Il suono del mondo a memoria – Uno, due, tre, quattro
Start spreading the news, I’m leaving today. I’m gonna be a part of it, New York New York.
Ecco come vi sentirete, dopo avere letto l’utima fatica di Giacomo “Keison” Bevilacqua: “Il suono del mondo a memoria”.
Uno
Giacomo Bevilacqua per me è il miglior fumettista tra le “nuove leve” (ma anche alcune vecchie) che abbiamo in circolazione al momento. Non si possono usare altri giri di parole, altre espressioni. Quello che viene spontaneo dopo avere letto alcuni dei suoi lavori è niente altro che questa lapidaria sentenza. E Giacomo è un fumettista nel senso più puro della parola (non me ne vogliano gli altri nobilissimi appartenenti alla categoria), perché si scrive le storie e se le disegna, addirittura nella sua ultima fatica se le colora, anche se questo lo ha costretto a “rimettersi a studiare”, come lui stesso ammette.
In tutti i suoi lavori (e ne parlerò ancora su Dimensione Fumetto) è possibile trovare una profondità che è difficile riscontrare in altri autori. Ogni suo volume richiede almeno due letture, per poterne apprendere appieno il significato, per poterselo gustare e goderne pienamente. Bisogna sedersi, perdere due/tre ore del proprio tempo, e immergersi nella lettura di quello che scrive, per non perdere il flusso della storia, per non perdere la visione di tutto ciò che viene raccontato. Come quando si ascoltano i vecchi vinili, non ci si può alzare dalla poltrona fino a che la puntina non sta gracchiando sul solco, oramai vuoto, del disco.
Due
Il suono del mondo a memoria, edito da Bao Publishing, è l’ ultima fatica dell’autore romano; 192 pagine che ti prendono e non ti lasciano più andare, che ti rapiscono nella loro narrazione, nella loro descrizione e che a ogni rilettura diventano sempre più belle da vedere.
La storia, rigorosamente spoiler-free, è quella di Sam, giornalista mandato a New York per scrivere un articolo. Il problema è che l’articolo deve trattare come sia vivere per due mesi a New York senza parlare con nessuno. Un’impresa apparentemente semplice, che Sam sa di poter portare a termine. Ma ovviamente non tutto va come ci si aspetta. E con le cose non previste Sam potrebbe scriverci un libro. Da questo punto in poi è impossibile dare qualche informazione in più sulla trama senza rovinare l’esperienza di poterla leggere.
Il protagonista però non è solo, è costantemente accompagnato da un silenzioso e onnipresente comprimario: New York.
Mai in altri fumetti (salvo forse Sin City di Miller) la città ha avuto un ruolo così importante nella narrazione degli eventi; ogni elemento di questa metropoli sembra avere vita propria: i suoi cittadini, i suoi paesaggi, le sue peculiarità. Spesso è lo stesso Sam che ci lascia qualche nota, come se fosse a fondo pagina, su quello che sta osservando, sul suo punto di vista della città; in altri casi ci sono semplicemente delle immagini stupende, che ti colpiscono all’improvviso, proprio nei momenti in cui ci si estrania dall’ambiente attorno alla storia. Ora, io non sono mai stato a New York, ma nel vedere i disegni di Giacomo mi sono sentito davvero dentro la città, e adesso sento una necessità estrema di andarci.
Tre
Questa non è la prima opera da solista di Bevilacqua, già con A Panda piace l’avventura o l’ottimo Metamorphosis, il fumettista romano aveva scritto e disegnato delle storie a tutto tondo, senza l’ausilio di sceneggiatori esterni, dimostrando quanto la sua maturità artistica fosse cresciuta rispetto ai tempi dell’editoriale Eura, per cui aveva illustrato un numero della terza stagione di John Doe.
Con questa opera decide di superarsi ulteriormente, aggiungendo la fase di colorazione del fumetto, a cui si avvicinava da “inesperto”, e con la quale ha decisamente raggiunto degli ottimi risultati. In particolare nelle scene in cui si vede New York nella sua interezza, nei suoi momenti quotidiani, c’è una riproduzione dei colori e delle luci quasi maniacale. Anzi, mi correggo. C’è una riproduzione dei colori e delle luci che dimostra il massimo amore dell’autore per questa città. Bevilacqua pochi mesi fa, relativamente a una puntata di Fumettology di Rai2 , dichiarava su Facebook : «Ho fatto vedere il processo di colorazione di una tavola. Alla 200esima finestra che coloravo credo che l’operatore volesse spararsi in bocca». A questo punto non fatico a crederlo, data l’attenzione posta nel colorare ogni singola tavola.
Il colore viene usato non solo per dare vita alle scene cittadine, ma anche per dare un ritmo specifico alla lettura e per mettere in evidenza le parti salienti della storia. Non mancano infatti dei momenti in cui i colori o sono poco presenti o si predilige il semplice bianco e nero; questi momenti sono spesso caratterizzati da un utilizzo della gabbia non convenzionale, anche con un’unica vignetta che va ad occupare un’intera pagina bianca. In questi frangenti il lettore è spinto a fermarsi e ad esaminare quell’unico elemento, esattamente come accade a Sam, che nello stesso istante osserva, si stupisce e vive qualcosa di irripetibile.
Una messa in scena funzionale alla storia, ma anche alla lettura, con vignette che non hanno un netto segno di separazione con il bianco della pagina; semplicemente si interrompono, e noi siamo costretti a seguirne il flusso o nella vignetta o nella pagina successiva.
Il tratto di Giacomo è molto pulito e va fatto un plauso all’espressività che viene data ai singoli personaggi, secondo me sempre molto realistica e mai caricaturale.
Quattro
La storia di Sam non è quella che ci si potrebbe aspettare. Io ne sono rimasto rapito e, proprio quando pensavo di aver capito tutto, spiazzato. In alcuni momenti mi sono quasi commosso, in altri ho riso di gusto. Fidatevi quando vi dico che non è facile riuscire a veicolare tutte queste sensazioni tramite una “semplice” storia a fumetti. Anche qui è impossibile aggiungere dettagli senza trattarne in parte lo svolgimento, quindi preferisco fermarmi e lasciare a voi la scoperta.
Io, appena conclusa la prima lettura, ho chiuso il volume e mi sono fermato un secondo a riflettere su ciò che avevo appena visto, come se avessi appena finito di degustare un ottimo vino. Poi ho riaperto il volume, sono tornato alla prima pagina, e ho riletto tutto una seconda volta. Ci sono davvero tanti livelli su cui soffermarsi per comprendere a 360 gradi l’ultima fatica di Giacomo, e sarebbe davvero un peccato perdersene alcuni a causa di una lettura superficiale o frettolosa.
Come ho già scritto sopra, è evidente l’amore spassionato di Bevilacqua per la città di New York; un amore che non è quello del semplice turista, ma quello di una persona che ci ha vissuto per un tempo significativo, al punto di coglierne le tante sfaccettature. Si nota un che di autobiografico nella narrazione, che ti fa capire quanto possa essere importante questo libro per il suo autore, quanto egli stesso si sia messo in gioco, e questo non può che aumentarne il valore intrinseco.
P.S. Il fumetto, se comprato da Feltrinelli, è disponibile anche in una variant edition, con la copertina che potete ammirare qui al lato.