumetti, John Buscema, e con protagonista Man Ape.

2 thoughts on “John Buscema, l’uomo che odiava i fumetti

  1. Interessantissimo e ben scritto, tratteggia la complessa figura di Buscema… Non concordo però con la conclusione: si cresce e nonostante le varie difficoltà della vita, si continuano ad amare anche i supereroi, chi più chi meno, con un po’ di ironia, perché no…

    1. anche io, più o meno, la penso così. Però credo che il concetto che si voleva esprimere non era quello di “non amare più i supereroi” quanto di poter andare oltre. Altri generi, altre possibilità sia noi come lettori che gli autori stessi. Recentemente ho letto un’intervista a Fraction che diceva praticamente la stessa cosa. Coi supereroi mi diverto ma voglio fare anche altro. A Buscema è stata negata, in parte, quest’opportunità.

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