Il Maestri dell’Orrore – Frankenstein, una recensione resuscitata

Non c’è niente di peggio di un fumetto che si oppone ad ogni tentativo di stroncarlo. Assistete allo scacco del recensore, che deve arrendersi di fronte all’evidenza di una scaltra trasposizione a fumetti!

Maestri Orrore - Frankenstein C1

È opinione comune che trasporre un’opera da un medium ad un altro sia un lavoro difficilissimo. Vero, finché non si pensa a quanto sia infinitamente più difficile scriverne la recensione.

Innanzitutto il malcapitato recensore deve conoscere molto bene l’opera originale, il che non è scontato (può anche leggerne il riassunto su Wikipedia, ma non sarebbe professionale).

Poi bisogna dire cose sensate, il che non è mai facile per principio, ma lo è ancor meno quando devi decidere se ti è piaciuta o meno la trasposizione.

Cioè, ok, il romanzo originale di Frankenstein, se prescindiamo dallo stile vittoriano ottocentesco che può o meno demolire i maroni, è molto bello. Ed è bello perché, sempre prescindendo dallo stile che è quello che è, ha dei livelli di lettura che il 90% degli autori di romanzi dell’epoca se li sogna. Ne ha tanti e tanto profondi che al grande pubblico non ne è mai arrivato manco uno. Tipico. Il Grande Pubblico è quello che pensa che la creatura si chiami Frankenstein, parli scemo e abbia il 56 di scarpa (tranne quelli che hanno visto il film di Branagh, cioè tre).

Quindi ci chiederemo, scampandola, nell’ordine:

1- I livelli di lettura li hanno colti?

2- Hanno scelto quelli più importanti?

3- Li hanno resi efficacemente utilizzando gli strumenti che il fumetto ti mette a disposizione?

 

Vi anticipo la risposta, così non state in ansia: sì, no e decisamente sì.

1- Politica e mostri

M’è saltata un po’ addosso la paura all’inizio, quando ho letto il nome della collana: i maestri dell’orrore.Frankenstein p 57

Eh sì, perché già scegliere di mettere Frankenstein in una collana dell’orrore è fare una scelta politica. Perché, diciamocelo, il libro non è un libro dell’orrore. È più che altro una tragedia moderna costellata di cadaveri.

L’orrore è un orrore tutto filosofico. Non è dato dal volto del mostro o dalle sue azioni criminose, come vogliono farci credere. Non è un orrore di sangue, piuttosto un orrore morale: per quello che il dottore fa in rappresentanza di quello che l’uomo può fare; per come si comporta con la sua creatura, in rappresentanza di come l’uomo si comporta con le sue creature.

Per fortuna Gualtieri fa un po’ come quelli che fondano i partiti chiamandoli “Partito delle libertà” o “Casa delle democrazie” e poi si comportano come tiranni liberticidi. Ti apparecchia tutto l’apparato sbrilluccicante (o, in questo caso, sanguinolento) ma poi condisce il piatto con spezie rare.

Quindi: sì, hanno colto i livelli di lettura.

 

2- Dei danni fatti dalla professoressa di italiano del liceo

Frankenstein p 62Come vedremo dopo, testo e disegni vengono utilizzati per dare la giusta enfasi alla poetica del figlio deforme, alla labilità del confine tra bene e male, alla critica verso la scienza e la tecnica senza etica. Tutti temi ben presenti nel romanzo: ma che, a mio parere, non bastano a restituircene la completezza.

D’altra parte, è utile fare un distinguo: la completezza di ogni romanzo è data dalla somma del libro + lettore. L’impressione è che manchi l’impronta personale dello scrittore, la sua visione del romanzo. Ha compiuto una analisi quasi perfetta, ma sarebbe stata perfetta se ne avessimo letta anche una rielaborazione. Se solo avesse tralasciato qualcosa! Allora avremmo potuto credere di aver compiuto una scelta stilistica. Un po’ come, al compito in classe di italiano su D’Annunzio, hai paura di scrivere che il suo stile pomposo ti fa cagare. Magari eviti un 4, ma il tuo tema sarebbe stato ricordato in secula seculorum da tutti i tuoi compagni di classe.

Quindi: no, i temi ci sono tutti, e tutti proprio per benino. Grazie, ma ci ero già arrivato da solo.

 

3- Dei recensori con la puzza sotto al naso

Ora che ci siamo tolti il sassolino radical-chic dalla scarpa, però, possiamo dire senza remora che l’albo, come trasposizione, è veramente efficace. E non tanto per la rappresentazione iconografica (imperfetta, ma chissene) o l’aderenza alla trama, ma proprio per come usa i mezzi del medium fumetto e li mette a disposizione dei temi del libro, chiarificandoli, iconicizzandoli.

Prendete questa vignetta, che ci mostra il risveglio del Mostro:

Immagine

Con una sola vignetta, e solo con il disegno, Gualtieri e de Stena ci esplicano in maniera cristallina il tema del libro. La posa del mostro riprende questa:

 

Crazione 90x50x2cm

Il mostro tende la sua mano, ma non incontra un Dio benevolo; al suo posto, il creatore si ritrae, disgustato.

L’uomo al posto di Dio, l’aberrazione come effetto del suo lavoro; la pena e la sofferenza del figlio, la crudeltà del padre. Solo il fumetto può riuscire in questo: mostrare tanto senza dirlo.

Ecco perché questa è una trasposizione riuscita.

Aggiungo un secondo particolare, se non bastasse.

Immagine

Non è sicuramente un caso che gli occhi del mostro siano profondamente umani, tratteggiati con realismo. Di nuovo, il fumetto fa quello che il libro non può: questo modo per disegnare gli occhi, mostrandoci la sua interiorità, il suo essere, forse, più umano del suo creatore, ricorrerà in altri momenti topici del racconto.

 

Ecco, a mio dispetto, quindi, non posso che dire: chapeau.

Perché, in fondo, chi sa usare il fumetto in questo modo, per me, può anche dire che D’Annunzio gli piace.

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