Fuggire, di Guy Delisle – una recensione umana

Certe recensioni ti escono fuori come un fiume in piena. capita quando i fumetti di cui parlano sono qualcosa di grosso e unico. È il caso di Fuggire, l’ultima fatica di Guy Delisle.

Fuggire, di Guy Delisle, pubblicato in Italia dalla Rizzoli Lizard, è molte cose. È una narrazione biografica, è un topos letterario, è una riflessione su come sia possibile narrare la noia (e solo il fumetto può farlo così bene); ma per chi scrive è soprattutto il racconto dell’eroismo delle persone reali.

Fuggire

 

Cristophe André è una di quelle persone che va in giro per il mondo ad aiutare gli altri. Non so se a voi sembra poco. Durante una delle sue missioni per Medici Senza Frontiere, l’associazione di medici-eroi che ha deciso che le cure mediche vanno portate soprattutto lì dove la gente non ne ha, Cristophe viene rapito dalle stesse persone che voleva aiutare. Fuggire è la sua storia, raccolta e trasformata in fumetto da Guy Delisle, l’autore canadese che in Italia è maggiormente noto per la sua narrazione della dittatura nordcoreana nel volume Pyongyang.

Fuggire può essere una lettura davvero impegnativa, a volerne approfondire ognuna delle caratteristiche che spiccano. A beneficio del nostro lettore, ne faremo un piccolo elenco, nella speranza che egli ne sappia cogliere qualcuna in più.

1- Il Rapimento

Quello del Rapito è un topos cinematografico e letterario di tutto rispetto. L’uomo strappato alla propria vita, e consegnato ad una prigionia che ha lo scopo di ridurlo a merce di scambio, è un concetto di grande potenza e Delisle dimostra di saperlo benissimo. La sua scelta di farsi portavoce di una testimonianza reale dona al racconto uno spessore difficile da trovare altrove. Il rapporto tra Cristophe e i suoi rapitori è autentico, e restituisce l’immensa distanza che intercorre tra due culture diverse, e tra due lingue che non si incrociano mai: non c’è mai un contatto umano tra rapitore e rapito. La distanza che li divide è abissale, incolmabile. Le azioni di questi sono sempre di difficile comprensione, e Delisle non si lascia mai andare a un facile didascalismo: quello che accade al di fuori dei pensieri di Cristophe non è mai spiegato.

Fuggire

 

Eppure la posizione del Rapito incontra dei momenti di crisi in cui, pur nella propria impotenza, Cristophe ci dimostra che è possibile essere persone migliori anche nelle circostanze più difficili. Splendidi e incredibilmente sinceri sono due momenti precisi: quando Cristophe ha l’occasione di prendere in mano un fucile, e quando riesce a parlare con la propria casa, scoprendo la cifra richiesta come riscatto. Le reazioni di Cristophe ci disegnano una persona reale, ma anche un eroe, nel senso più puro e “banale” del termine.

2- La Fuga

Altro luogo letterario da manuale, la fuga del prigioniero qui ci regala dei momenti di riflessione che riecheggiano la narrazione (addirittura) di Primo Levi. Delisle ci apre uno squarcio nei pensieri di Cristophe quando questi trova, per un caso fortuito, l’occasione di fuggire: mostrandoci un uomo come tutti gli uomini, capace di adattarsi a qualsiasi situazione, spaventato dall’ignoto anche se questo significa libertà. «Rischio di peggiorare la mia situazione?» si chiede Cristophe: non è quello che ci chiederemmo tutti? Non è forse parte della natura umana quella di fare buon viso a cattivo gioco, sempre o quasi sempre, purché si abbia un tetto sulla testa e una zuppa nel piatto?

E non è forse la capacità dell’eroe quella di rischiare tutto, con la possibilità di restare senza nulla, pur di affermare un principio, quello che è meglio essere liberi al freddo che prigionieri al caldo? Così che il semplice gesto di alzarsi e aprire una porta, diventa, nelle pagine di un fumetto, l’epica vittoria dell’uomo contro la propria meschinità.

«Niente può più fermarmi» pensa Cristophe, mentre cammina per una strada in una città sconosciuta, mettendo in gioco se stesso.

3- L’Altro

Pensiamo ai rapitori di Cristophe, forse dei militanti ceceni, sicuramente armati. La vicenda rischierebbe di porgere il destro di alti lai a certa propaganda sul fatto che interi popoli siano composti da criminali, o loro fiancheggiatori. Ma la realtà non è mai semplice. E poiché questo racconto nasce da ciò che è davvero accaduto, ci racconta l’Altro nella sua intera complessità.

Così Cristophe, nemmeno a farlo apposta, incontra nel popolo ceceno due facce diverse, praticamente opposte: incontra il Male e il Bene, e nel Male dei rapitori cerca il Bene, mentre nel Bene dei suoi salvatori paventa il Male. Così che il racconto si libera del rischio di essere semplificato con grazia e naturalezza, nel suo stesso svolgimento, senza la minima forzatura. È commovente scoprire come anche al di là del fossato scavato dalla diversità delle lingue, dall’incomprensione culturale, sia possibile gettare un ponte fatto di piccoli gesti umani: piccoli, sì, ma dal significato tanto grande da mettere a rischio delle vite.

E alla fine è un po’ questo il messaggio che traspare dalle pagine di Fuggire: che la grandezza di un gesto eroico si incarna sempre in atti apparentemente insignificanti, senza pubblico, senza ricompensa, e spesso inutili: come dire un semplice no anche quando è contro i tuoi interessi immediati; oppure offrire riparo e cibo a uno sconosciuto che non parla nemmeno la tua lingua.

4- Narrare la noia

La nostra recensione potrebbe finire qui, parlando della straordinaria unicità di questa vicenda: ma faremmo un torto enorme a Delisle se, dopo aver lodato la sua capacità di sintesi, la scelta dei temi e dei momenti, e la naturalezza del messaggio consegnatoci, non dicessimo qualcosa sulla prova narrativa in cui si è cimentato con successo.

La prigionia di Cristophe è, in sostanza, un lungo susseguirsi di giorni tutti uguali, monotono avvicendarsi di pasti e attese, pensieri e congetture, con pochissime svolte narrative. Delisle si è trovato di fronte a un dilemma di quelli che scoraggerebbe molti: narrare la noia senza annoiare.

 

La scelta tecnica è quella del tratto semplice ed essenziale, steso su una paletta di colori uniforme; il lentissimo scorrere del tempo è simulato da vignette ripetute. L’unico elemento che scandisce il tempo sono i pensieri di Cristophe: Delisle li libera dalla gabbia dei baloon, lasciandoli aleggiare per la vignetta, in modo da riempirne gli spazi vuoti e i tempi dilatati.  I luoghi della vicenda vengono così permeati dalla mente di Cristophe, trasformandosi in stanze del suo universo interiore, tanto che l’assenza di eventi fisici resta compensata dal fluire delle emozioni: pensieri come fatti concatenati, che intessono un intreccio capace di tenere il lettore avvinghiato alle pagine.

Magia del fumetto, di cui Delisle è straordinario interprete.

Capita raramente di avere la fortuna di vivere un’esperienza così sfaccettata, spendendo quattro soldi. Fuggire non vi farà pentire un solo secondo del tempo che gli avrete dedicato; e per chi scrive, aver impiegato un pomeriggio intero a recensirlo è stato un vero privilegio.

 

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