Intervista a Liliana Sorrentino (prima parte)
Dimensione Fumetto ed EVA IMPACT presentano una lunga e appassionante intervista in due parti alla doppiatrice Liliana Sorrentino, che da 40 anni prende parte a ruoli e titoli iconici come Ritsuko Akagi di Evangelion.
Il Japan Day 2018, organizzato da Animanga Italia e che ha avuto luogo sabato 27 gennaio a Torino, è stato dedicato ai 40 anni dello sbarco nel nostro paese di UFO Robot Grendizer, da noi conosciuto come UFO Robot Goldrake.
L’ospite d’onore è stata la grandissima Liliana Sorrentino, attrice, doppiatrice, direttrice del doppiaggio, che ha donato la propria voce a innumerevoli personaggi, tra cui Pollon in C’era una volta… Pollon, Joanie Cunningham in Happy Days, Maria Grace Fleed in Goldrake, Sayaka Yumi in Mazinga Z e Ritsuko Akagi in Evangelion.
L’Associazione Culturale EVA IMPACT, che ha collaborato all’organizzazione dell’evento e ha contribuito con un intervento dedicato alle influenze di Go Nagai su Hideaki Anno ed Evangelion, ha conferito a Liliana Sorrentino il titolo di “Amica di EVA IMPACT” per aver donato voce e anima alla figura drammatica della dottoressa Ritsuko Akagi di Evangelion, interpretandola con passione e professionalità, e ha avuto l’onore di fare una lunga chiacchierata con una delle voci protagoniste del doppiaggio italiano.
Vi presentiamo l’intervista, a cura di Ilaria Azzurra Caiazza, Mario Pasqualini e Filippo Petrucci, foto scattate da Paolo Cavazza, in un doppio articolo: la prima parte, pubblicata qui su Dimensione Fumetto, è incentrata sulla carriera di doppiatrice di Liliana Sorrentino; la seconda parte, pubblicata su Distopia Evangelion, è dedicata al doppiaggio del personaggio di Ritsuko Akagi in tutto il franchise di Evangelion.
Ilaria Azzurra Caiazza: Buongiorno, Liliana! Grazie per essere qui con noi e per concederci questa intervista. Partiamo con la più classica delle domande: come è iniziata la tua carriera da doppiatrice?
Liliana Sorrentino: La mia carriera è iniziata seguendo mio fratello Claudio, che già faceva questo lavoro; io chiedevo sempre a mia madre di portarmi al cinema perché per me la sala di doppiaggio era come il cinema, gli somigliava, solo che non c’erano le poltrone.
Per un film serviva un pianto di bambina e dissero a mia mamma: «Visto che c’è Liliana, lo facciamo fare a lei?»
Io avevo 4 anni ed ero piccola: ero in braccio a mia madre e quando mi dicevano di piangere io ridevo. Poi mi hanno tolto dalle braccia di mia madre e ho cominciato a piangere come una disperata… «Incidi! Incidi! Incidi!» e così è nata la mia carriera.
Ilaria: Quest’aneddoto è bellissimo, grazie per avercelo raccontato! Nella tua lunga carriera hai doppiato, fra gli altri, le piccole Gretel von Trapp di Tutti insieme appassionatamente, Jane Banks di Mary Poppins, Fiorellino di Fiorellino giramondo, Pollon di C’era una volta… Pollon, Heather Locklear di Melrose Place e Ritsuko Akagi di Neon Genesis Evangelion, che sono tutti personaggi dai capelli biondi: è un caso o vieni scelta dai direttori di doppiaggio per affinità tricotica?
Liliana: Assolutamente no, anche perché adesso sono bionda, ma c’è stato un momento della mia vita in cui ero birichina con il colore dei capelli ed ero una volta bionda, una volta nera, una volta rossa, una volta mechata… Perché? Perché mi divertiva molto cambiare e anche perché quando facevo teatro spesso e volentieri mi facevano cambiare colore. I doppiaggi delle attrici e dei personaggi animati che hai nominato sono nati sempre ed esclusivamente da una scelta vocale e anche dal fatto che ho sempre avuto questa facilità nel cambiare la voce, sia per poter fare le voci più mature che per le voci molto di testa o con un certo tipo di caratterizzazione. Ammetto che molte volte mi hanno chiesto, visto che ora sono bionda: «Le hai doppiate tutte bionde? Perché?»
Ilaria: Come è cambiato il doppiaggio da quando eri bambina agli anni ’90 e fino a ora? Quali sono secondo te grandi pregi e difetti di questi tre periodi?
Liliana: In passato si faceva un doppiaggio molto più selettivo, molto più curato; c’era molto più tempo per lavorare e c’era un parterre di voci che non abbiamo più, da Peppino Rinaldi a Pino Locchi a Rita Savagnone e chi più ne ha più ne metta: erano dei grandissimi doppiatori.
Oggi si corre. Io vado al cinema perché amo andarci cinema e non faccio attenzione al doppiaggio perché divento spettatrice e non mi interessa il lavoro in quel momento; in ogni caso, ahimè, noto che non c’è più -o quantomeno c’è poco- un doppiaggio fatto con il cuore e con l’anima, perché purtroppo bisogna correre, c’è poco tempo. Prima un film si doppiava in due settimane se non tre, adesso in quattro giorni, cinque giorni: il doppiaggio è cambiato anche in questo.
Inoltre un tempo non si facevamo mai le colonne separate, adesso si lavora ognuno per conto proprio e questo è bruttissimo perché ti trovi a lavorare spiazzato, non sai sempre quello che devi fare o dire perché non sai se l’ha già fatto il tuo collega o la tua collega. In questo devo dire che non amo molto il doppiaggio di adesso, anche se, quando si ha più tempo, si riescono ancora a fare delle cose buone.
Ilaria: Forse viene anche meno il senso di lavoro in gruppo.
Liliana: Sì, prima si era una grande famiglia, si stava tutti insieme e ci si conosceva tutti; anche adesso ci conosciamo e siamo una grande famiglia, però il doppiaggio è diventato un lavoro da “singolo”. Al giorno d’oggi siamo anche diventati tanti, proprio tanti… Prima si era in pochi e c’erano poche società di doppiaggio, mentre adesso ci sono un numero improbabile di doppiatori e di società. Prima ci si conosceva e si cresceva insieme, adesso c’è molta rivalità, è diventato molto più asettico, ecco.
Ilaria: A uno sguardo superficiale il doppiatore sembra lavorare da solo e in completa autonomia, ma in realtà non è così. Puoi parlarci del lavoro di doppiaggio in funzione del rapporto tra doppiatore e direttore del doppiaggio?
Liliana: Il lavoro di doppiaggio è sempre basato sulla collaborazione tra il direttore e il doppiatore; uno dei compiti del direttore è proprio quello di armonizzare tutto il lavoro, in quanto ha visto tutto il film, conosce tutta la trama e ha scelto tutte le voci: la sinergia tra il doppiatore e il direttore è sicuramente uno degli ingredienti indispensabili per un buon doppiaggio.
Ilaria: C’è molta differenza tra il doppiaggio di un personaggio animato e quello di un personaggio in carne e ossa? Quale preferisci tra le due possibilità?
Liliana: Io preferisco decisamente gli umani, anche perché è un doppiaggio più facile. Anche il personaggio animato alla fine ti diverte; io mi diverto perché ne invento la voce, perché invento una risata, perché invento una qualsiasi espressione, però è molto più faticoso perché purtroppo non ci sono movimenti labiali veri. È quasi sempre un battito continuo e lì subentra anche il discorso dell’adattamento: se non c’è un buon adattamento non puoi fare molto, come del resto anche quando doppi gli umani… Se c’è un cattivo adattamento ti puoi fare viola, gialla e verde dallo sforzo, ma si riesce a fare poco.
Ilaria: Quali differenze ci sono fra doppiare e dirigere un doppiaggio?
Liliana: Mi piace ancora tanto fare la doppiatrice, stare davanti al leggio, però mi piace anche occuparmi della direzione perché mi dà la possibilità di far sì che diventi un’orchestra: io scelgo le voci, le sento, dico: «Sì, lui sta bene con questa voce…»
È come uno spartito musicale, no?
Ilaria: Ci deve essere armonia.
Liliana: Sì, ci deve essere armonia. E questo mi piace molto, moltissimo.
Ilaria: Hai partecipato a titoli iconici come pure a tante piccole produzioni: quali ruoli ricordi con particolare affetto e quali con antipatia?
Liliana: I miei personaggi mi sono quasi sempre piaciuti, vuoi per un motivo o per un altro: perché mi piaceva l’attrice che doppiavo o perché mi piaceva il film o perché c’era una sfida nel doppiare quel particolare personaggio. Mi divertirebbe molto farlo, ma non ho mai doppiato tanti film di vampiri per un motivo ben preciso: io chiudo gli occhi se vedo delle scene che mi danno fastidio, ma con gli occhi chiusi non si può doppiare; bisognerebbe andare in cuffia, ma non si può fare.
Ho sempre avuto questo problema: «Ti odio, però ti amo perché ti vorrei doppiare».
Ilaria: È arrivata una domanda in questo momento da Roma, in tempo reale: il nostro socio Massimo ci chiede se è vero che durante il doppiaggio di Bia, la sfida della magia tu e Cinzia De Carolis vi siete scambiate i ruoli per fare uno scherzo al direttore del doppiaggio…
Liliana: È vero, è verissimo: quando eravamo più giovani io e Cinzia avevamo una vocalità abbastanza simile, ma eravamo identiche -e lo siamo tuttora- quando ridiamo, abbiamo lo stesso modo di ridere. Eravamo davanti al leggio a dire sempre «Bia, Bia…», a un certo punto eravamo entrambe stufe e Cinzia disse: «Facciamo qualcosa, facciamo qualcosa!» e ci siamo scambiate le battute!
Abbiamo provato i nostri personaggi e quando ci hanno chiesto se eravamo pronte abbiamo risposto: «Sì, sì, incidiamo! Incidiamo!» e abbiamo letto ognuna le battute dell’altra. Abbiamo chiesto all’assistente se andasse bene ottenendo risposta positiva e il direttore disse: «C’è qualcosa che non sono riuscito a capire, però… Sì, sì, va bene, va bene».
Poi la risentimmo e noi: «Ma no, guarda che va benissimo! È perfetta! È perfetta!».
In realtà, io e Cinzia l’abbiamo fatto più di una volta!
Ilaria: Ah, ecco!
Liliana: Una volta sola l’abbiamo fatta franca, altrimenti sarebbe stata un po’ critica come situazione. Però è vero!
Ilaria: Bello anche questo aneddoto! Per quanto riguarda la tua voce, riesci a modularla e a cambiarla notevolmente tra un personaggio e l’altro, ma come ti prepari al doppiaggio?
Liliana: Tutte le mattine, prima di andare a lavorare, io ho da sempre un’abitudine: incomincio a scaldare la voce, faccio degli esercizi leggendo o parlando a voce alta, poi con la voce più bassa… Il lavoro per il personaggio che vado a doppiare è molto all’impronta; l’unica cosa che curo, ma non a livello maniacale, è lavorare molto con la mia voce. Negli anni ho cambiato la mia vocalità, io ero molto più leggera, avevo una voce molto più giovanile, non per età ma proprio per emissione vocale. Poi ci ho lavorato su, ho scaldato e ho fatto più matura la mia voce, però se voglio faccio ancora le voci giovanili e di testa. Ogni volta faccio solo questo, ecco: scaldo la voce, la preparo e poi quando vado in sala fa tutto da sola.
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