Giacomo e l’infinito, l’infinito Leopardi

 

Copertina di "Giacomo Leopardi - L'infinito" di Giorgio Martone e Giovanna La Pietra.La graphic novel edita da Nicola Pesce Editore e dedicata a Giacomo Leopardi è una lodevole opera nata nel programma Per chi crea della SIAE,  in collaborazione con il MiBACT, con il chiaro e ammirevole scopo di portare il lettore indietro nel tempo, nella vita del poeta e filosofo marchigiano.

Giacomo Leopardi: L’infinito si propone infatti fin da subito come uno sguardo diretto nella vita intima e famigliare di Leopardi, quando ancora cercava di tagliare i lacci che lo legavano alla sua Recanati e sognava e aspirava a nuovi orizzonti.

Il racconto inizia infatti così, in medias res, con il lettore che guarda con gli occhi di Giacomo quel panorama che egli poteva ammirare giornalmente sulle campagne marchigiane, strette tra montagne e mare eppure così ariose e accecanti. La cinepresa poi si sposta, in una carrellata quasi manzoniana, dal vasto verso il piccolo, gira tra gli alberi del monte Tabor e inquadra lui, il poeta, incredibilmente simile ai busti dedicati e alla sua maschera post mortem.

Ah, sì, il male di Giacomo, quella debolezza del corpo che ne ha sempre limitato la grandezza, lo sconquassa mentre ammira il suo panorama! Così come sempre ci hanno raccontato dai testi scolastici in poi, sappiamo che Leopardi era malato, aveva la gobba, soffriva enormemente per queste limitazioni, e per questo non usciva spesso e aveva timore di stare tra gli altri, sani e senza problemi.

Ci hanno fatto intendere che era il motivo per cui passava così tanto tempo in biblioteca, quella stanza delle meraviglie creata dal padre Monaldo e in cui conosce tutti i classici greci e latini, i contemporanei francesi, russi, inglesi che riusciva a leggere in originale e commentare a bordo pagina con le sue acute riflessioni.

Ecco, la casa di Recanati: il palazzo, la biblioteca, la famiglia… quel padre tanto severo che non gli lascia la libertà di seguire i suoi sogni, i suoi fratelli, a cui è legato da un amore che non si basa solo sulla consanguineità, ma sulle affinità intellettive e sui gusti, i servitori e, enorme nella sua mancanza fisica, la mamma.

In mezzo a tutto questo, in mezzo alle deformazioni fisiche, al dolore, all’angoscia di deludere il genitore, Leopardi scrive una delle poesie più belle, significative e immortali della poesia italiana, quella che i bambini tirano a memoria come cantilena e che in pochi capiscono fino in fondo: L’infinito.

Anche grazie a questo immortale idillio, Giacomo Leopardi oggi non è solo il poeta italiano più conosciuto nel mondo dopo Dante Alighieri, è anche ormai un simbolo, un personaggio proverbiale, una convenzione, una statua, nel senso che ha assunto suo malgrado una fisionomia cognitiva che non si riesce più a modificare.

La lodevole azione degli autori Giorgio Martone (alla sceneggiatura) e Giovanna La Pietra (ai disegni, con copertina e colori di Nino Cammarata) è quella di aprire una porta da un punto di vista nuovo sulla vita e sui sentimenti reali del letterato marchigiano: le tavole improntate a un forte realismo nei disegni ci rappresentano come una pellicola cinematografica in bianco e nero (infatti le tavole sono tutte basate sulle variazioni grigio) il tormento del giovane Giacomo, il suo anelito di una vita diversa, lontano da chi cerca di bloccare il volo della sua mente prodigiosa, la sua sete di veder e conoscere altro e altre persone, di confrontarsi con il mondo che gli sembra così alieno dal suo a Recanati.

Tutto questo nella vita di Leopardi è veramente esistito: la tubercolosi ossea da cui era afflitto era davvero estremamente limitante, soprattutto perché gli procurava febbri e fastidi agli occhi; la severità del padre, spaventato da come il debole rampollo potesse vivere lontano dalle cure familiari, era davvero un ostacolo per il suo desiderio di viaggiare e conoscere il mondo (ma la vera roccia contro cui scontrarsi era il fervore bigotto della madre, non le premure del padre, amante come lui della conoscenza); ma chiunque abbia approfondito con testi diversi da quelli ormai diventati ineluttabili per la scuola primaria e secondaria, non riuscirà a riconoscere “questo” Leopardi nel modernissimo filosofo che emerge dallo Zibaldone (opera per altro ancora in fase di studio, per vastità ed eterogeneità di argomenti).

Leopardi non cercava la libertà all’esterno, tanto è vero che le opere migliori le ha scritte tra le mura di casa nella sua Recanati: cercava di conoscere quanto più possibile della realtà, prima che le forze lo abbandonassero del tutto; cercava l’amore, l’amore, la gioia, la vita (come scriveva all’amato fratello), ma non tanto nelle persone, quanto in quello che la sua mente riusciva a produrre e a comprendere.

Per questo L’infinito è una poesia immortale e sfuggente, per i troppi significati che il poeta le ha affidato in così pochi versi. Per questo il fumetto di Martone e La Pietra è un’opera lodevole, ma che ha perso una buona occasione, quella di sfatare un mito negativo, di riuscire a restituire la vera immagine di un poeta che è diventato suo malgrado e senza colpe sinonimo di pessimismo e tristezza (no, la Morte non era la sua unica amica, proprio se mai il contrario).

Se però lo sleghiamo da una volontà di documentarismo, Giacomo Leopardi: L’infinito di NPE è un bellissimo volume, da leggere e su cui riflettere, da avere in libreria per il suo valore letterario e visivo, che ha sempre e comunque il bellissimo pregio di portare noi lettori più vicino a Leopardi, alla sua terra (le vedute, gli edifici, gli interni sono tutti ripresi da quelli reali) e alla sua anima immensa.


Giorgio Martone, Giovanna La Pietra
Giacomo Leopardi: L’infinito
Nicola Pesce Editore, 27 agosto 2020
cartonato, 64 pagg., b/n, 21×30 cm, €16.90
ISBN: 9788894818918

Silvia Forcina

Non pratico il nerding estremo pur essendo nerd nell'animo, ma non ho niente da condividere con i Merd che popolano il mondo. So solo quello che non sono. Come Balto.

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