Evangelion: 3.0+1.0 Thrice Upon a Time – C’era tre volte l’amore
Oggi 8 marzo 2021 è uscito nei cinema giapponesi Evangelion: 3.0+1.0 Thrice Upon a Time, l’ultimo e definitivo film della saga ideata da Hideaki Anno 25 anni fa. Un giorno storico per l’animazione giapponese.
Attenzione: escluso dove espressamente indicato, questo articolo è privo di spoiler. Le informazioni riportate sono già visibili nei trailer, dichiarate nei comunicati ufficiali o provenienti dalla primissima parte del film. Tutte le immagini sono prive di spoiler.
‘era una volta, in un paese lontano lontano dove il cielo era azzurro e il mare blu, un giovane principe che aspettava a un telefono pubblico disabilitato verde un cavaliere per andare nel grande palazzo di ferro dove abitava il re, suo padre. Il palazzo si trovava al centro di un bosco, sotto un castello capovolto nel cielo, ma non era un posto sicuro perché il bosco era infestato da orribili mostri che volevano distruggere il palazzo per rubare il tesoro che era nascosto nelle segrete. Allora il re disse al principe: «Figlio mio, i mostri che infestano il bosco vogliono distruggere il palazzo per rubare il tesoro che è nascosto nelle segrete. Indossa dunque l’armatura di tua madre e parti per combatterli». Il principe si rifiutò, ma il re disse: «Ecco io ti dono questa spada forte come la volontà e questo scudo forte come l’amore, e a fianco a te avrai questo cavaliere per attraversare il bosco largo sette leghe, e quando l’avrai attraversato troverai il mare e nel mare un dono più prezioso del tesoro che è nascosto nelle segrete». Il principe attraversò il bosco, ma anche se per ogni lega che percorreva un mostro gli sbarrava il cammino, e anche se perse i doni di suo padre e il cavaliere non riuscì a seguirlo, alla fine arrivò al mare e lì trovò un grande tesoro e visse per sempre felice e contento.
Fine
‘era una volta, in un paese lontano lontano dove il cielo era azzurro e il mare blu, un giovane musicista con i suoi compagni, e insieme suonavano la più bella delle musiche. Un giorno i musicisti andarono nel grande palazzo di ferro dove abitava il re. Il palazzo si trovava al centro di un bosco, sotto un castello capovolto nel cielo, ma non era un posto sicuro perché il bosco era infestato da orribili mostri che volevano distruggere il palazzo per rubare il tesoro che era nascosto nelle segrete. Allora il re disse al musicista: «I mostri che infestano il bosco vogliono distruggere il palazzo per rubare il tesoro che è nascosto nelle segrete. Indossa dunque quest’armatura magica e parti per combatterli». Il musicista si rifiutò, ma il re disse: «Non vedi che una tua compagna è forte come la volontà e una è forte come l’amore? A fianco a te avrai questo cavaliere per attraversare il bosco largo sette leghe, e quando l’avrai attraversato troverai il mare e nel mare un dono più prezioso del tesoro che è nascosto nelle segrete». Il musicista attraversò il bosco, ma anche se per ogni lega che percorreva un mostro gli sbarrava il cammino, e anche se le sue compagne presero altre strade, alla fine arrivò al mare, ma lì non trovò nessun tesoro e visse per sempre infelice e scontento.
Fine
‘era una volta, in un paese lontano lontano dove il cielo era azzurro e il mare rosso, un giovane principe che aspettava a un telefono pubblico disabilitato arancione un cavaliere per andare nel grande palazzo di ferro dove abitava il re, suo padre. Il palazzo si trovava al centro di un’area disastrata, sotto un castello capovolto nel cielo, ma non era un posto sicuro perché era infestato da orribili mostri che volevano distruggere il palazzo per rubare il tesoro che era nascosto nelle segrete. Allora il re disse al principe: «Figlio mio, i mostri che infestano l’area disastrata vogliono distruggere il palazzo per rubare il tesoro che è nascosto nelle segrete. Indossa dunque l’armatura di tua madre e parti per combatterli». Il principe si rifiutò, ma il re disse: «Ecco io ti dono questa spada forte come la volontà, questo scudo forte come l’amore e quest’arco forte come la passione, e a fianco a te avrai questo cavaliere per attraversare l’area disastrata larga sette leghe, e quando l’avrai attraversata troverai il mare e nel mare un dono più prezioso del tesoro che è nascosto nelle segrete». Il principe attraversò l’area disastrata, ma anche se per ogni lega che percorreva un mostro gli sbarrava il cammino, e anche se il cavaliere scappò via con due dei doni del re e il terzo fu perduto e sostituito, alla fine arrivò al mare e lì trovò un grande tesoro e visse per sempre felice e contento.
Fine
Se queste tre storie sembrano simili è perché lo sono. D’altronde l’aveva detto chiaramente Hideaki Anno stesso nel 2007: «Evangelion è una storia che si ripete» (o, per essere più fedeli al giapponese, «è una storia fatta di ripetizioni»).
Negli ultimi 25 anni 5 mesi e 5 giorni, cioè a partire da quel 4 ottobre 1995 in cui iniziò la trasmissione della serie TV Neon Genesis Evangelion sui canali del network TV Tokyo, fino a oggi 8 marzo 2021 in cui esce nei cinema giapponesi il film Evangelion: 3.0+1.0 Thrice Upon a Time, il mito narrativo assoluto di questo titolo si è espanso in maniera paragonabile a pochissimi altri fenomeni di costume, trasformandosi in una vera icona culturale del XXI secolo. Eppure non è mai venuto meno a sé stesso: è sempre e comunque una storia che si ripete.
Dal 4 ottobre 1995 all’8 marzo 2021: 9’288 giorni durante i quali il nome Evangelion si è riverberato in una quantità infinita di opere, di prodotti, di titoli, di gadget, di articoli di giornale, di saggi, di tesi di laurea, di treni, di calzini, di federe, di dibattiti filosofici, di modellini, di dolcetti col ripieno rosso. 9’288 giorni che hanno condizionato nel bene o nel male, in piccolo o in grande la vita di chiunque si sia imbattuto in Evangelion, perché è un’opera così larger than life che veramente chiunque può vedervi qualcosa dentro. Di più: chiunque riesce effettivamente a vederci dentro quello che vuole, anche ciò che nell’opera non c’è affatto, perché gli spunti che fornisce e il suo mondo narrativo sono così grandiosi che su Evangelion è possibile dire tutto e il contrario di tutto. C’è chi ne apprezza la trama fantascientifica, chi il service, chi i riferimenti alla filosofia tedesca, chi questo e chi quell’altro: un’opera per tutti.
Un’opera per tutti, eppure anche un’opera per nessuno, perché Evangelion è incomprensibile. Un po’ lo è per l’astuzia dei suoi ideatori: la trama enigmatica, i riferimenti misteriosi, le simbologie religiose e l’ambiguità ovunque rendono l’opera quantomeno ermetica. Un po’ però lo è perché Evangelion è prima di ogni altra cosa l’espressione artistica e intellettuale più alta di Hideaki Anno, e come si dice nel film del 1997 The End of Evangelion, se già è difficile capire la propria vita, figuriamoci la vita degli altri, ed Evangelion è a tutti gli effetti la vita di Anno. Incomprensibile a tutti, forse anche a sé stesso.
Quindi ecco un caso eccezionale -forse unico nella storia?- di un’opera una e multipla che da decenni muore e rinasce in decine di varianti sempre uguali e sempre diverse e che oggi, con l’uscita nei cinema giapponesi di Evangelion: 3.0+1.0 Thrice Upon a Time, finisce definitivamente.
La fine di Evangelion
Com’è noto, il progetto Rebuild of Evangelion partì nel 2007 a seguito delle dichiarazioni d’intenti del regista Hideaki Anno, comunicate prima sulla rivista Newtype e poi su scenografici manifesti affissi nei cinema giapponesi. Il suo scopo era ridare nuova vita a Evangelion, il franchise narrativo da lui ideato e a cui dal 1995 aveva già dato almeno due incarnazioni in televisione e al cinema, oltre alle tantissime varianti su carta, in primis il fumetto ufficiale realizzato da Yoshiyuki Sadamoto. Nelle parole di Anno, Evangelion era invecchiato, «eppure in questi 12 anni non c’è stato un anime più nuovo di Evangelion».
Oggi quel progetto arriva alla sua conclusione. Ci sono voluti 14 anni di tempo dal primo Evangelion: 1.0 You Are (Not) Alone per arrivarci, ma ci è arrivato. 14 anni, proprio come l’età dei children: benché certamente non premeditato, viene quasi da pensare che questo lasso di tempo non sia casuale, che sia il destino, che sia stato necessario per gli spettatori per crescere come lo è stato per i personaggi.
È stato necessario crescere anche per lo staff. Hideaki Anno lo scrive chiaramente nell’introduzione/manifesto del pamphlet che accompagna l’uscita di Evangelion: 3.0+1.0 Thrice Upon a Time dal titolo Che cosa stiamo cercando di fare per la terza volta?, titolo che fa eco a quel Che cosa stiamo cercando di fare di nuovo? che era sui suddetti manifesti del 2007 e a quel Che cosa stiamo cercando di fare? che era sul primo volume del fumetto nel 1995.
Che cosa stiamo cercando di fare per la terza volta?
Negli 11 anni da quando è iniziata la preproduzione di questo film e nei quattro anni che ha richiesto la produzione vera e propria, e con un costo gigantesco, nei limiti del possibile abbiamo esplorato quanto d’interessante può venir fuori nel mettere in dubbio i vari stilemi della sensibilità e dell’arte del cinema d’animazione.
Quanto d’interessante c’è nel design.
Quanto d’interessante c’è nel disegno e nella composizione.
Quanto d’interessante c’è nel disegno a mano e nel suo movimento.
Quanto d’interessante c’è nel disegno in 3DCG e nel suo movimento.
Quanto d’interessante c’è nel colore.
Quanto d’interessante c’è negli sfondi.
Quanto d’interessante c’è nella fotografia.
Quanto d’interessante c’è nelle inquadrature.
Quanto d’interessante c’è nel modificare le inquadrature.
Quanto d’interessante c’è nel montaggio.
Quanto d’interessante c’è nella recitazione delle voci.
Quanto d’interessante c’è nella musica e negli effetti sonori.
Quanto d’interessante c’è nell’arrangiamento e nel bilanciamento sonoro.
Quanto d’interessante c’è nell’unire tutto questo nella rappresentazione.Inoltre, quanto d’interessante c’è nell’animazione con la sensibilità e i metodi per gli effetti speciali sperimentati da Evangelion: 2.0.
Quanto d’interessante c’è nell’animazione con gli stili e i metodi del cinema dal vivo che ricerchiamo da Evangelion: 2.0.Poi, quanto c’è d’interessante nei film, ovvero quel che rende un copione e una storia almeno un po’ interessanti, e nel caso di questo film abbiamo continuato a interrogarci costantemente su cosa sarebbe stato meglio fare, e per tutto il tempo fino all’ultimo secondo abbiamo spremuto al massimo tutte le nostre emozioni, la nostra arte e le nostre esperienze.
Il risultato che abbiamo ottenuto è questo film finito.
Cari spettatori, saremmo felici se riusciste a divertirvi e a godervi almeno un po’, con quest’opera d’intrattenimento, quanto d’interessante, di affascinante e di piacevole c’è nel cinema d’animazione.
Infine, a tutto lo staff, il cast e i fan che hanno accompagnato verso la conclusione per tre volte l’opera intitolata Evangelion, e a mia moglie che in pubblico e in privato ha continuato a sostenere l’opera e me stesso, esprimo la mia riconoscenza.
Grazie mille.
Hideaki Anno
Una dichiarazione del genere non si legge tutti i giorni. Evangelion come lavoro personale e insieme collettivo, risultato dell’idea di una persona e dell’impegno di molte. Al contempo, Evangelion come opera d’intrattenimento popolare e come campo di sperimentazione del cinema d’animazione.
In 25 anni di lavoro Anno e il suo staff hanno prodotto un’opera che ha cambiato prima la storia dell’animazione giapponese, poi mondiale, poi il cinema e poi la cultura pop tutta. Ma la fine è quello che viene immancabilmente dopo l’inizio, e dopo essere stato rimandato due volte per via della pandemia di coronavirus, oggi Evangelion: 3.0+1.0 Thrice Upon a Time è finalmente uscito a mettere il punto e chiudere il cerchio.
Trama
Il film è introdotto dal cortometraggio Kore made no Evangelion shin gekijō-ban (“Il Rebuild of Evangelion finora”), un riassuntone dei primi tre film montato da Anno stesso.
Dopo il cortometraggio inizia il film, a partire dal segmento AVANT presentato lo scorso 6 luglio 2019 al Japan Expo di Parigi.
→→→
Clicca qui per leggere
LA TRAMA COMPLETA DEL FILM
su Distopia Evangelion!
→→→
La liberazione degli Eva
Evangelion: 3.0+1.0 Thrice Upon a Time è stato per lungo tempo un film maledetto: la famosa “maledizione degli Eva”, si potrebbe dire, che in giapponese suona come エヴァの呪縛 Eva no jubaku, ovvero qualcosa del tipo “maledizione di blocco degli Eva”. I nove anni intercorsi fra Evangelion: 3.0 You Can (Not) Redo e questo nuovo Evangelion: 3.0+1.0 Thrice Upon a Time hanno fatto disperare i fan della serie, che ormai erano arrivati a ironizzare su un film che doveva essere cosa fatta già anni fa e che invece è poi diventato un’incognita.
Non che il film sia mai andato in development hell o altro: semplicemente, il regista Hideaki Anno faceva cose, ma non il film. In realtà fra il 2012 e il 2021 Anno ha lavorato molto: naturalmente ha diretto Shin Godzilla, film già cult che gli è valso un riconoscimento artistico statale e ha enormemente accresciuto la sua fama fra i non otaku, e poi ha messo mano a varie produzioni più o meno grandi fra cui Star Blazers 2199 e The Dragon Dentist del suo Studio Khara, oltre a vari altri lavoretti fra cui quelli con la moglie, la fumettista Moyoco Anno. Non si può quindi dargli del negligente, al massimo si può dire che se l’è presa comoda, ma anche questo non è poi vero perché, come indicato nel manifesto d’intenti Che cosa stiamo cercando di fare per la terza volta?, questi nove anni sono stati un periodo di ricerca e lavoro che i fan, molto semplicemente, non vedevano.
Ora che però il film è uscito, questi anni di lavoro si vedono eccome. Evangelion: 3.0+1.0 Thrice Upon a Time è una monumento all’animazione, una celebrazione dell’animazione, un trionfo dell’amore per l’animazione. Benché non sia impossibile che Hideaki Anno d’ora in poi si occupi solo di film dal vivo, dato l’interesse sempre maggiore dimostrato per la cinematografia dal vivo e il disprezzo sempre maggiore (chiaramente esplicitato) per lo stato attuale dell’animazione giapponese, Evangelion: 3.0+1.0 Thrice Upon a Time non può non essere il lavoro d’amore di un animatore per l’animazione. È un canto del cigno? Mai canto del cigno fu più sentimentale.
Evangelion: 3.0+1.0 Thrice Upon a Time, forse proprio in quanto episodio finale della quadrilogia Rebuild of Evangelion, si sbizzarrisce esibendo una gran quantità di linguaggi tecnici e artistici dell’animazione, il che lo pone come un degno erede dei finali della serie TV e del film The End of Evangelion, che al tempo fecero scuola quanto a bizzarria. Come i suoi illustri precedenti, anche questo film fa ricorso sia all’animazione tradizionale sia a quella in CGI, sia da sole sia mischiate insieme, ed entrambe con grande varietà di stili. La lunga scena col flusso di coscienza del Progetto per il perfezionamento dell’uomo, in particolare, è un pezzo da manuale di Hideaki Anno, con la sua alternanza fra animazione schizzata su carta, colorata a pastello, parzialmente o interamente colorata, integrata con la CGI, rielaborata in CGI, ricalcata dal vivo, integrata con immagini dal vivo e disegnata su immagini dal vivo. Anno doing Anno, insomma.
Un interesse non solo per l’animazione, ma soprattutto per le potenzialità dell’animazione, cioè per quelle caratteristiche che può dare solo l’animazione e non il cinema dal vivo, che era già dichiarato nel manifesto d’intenti («Quanto d’interessante c’è nel design. Quanto d’interessante c’è nel disegno e nella composizione. Quanto d’interessante c’è nel disegno a mano e per nel suo movimento. Quanto d’interessante c’è nel disegno in 3DCG e nel suo movimento») e che si concretizza in 155 minuti di fantasmagoria su grande schermo.
La somma delle parti e il tutto
Esattamente come accadeva sia nella serie TV sia nel film del 1997, anche in Evangelion: 3.0+1.0 Thrice Upon a Time il Progetto per il perfezionamento dell’uomo avviene come una sorta di seduta psicanalitica in cui i personaggi si raccontano con dei flussi di coscienza. È solo uno dei numerosissimi rimandi alle due narrazioni precedenti della storia: una miriade di citazioni, a volte letterali e a volte no, che non sono fondamentali per la comprensione del film, quindi possono essere ignorate da chi ha scoperto Evangelion solo dal 2007 col progetto Rebuild of Evangelion, ma che ai conoscitori dà invece un grande piacere notare. Non è il piacere fine a sé stesso della scoperta del dettaglietto di cui gli altri non si sono accorti: è accorgersi che quella stessa cosa era già stata detta, eppure è ancora interessante ed è possibile ridirla in una maniera uguale eppure diversa. Imitatio, æmulatio, variatio: Anno non fa nulla per celare le sue fonti (interne ed esterne alla sua carriera), perché è poi abbastanza bravo a rielaborarle con la sua sensibilità.
Ecco quindi che Evangelion: 3.0+1.0 Thrice Upon a Time ha fra le sue maggiori qualità proprio il modo in cui riesce a gestire imitazione, emulazione e variazione di modelli già esistenti in maniera eccezionale, in primis attraverso la suddivisione delle parti del film.
Attenzione: da qui in poi il paragrafo contiene spoiler.
Esattamente come dice il titolo, il film è strutturato in tre parti più una.
- La prima parte è l’esatto proseguimento del film precedente. Mari continua a combatte (guidando l’Eva come una camionista), Asuka porta Shinji e il clone di Rei con sé e vivono una prima parte da commedia pastorale, esplicitamente ispirata a Il mio vicino Totoro: nei titoli di coda compare fra i ringraziamenti la dicitura “Studio Ghibli (Il mio vicino Totoro)”.
- La seconda parte è quella di combattimento. L’atmosfera sia visiva sia sonora cambia radicalmente e dalla tranquillità iniziale si arriva di colpo a oltre mezz’ora di botti ed esplosioni continue.
- La terza parte è il Progetto per il perfezionamento dell’uomo ed è una rinarrazione di The End of Evangelion. Ci sono sia soluzioni nuove sia citazioni letterali a livello di dialoghi e di immagini, eppure non sembra di vedere una cosa “già vista” perché la sensibilità registica e i contenuti sono diversi, rispondendo fra l’altro a molte domande in sospeso.
- La quarta e ultima parte è il finale, che per quanto brevissimo è assolutamente fondamentale. Un’immagine di serenità: si cresce, si abbandonano i fardelli del passato, si ritorna alla realtà.
Questo ci porta ad alcune considerazioni.
La prima è di tipo registico ed è già ampiamente appurata: Hideaki Anno ama suddividere le sue opere in capitoli, o meglio atti teatrali ben distinti fra loro. L’ha sempre fatto, lo faceva già dai tempi di Punta al Top! GunBuster, l’OVA del 1988 composto da sei episodi divisi in tre trance, ovvero una commedia scolastica, una tragedia psicologica e una storia di fantascienza pura. In questo nuovo film la divisione è ancora più accentuata grazie alla grande eredità che Hideaki Anno ha ricevuto dal suo maestro Hayao Miyazaki, ovvero la suddivisione spaziale della storia.
Esattamente come accade in Miyazaki, anche in questo film di Anno è lo spostamento o il non spostamento dei personaggi a determinare la trama. Quando stanno fermi non succede loro niente né a livello psicologico né fisico, quando si muovono ecco che mettono in moto gli eventi. È una tecnica già ampiamente recepita e brillantemente sfruttata da Anno, ma in questo film raggiunge un livello di precisione e di rapporto causa-effetto assolutamente lampante e totale. In tutte e quattro le parti del film, senza eccezione e con una precisione matematica, Shinji passa da una posizione statica e osservatrice a una dinamica e produttrice. Di più, quando Shinji sta seduto la trama si ferma, quando poi si alza in piedi la trama avanza, letteralmente, e questo succede fisicamente in tutte e quattro le parti: Shinji seduto e poi in piedi, seduto e poi in piedi, seduto e poi in piedi, seduto e poi in piedi.
In questo modo Anno dà alle immagini un valore assoluto, perché la messinscena e la disposizione dei personaggi in rapporto allo spazio assumono un valore narrativo, e non solamente estetico. Dal manifesto Che cosa stiamo cercando di fare per la terza volta?: «Quanto d’interessante c’è nel disegno e nella composizione».
Shinji protagonista totale e totalizzante, così totalizzante che l’intero mondo che lo circonda dipende, anzi deriva dal suo muoversi o meno. Shinji demiurgo del suo mondo, e demiurgo non con il verbo o il fango, ma con il movimento. Come l’animazione.
La seconda considerazione è di tipo grafico: la grande varietà di situazioni, scenografie e messinscene data da un film da 155 minuti suddiviso in blocchi distinti consente a Evangelion: 3.0+1.0 Thrice Upon a Time di essere il trionfo del service. C’è di tutti e tre i tipi e in continuazione: quello erotico poiché praticamente tutti i personaggi femminili -in particolare Asuka- finiscono col mettere almeno una volta il loro sedere dritto in faccia alla cinepresa, poi quello tecnico dato dall’abbondanza di armi e meccanismi disegnati con precisione ingegneristica millimetrica, e infine il service della violenza dato dalle numerose scene di combattimento di impressionante potenza che a volte sfiorano lo splatter. Go Nagai sarà certamente entusiasta di questo film.
Con un po’ di fortuna, avanti
Attenzione: questo paragrafo contiene spoiler.
Infine, la terza considerazione è di tipo narrativo: la celebre teoria del loop, che circola nel fandom da anni ed era data ormai praticamente per certa, è sbagliata. Esatto, la teoria del loop è sbagliata. È SBAGLIATA.
Viene dichiarato in maniera esplicita nel film in almeno tre momenti. Il primo è quando Shinji ha la sua conversazione con Kaworu, il quale gli dice che il suo nome è scritto sul misterioso Libro della vita e questo gli consente di morire e rinascere all’infinito; Kaworu ha poi aggiunto al suo il nome di Shinji, e questo gli ha permesso, gli permette e gli permetterà di incontrarlo ancora e ancora (e infatti l’aveva già incontrato da bambino, ma Shinji non se lo ricordava). Quindi non sono tutti i personaggi che ritornano indietro nel tempo o comunque ricominciano le loro vite: è solo e soltanto Kaworu che è immortale. È esattamente quello che succedeva nel film cult 1999 nen no natsu yasumi di Shūsuke Kaneko, a cui Anno deve già moltissimo fin dal tempi della serie TV e in cui un personaggio di nome Kaoru (!!!) muore e rinasce innumerevoli volte per rincontrare il protagonista.
Il secondo momento è durante la conversazione di Shinji e Rei nel teatro/Unità-01/testa di Shinji durante il Perfezionamento.
– Shinji: Sei rimasta solo tu, Ayanami.
– Rei: Io sto bene qui.
– Shinji: Fuori da qua ho trovato un posto per vivere per un’altra te. Penso che, quando tornerà, anche Asuka si accorgerà che è un posto nuovo.
– Rei: Un posto dove essere felici senza pilotare l’Eva: è questo che volevi, Ikari-kun.
– Shinji: Esatto. Quindi, anche per te è possibile vivere fuori da qua.
– Rei: Davvero?
– Shinji: Davvero. Anch’io sceglierò una vita dove non si debba salire sull’Eva. Non è possibile far tornare indietro il tempo e lo spazio, eppure… vorrei riscrivere un mondo dove non serva salire sull’Eva. Un mondo dove possano vivere persone nuove.
L’ultima battuta di Shinji è probabilmente la più diretta e la meno ambigua dell’intera storia di Evangelion dal 1995 a oggi. Non si riavvolge lo spaziotempo, non esistono i loop: esiste solo l’andare avanti. È la stessa meravigliosa morale nel finale dell’episodio 26, quando Shiji prova a riscrive un mondo nuovo, quello con Asuka amica d’infanzia e Rei che corre col toast in bocca: sei tu che cambi il mondo, sei tu che decidi per te stesso, sei tu che hai potere sul tuo destino. È una morale straordinariamente potente che però prevede una clausola specifica: non si torna indietro, non ci sono loop, non c’è il restart dopo il game over. Se ci fosse il loop, allora non sarebbe poi così importante avere potere sul proprio destino, que sera sera e se anche andasse male non importa, tanto alla fine si ritorna al punto di partenza. E invece no: le proprie scelte condizionano la propria vita e non si torna indietro, è proprio per questo che sono così importanti, è proprio per questo che la vita ha valore, è proprio per questo che bisogna vivere.
Bisogna vivere: la grande lezione morale di Hayao Miyazaki.
E parlando di Hayao Miyazaki: il terzo momento che nega la teoria del loop è la canzone VOYAGER ~ Hizuke no nai bohyō (“VOYAGER ~ Una lapide senza data”) di Yumi Matsutōya aka Yuming, ovvero non casualmente proprio la cantautrice preferita di Miyazaki, il quale usò il suo brano del 1973 Hikōkigumo nel film Si alza il vento (con Anno doppiatore). In Evangelion: 3.0+1.0 Thrice Upon a Time il brano arriva proprio alla fine del Perfezionamento, è interpretato da Megumi Hayashibara (la doppiatrice di Rei Ayanami e di Yui Ikari), ha nel testo il ritornello «Fino alla morte, voglio essere orgogliosa di averti conosciuto e di averti amato» (uhm, potrebbero sembrare le parole di una madre), e a un certo punto arriva il verso:
Quant’è lontana la meta? Ormai non si può più tornare indietro.
È semplicemente impossibile che in una saga così millimetricamente curata come Evangelion, in cui ogni dettaglio è stato studiato con precisione chirurgica, sia stata usata casualmente proprio questa canzone proprio con questo testo proprio alla fine del Perfezionamento. Il messaggio è chiaro: lo spaziotempo non si ripete, indietro non si torna.
Yuming esegue VOYAGER ~ Hizuke no nai bohyō in uno dei sui scenografici concerti.
Una coincidenza è una coincidenza, due coincidenze sono un indizio, tre coincidenze sono una prova: la teoria del loop è sbagliata.
D’altronde Evangelion: 3.0+1.0 Thrice Upon a Time si conclude in una maniera che rende totalmente, totalmente impossibile continuare la storia. Non è proprio più tecnicamente possibile, non ci sono proprio più gli Evangelion, spariti, finito tutto. Semplicemente la serie TV finiva in un modo, i film del 1997 in un altro e questo Rebuild of Evangelion in un altro ancora.
Evangelion è una storia che si ripete (anzi «di ripetizioni»), sì, ma non a loop: si ripete come le fiabe, narrazioni orali che passavano da nonni a nipotini e poi da quei nipotini diventati nonni ai loro nipotini, ogni volta con dettagli diversi pur mantenendo intatto il cuore della storia, la sua trama e la sua morale. Non è quindi un’unica lunga storia continuativa che si ripete ogni volta da capo e a ogni reinizio recupera l’eredità della ripetizione precedente, bensì una storia che viene ripetuta e ogni volta è diversa. Se così non fosse allora anche questo film sarebbe dovuto finire in maniera da poter consentire un nuovo inizio, e invece non è così.
Evangelion è una storia che si ripete nel senso che viene narrata tante distinte volte, e non che riparte da capo al suo interno.
Evangelion: 3.0+1.0 Thrice Upon a Time su questo è lapidario: esattamente come in Utena la fillette révolutionnaire, che è a tutti gli effetti il franchise gemello di Evangelion ed esplicita ancora di più il tema fiabesco, tutte le narrazioni sono rinarrazioni della stessa trama in contesti diversi con finali diversi e personaggi diversi, ma tutte funzionano e hanno valore fintanto che hanno la stessa forza narrativa e lo stesso messaggio per lo spettatore: la potenza dell’amore come collante fra le persone. L’amore come unico mezzo per giungere al perfezionamento dell’uomo, un mezzo ben più forte di ogni A.T. Field e lancia di Longinus e qualunque altra tecnobubbola.
Shinji Ikari è Gesù Cristo, probabilmente
Il tema delle fiabe, che è già stato ampiamente notato in Evangelion, conduce a un dettaglio che aveva colpito il fandom nel momento in cui ci si è resi conto della sua presenza discreta, ma costante nei primi tre film del progetto Rebuild of Evangelion: il libro Il principe felice e altre storie di Oscar Wilde. Nei primi tre film si trova letto da Rei nella camera d’ospedale di Shinji, poi sul comodino nel suo appartamento, e infine buttato nella biblioteca disastrata della NERV. È un dettaglio importante, dato che compare con precisione e la copertina del volume è stata esplicitamente disegnata da Moyoco Anno, oppure è solo un MacGuffin che sta lì per far scervellare i fan e distrarli dalla trama principale, così che arrivi in maniera più inaspettata?
Attenzione: da qui in poi il paragrafo contiene spoiler.
Il quarto film farà certamente discutere il fandom a lungo, forse anche su questo dettaglio: benché non sia mostrato bene a favore di camera, il libro potrebbe comunque comparire nel film perché vi si vedono ben tre stanze con montagne di libri inquadrati per pochissimi fotogrammi: la prima è la biblioteca del Villaggio-3, la seconda è la camera di Mari e la terza è la biblioteca della scuola di Gendō. Quando Evangelion: 3.0+1.0 Thrice Upon a Time sarà disponibile in home video, sarà possibile verificare fotogramma per fotogramma.
Questo libro ha però almeno un valore nella trama? Sì, ma non riferito a quello che si pensava fosse il principe felice della storia, cioè Shinji, bensì a Gendō. La morale di tutte e cinque le storie contenute nel volume di Wilde hanno un tema comunque che è il sacrificio personale per la felicità altrui: la statua del principe e la rondine si sacrificano, l’usignolo si sacrifica, il gigante egoista si sacrifica, l’amico devoto si sacrifica, persino i fuochi d’artificio si sacrificano e l’unico che non lo fa poi fa una brutta fine. Ora, per tutta la serie TV, i film del 1997 e i primi del film del Rebuild of Evangelion, Gendō è sempre stato un campione di egoismo come pochi altri personaggi nella storia della fiction di tutti i tempi e luoghi. Eppure, nel finale di Evangelion: 3.0+1.0 Thrice Upon a Time, Gendō accetta di buon cuore di compiere con la sua Yui il doppio suicidio d’amore (il famoso shinjū, tipico della letteratura e del teatro giaponese), risparmiando in questo modo Shinji e restituendo all’umanità un pianeta finalmente e definitivamente libero dagli Evangelion, sia fisici sia mentali. Ha letteralmente dato la vita per il bene altrui. Un inaspettato principe felice.
Come pure potrebbe essere considerata un’inaspettata principessa felice anche Misato, anche se il suo gesto non sembra quello di chi si sacrifica per tutti, bensì quello di un cavaliere fedele per servire fino alla fine il suo principe (o una madre per il figlio, come spesso viene vista Misato per Shinji).
C’è poi un altro dettaglio collegato ad Oscar Wilde che rimanda lateralmente a Evangelion, ed è la religione cristiana. Benché non praticante, Oscar Wilde era irlandese e di cultura cristiana (anglicana); in gioventù voleva convertirsi al cattolicesimo, ma fu osteggiato dal padre, e anche se la conversione effettiva avvenne poco prima della morte, dimostrò sempre un interessamento molto specifico per la fede cattolica romana, al punto che nel 1877 (proprio l’anno dopo la morte del padre) mentre era in visita in Italia e non era ancora uno scrittore famoso, chiese e ottenne un’udienza privata con papa Pio IX, che gli augurò di «compiere un viaggio nella vita per giungere alla Città di Dio». Al di là del fatto se Wilde sia poi riuscito o no ad arrivare alla Città di Dio, la sua letteratura è certamente intrisa di cristianesimo, ben dissimulato dietro il suo geniale humour, ma comunque presente. La stessa morale de Il principe felice e altre storie, d’altonde, è esattamente la stessa di un altro, ben celebre principe felice: Gesù Cristo. Per i cristiani, la morte di Gesù rappresenta l’atto di supremo amore per l’umanità, e il Vangelo stesso dice «Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici» (Giovanni 15:13).
Sacrifici, immolarsi per gli altri, salvare l’umanità… non è forse Shinji quel personaggio che fin dal primo episodio della serie TV del 1995 decide di salvare l’umanità, la quale dovrebbe ringraziarlo come gli fa notare Misato nel secondo episodio? In effetti, benché poco indagata dal fandom, la relazione fra Gesù e Shinji appare assolutamente lampante. Shinji è il figlio di Dio (in questo caso di Gendō, il demiurgo che ha costruito il mondo della NERV e ha modificato con le sue mani l’intero pianeta Terra), è costantemente circondato da vistose simbologie giudaico-cristiane che rimandano tanto alla creazione quanto all’apocalisse, e soprattutto sia nel film The End of Evangelion sia in Evangelion: 2.0 You Can (Not) Advance riceve addirittura le stimmate, il segno definitivo con cui Gesù si fa riconoscere; nel primo film viene addirittura letteralmente crocifisso su una croce di A.T. Field. Come se non bastasse, Shinji muore e risorge (perlomeno a livello metaforico) sia nella serie TV (episodio 16), sia nel secondo film del 1997, sia in questo nuovo del 2021 quando, alla fine del Programma per il perfezionamento del genere umano, riemerge dall’Unità-01.
Infine, un ulteriore segnale cristologico particolarmente raffinato: Shinji dà il nome a Rei. Nel libro della Genesi, Dio chiede ad Adamo di dare il nome alle cose che lo circondano, e in questa maniera gli concede la facoltà di dominio sul creato. Nell’intera tradizione biblica c’è però un solo personaggio che impone il nome a una persona, ed è Gesù. Come racconta l’evangelista Marco, Gesù diede il nome a Pietro, o meglio gli modificò il nome da Simone a Pietro. Qualcosa di molto simile accade in questo film: il clone di Rei non ha nome (non ce l’aveva già dal film precedente), lei chiede a Shinji di sceglierne uno per lei, e lui decide di metterle il nome Rei Ayanami. Certo, non è nient’altro che il nome che aveva il clone precedente che lui aveva conosciuto e amato, ma è comunque un nome che lui ha espressamente scelto, poteva sceglierne un altro e invece sceglie proprio quello.
C’è di più. Nel momento stesso in cui Shinji dà un nome al clone di Rei, le dà la dignità di essere umano. Come suggeriscono gli studi sui lavori del filosofo Zygmunt Bauman, il nome è «un legame che, nella sua essenza ancestrale e immutabile, definisce il nostro essere “civiltà” se non, ancor più specificatamente, identifica cosa è la civiltà umana». Ricevendo un nome, Rei diventa un essere umano. Non è più un oggetto, è umana. Ed ecco perché, appena ricevuto il suo nuovo nome, la nuova Rei stringe la mano a Shinji e poi fa la cosa più umana che esista: morire.
Le mani sono sempre state un potente mezzo di comunicazione nel mondo di Evangelion e quelle di Shinji lo sono doppiamente, perché guidano l’Eva, aprono gli entry plug roventi, suonano il pianoforte, salutano le persone care e ricevono il segno della santità.
Naturalmente anche questo quarto film, con il suo possibile MacGuffin, lo shinjū e la lettura cristologica, faranno discutere il fandom per i prossimi anni a venire.
Heal the World
Certamente un tema molto, molto caro a Hideaki Anno è quello dell’ecologia. È letteralmente alla base del suo curriculum artistico, dato che fra i suoi primissimi lavori c’è stato Nausicaä della Valle del vento, vero e proprio inno esplicitamente ecologista, ma anche le sue opere successive si occupano in maniera più o meno diretta e più o meno metaforica del rapporto dell’uomo con la natura: basti pensare anche solo al fatto che il Second Impact, per quanto nella fiction di Evangelion sia un’esplosione generata da un essere alieno, nella pratica quello a cui porta non è né più e né meno che la crisi ecologica, col riscaldamento globale e l’innalzamento del livello del mare e l’estinzione di numerose specie e tutto il resto. Sia il Second Impact sia la crisi ecologica sono danni causati da un cattivo uso della scienza da parte dell’uomo, e sono quindi metaforicamente la stessa cosa.
Nel suo uso a fini comunicativi e costruttivi di catastofi causate dall’uomo ai danni della natura, Anno si conferma una volta di più come l’erede di Miyazaki, che ha fatto della difesa della natura una delle sue bandiere, arrivando a coinvolgere l’intero Studio Ghibli in attività pratiche in difesa dell’ambiente, un tema che in Giappone è molto più politicizzato rispetto all’Occidente.
Attenzione: da qui in poi il paragrafo contiene spoiler.
Evangelion: 3.0+1.0 Thrice Upon a Time è l’ennesima conferma dell’amore di Anno per l’ambiente. Un amore un po’ utopico e idealizzato, se vogliamo, ma comunque forte e onesto.
Nella prima delle quattro parti del film, la vicenda si sposta nel Villaggio-3, che è né più e né meno che il mondo de Il mio vicino Totoro. È esattamente quello: vecchie case giapponesi anteguerra, pochissima tecnologia, elettricità solo per la (scarsa) illuminazione domestica, telefoni a ghiera girevole, mondine che piantano il riso a mano, treni arrugginiti, piccoli cimiteri in collina, e poi «salite, tunnel, prati, un tronco come ponte e strade di ghiaia sconnesse, passa sotto la ragnatela… discesa!», come dice la canzone. Un momento di assoluto ritorno a quella società pulita, pura, in comunione con la natura che probabilmente non è nemmeno mai esistita, ma che ha un suo senso narrativo che Hayao Miyazaki ha elevato a filosofia di vita e che Anno ha ripreso in maniera assolutamente spiazzante all’interno di una saga di fantascienza che mai si era spinta a questi esiti.
Attraverso l’uso di alcuni riferimenti diretti (come inquadrature di fiori e paesaggi), la prima parte del film sembra rimandare al momento più “campagnolo” della serie TV del 1995, ovvero quel quarto episodio Fuga sotto la pioggia sempre ingiustamente vituperato e mai riconosciuto nella sua fondamentale importanza nell’economia della serie. Ecco, Evangelion: 3.0+1.0 Thrice Upon a Time ha un’intera prima parte che è praticamente l’episodio 4 extended edition, alla faccia di chi non lo apprezza. Di più, è possibile considerare l’intero film come un unico, lunghissimo episodio 4 però con combattimenti e spiegoni in mezzo, dato che inizia e finisce esattamente nella stessa maniera: inizia con la fuga di Shinji in campagna, l’abbandono della NERV, i treni, l’agricoltura, le risaie, la pioggia, persino l’incontro con Kensuke in campeggio, e finisce sulla banchina di una stazione ferroviaria con un sorriso e il “ritorno a casa” con le persone care.
Evangelion: 3.0+1.0 Thrice Upon a Time è la grande vendetta dell’episodio 4. Se è vero come è vero che Anno ha concepito la storia del Rebuild fin dall’inizio, ecco che il pochissimo spazio dato all’episodio 4 nel primo film Evangelion: 1.0 You Are (Not) Alone si spiega col fatto che è poi stato non solo reintrodotto nel quarto film, ma addirittura l’intero quarto film è l’episodio 4. Lunga vita a Fuga sotto la pioggia!
La campagna dell’episodio 4 diventa qui il Villaggio-3, che è un’utopia, ne è conscio anche Anno: la sua esistenza è consentita solo dai pilastri sigillanti ed è circoscritta all’interno di una circonferenza precisa, all’esterno della quale il resto del mondo è contaminato. Non a caso il suo nome è L Barrier, che in giapponese è L結界 L kekkai dove il kekkai è il recinto sacro dei santuari shintoisti, equivalente al temenos greco: un’area pura, incontaminata, che protegge quello che c’è all’interno. Quasi un idillio bucolico, insomma, o un villaggio di Totoro mentale: una realtà che non può continuare a lungo (come sembra suggerire l’intrusione di alcuni avanzatissimi macchinari medici), ma che non di meno rappresenta un piccolo paradiso artificiale in Terra. La conferma che l’uomo può vivere in comunione con la natura, se lo vuole.
Al di là dei confini di Villaggio-3 il resto del mondo è contaminato, o meglio è contaminato per gli standard umani. Lo dichiara chiaramente Gendō nel suo spiegone all’equipaggio della WILLE: il Second, Third e Forth Impact sono serviti per «purificare» l’ambiente per renderlo abitabile per Adam e i suoi figli. Il mondo con acqua, terra e aria rossa è l’habitat dei legittimi colonizzatori della Terra. Tecnicamente ha ragione Adam: era arrivato prima e Lilith (coi suoi figli, gli umani) non solo ha usurpato il suo posto, ma come un parassita su un animale ha tratto vantaggio a spese dell’ospite, causandogli un danno biologico. È un’idea che Anno ha probabilmente preso da Devilman di Go Nagai, dove i demoni erano i primi abitanti della Terra.
Ed ecco quindi tornare con una forza simbolica esplosiva uno dei grandi temi di Hideaki Anno: l’essere umano è un usurpatore? Un parassita che va estirpato? Un agente patogeno che ha danneggiato l’ambiente? Era la questione centrale di Punta al Top! GunBuster, era presente in Nadia – Il mistero della pietra azzurra ed eccola rispuntare con chiarezza anche in Evangelion. La risposta che dà Anno a questa vexata questio era ed è sempre la stessa: sì, l’uomo è solo uno dei numerosi ospiti della Terra e nemmeno il principale e nemmeno il più rispettoso dell’ambiente che lo ospita, ma come insegna Darwin la specie vittoriosa non è quella fisicamente forte o legittimata dall’alto a dominare su un ambiente, ma quella che l’ambiente riesce a prenderselo con la volontà e si adatta per abitarci. Non è la legge del più forte, ma la legge del più adattabile, e da questo punto di vista gli uomini hanno tutto il diritto a stare sulla Terra. Devono portargli rispetto, però.
Da capo
La musica di Evangelion è sempre stata affidata a Shirō Sagisu, il compositore di riferimento di Hideaki Anno. Per la colonna sonora di Evangelion: 3.0+1.0 Thrice Upon a Time non si può dire altro se non quello che già si è detto per le sue precedenti colonne sonore, ovvero: è bellissima. Come sempre Sagisu recupera suoi vecchi temi (sia da Evangelion sia dagli altri titoli di Anno) a cui dà nuovi e a volte sorprendenti arrangiamenti, e anche stavolta non delude.
Lo stesso si può dire per Hikaru Utada, che per i lunghi titoli di coda del film canta due canzoni: la prima è One Last Kiss, un nuovo brano scritto appositamente per il film, mentre il secondo è un nuovo, delicato arrangiamento della già nota Beautiful World sottotitolato Da Capo Version.
Il videoclip di One Last Kiss, la nuova ending theme scritta da Hikaru Utada per Evangelion, è stato diretto da Hideaki Anno stesso.
Saraba…
E così si conclude Evangelion. Tutti i personaggi hanno svolto il loro arco di trasformazione, alcuni sono sopravvissuti e altri no, molte domande insolute hanno trovato risposte (alcune assolutamente inaspettate), e ogni spettatore potrà trovare qualcosa di buono in questo film così ricco di arcobaleni, di sentimenti e di contenuti. Forse è una conclusione ecumenica, forse serve per accontentare tutti, forse sarebbe stata questa la conclusione che avrebbero voluto i fan nel 1997 dopo la serie TV. Forse, ma prima di qualunque cosa questa conclusione è (a suo modo) un lieto fine, e un lieto fine è sempre liberatorio.
Eppure è una conclusione che non è una morte: è piuttosto un dies natalis, un abbandono del mondo fisico per entrare definitivamente nel mito.
Con questo quarto film, eliminando l’ipotesi del loop a favore della rinarrazione fiabesca che si conclude con un “… e vissero tutti felici e contenti”, Anno mette la parola “Fine” alla sua esperienza con questa storia che ha radicalmente cambiato la vita a lui come a tante altre persone nel mondo. O forse non è veramente una fine? Durante una scena nel teatrino del Perfezionamento, una proiezione sul muro potrebbe far sospettare che si tratti dell’ennesima di tante storie che si rincorrono. Eppure, poi arriva quel finale così meravigliosamente luminoso e lapidario non lascia spazio a dubbi: dopo 25 anni, 5 mesi e 5 giorni, Evangelion è finito. È ora di tornare alla realtà, è ora di tornare nel mondo vero, basta cartoni animati. Torniamo a casa, che nel caso di Hideaki Anno è la città di Ube. Non c’era il loop e se anche ci fosse stato, beh, si è interrotto per sempre. Addio, fine, stop. Questo vuol dire che, se davvero Anno concederà ad altri artisti di espandere il suo universo con nuove opere, come già accade per Gundam e Macross, queste potranno esistere solo come prequel o midquel, non come sequel (a parte voli pindarici che al momento sembrano improbabili).
In ogni caso, c’è sempre speranza e, forse, ci rincontreremo ancora. Per ora non resta che dire a Hideaki Anno grazie per aver prodotto qualcosa di così importante, addio per questa storia, e congratulazioni per quello che verrà.
Addio per sempre, Evangelion.
終劇
P.S.: alla vista della lettera «Buongiorno, buonanotte, grazie, addio» credo di aver riso e pianto contemporaneamente. Miglior arco di trasformazione di sempre per il miglior personaggio di sempre dell’animazione giapponese.
Oh no, ora mi hai fatto venire voglia di riguardarmi tutto Evangelion anche se mi ha sempre fatto schifo per poter leggere le parti con gli spoiler!
Anche essere schifati è comunque una reazione, vedi, non lascia indifferenti!
Lol, invece la teoria del loop è stata esplicitamente confermata dal dialogo tra Shinji e Kaworu, senza contare le sequenze della serie tv e di EoE che si vedono in un cero momento. E poi si capisce benissimo che quel certo personaggio è il clone di…
No, questa cosa non è stata esplicitamente confermata affatto. Ammetto che ci potrebbero essere margini di dibattito su questo (come su mille altri aspetto della serie tuttora ambigui), ma la teoria del loop non è stata confermata, anzi.
+++++++++ SPOILER +++++++++
Kaworu dice che LUI può incontrare Shinji infinite volte perché il suo nome è scritto sul Libro della Vita e quindi può morire e rinascere all’infinito, non che tutti possono incontrare tutti infinite volte. LUI può, gli altri no, tant’è vero che nel dialogo finale di Shinji e Rei nel teatro Shinji pronuncia la battuta, questa sì esplicita, «Il tempo e il mondo non possono tornare, però semplicemente vorrei un mondo nuovo senza Evangelion», e rifonda un mondo senza Eva. Il tempo NON torna, il mondo NON torna: si può solo andare avanti. Possono esistere tante realtà, ma dipendono da noi, come viene spiegato a chiare lettere nel finale della serie TV, quindi la proiezione di immagini nel teatro («sequenze»? Quali «sequenze»? Ma l’hai visto il film?) potrebbero essere ipotetiche altre realtà. Nessuno parla mai, che so, dei precedenti tentativi di perfezionamento o altro: SOLO Kaworu usa termini come “ancora” o “di nuovo” e cose del genere perché SOLO lui può.
Perdonami Mario, premetto che (come quasi tutti) non ho visto il film, ma non capisco in che modo Kaworu possa incontrare Shinji infinite volte se gli eventi non si ripetono. La vita di Shinji dovrebbe avere una durata definita, di conseguenza Kaworu potrebbe incontrarlo soltanto una volta. A meno che, come nel finale del manga, Shinji non continui a reincarnarsi, ma in fondo non sarebbe già questo una sorta di loop?
Chiedo scusa, ma a questo punto credo di essere io che non riesco a spiegarmi bene. Non mi riferisco a te specificatamente, eh, ci mancherebbe, ma l’ho scritto in quest’articolo quando cito 1999 nen no natsu yasumi, l’ho scritto nella trama pubblicata su Distopia Evangelion, l’ho scritto in un commento poche righe qui sopra, l’ho scritto a molti che me l’hanno chiesto via messaggio privato sui social network, e ancora va avanti questa cosa del loop.
+++++++++ SPOILER +++++++++
La metto in maniera semplice: c’è un solo Shinji e innumerevoli Kaworu, quando ne muore uno ne arriva un altro. In Puella Magi Madoka Magica, che ho visto usare assurdamente come confronto con Evangelion: 3.0+1.0, Homura torna indietro nel tempo: quindi c’è una sola Homura e tante linee del tempo. Qui invece c’è una sola linea del tempo e tanti Kaworu, è proprio l’esatto contrario. Lo Shinji della serie, dei film vecchi e del fumetto sono Shinji diversi, perché (anche questo scritto e ripetuto) non si tratta di un’unica lunga storyline, ma di tante storyline, o tante diverse realtà immaginate da Shinji (come succede alla fine dell’episodio 26 quando Shinji immagina una realtà diversa con Rei che corre col toast in bocca). Le varie serie di Evangelion sono tante realtà diverse, i vari Kaworu del Rebuild of Evangelion sono tanti Kaworu diversi. Quando anche i fan italiani avranno visto il film sarò felice di discutere questo aspetto importante della serie, magari ci sono dei margini di interpretazione, ma francamente non credo ci sia alcun loop perché nel film viene proprio mostrato visivamente che ci sono tante bare sulla Luna con tanti Kaworu che arrivano uno via l’altro.
Non ho ancora finito il manga e se fosse uno spoiler non voglio sapere la risposta a questa domanda, ma… quale personaggio è clone di chi?
Ciao Mario, ti scrivo qui perché non avendo più Facebook (prima era capitato di interagire sotto i post di Distopia tramite il mio account fake) non so proprio come raggiungerti per un confronto un argomento spoiler a me molto caro.
+++++++++ SPOILER +++++++++
Tu come l’hai interpretato il rapporto tra Asuka e Shinji in questo film? Perché secondo me quando il film arriverà in occidente se ne parlerà molto più di quanto non se ne stia parlando in Giappone a causa probabilmente delle differenze culturali che ci sono. Mi spiego meglio: preso letteralmente, e ovviamente non ha senso farlo essendo Eva ma è un ottimo spunto iniziale, il film termina con una riappacicazione totale tra i due, che si dichiarano di “essersi amati”. Tuttavia però contestualizzando le parole e atteggiamenti di entrambi secondo la chiave di lettura varia. Partendo in ordine cronologico quello che salta subito all’occhio è l’atteggiamento di Asuka nei confronti di Shinji, la quale infatti per tutta la parte del villaggio sembra sommergere di tutti i possibili stimoli “vitali”: lo riempie forzatamente di cibo per nutrirlo, si presenta nuda di fronte a lui aspettandosi una reazione imbarazzata (e trova invece una apatia spezzata solo dal vomito provocato dalla vista del DSS Choker), lo va a cercare quando fugge di nascosto. Tutti atteggiamenti che, mai così chiaramente, nascono da una realtà che Asuka ammetterà. Lei ha amato Shinji, e in lei questo sentimento, mischiato alla rabbia per quanto successo con l’Unità 03, ha scaturito questo mix di amore e rabbia. Lo stesso Shinji, nel momento in cui si presenta ad Asuka durante il Perfezionamento le mostra quello che bisogno di sapere e sentirsi dire per poter andare avanti: Kensuke che le da le carezze che ha sempre desiderato da padre e madre che non ha mai avuto, la possibilità di vivere in quanto donna e non in quanto strumento, le confessa che il suo sentimento era ricambiato e la saluta prima di mandarla nuovamente da Kensuke.
Quello che però rimane non chiaro è quanto in realtà entrambi, nel momento della loro confessione, utilizzino i tempi verbali al passato perché in entrambi i casi sono consapoli che quello che stanno per affrontare è un viaggio senza ritorno (l’assalto di Asuka sullo 02, il sacrificio di Shinji per il Perfezionamento), o quanto in realtà sia effettivamente un sentimento passato. Dal punto di vista di entrambi infatti si hanno messaggi costrantanti fino alla fine: Asuka, riottenuto il suo corpo umano e cresciuto, arrossisce e si imbarazza sentendo la confessione di Shinji, lo stesso Shinji pronuncia parole possibili di più interpretazioni (“voglio aiutare Asuka e tutti gli altri” dice a Kaworu) e la guida nel Perfezionamento in maniera mai così altruista e premurosa verso il prossimo.
L’ostacolo in questa relazione è sempre stato quello che Asuka amaramente ammette durante la sua confessione: lei è dovuta crescere prima mentre lui è stato 14 anni fermo. Shinji deve invece raggiungerla. Durante il film però c’è anche una progressiva cresita di Shinji, che viene in maniera diretta riconosciuta da Mari (per ben due volte, prima della sua departita sullo 08 e nel finale), da Gendo (per aver accettato il sacrificio di Misato) e da Kaworu (durante il perfezionamento). Il finale del film stesso ci mostra uno Shinji ormai adulto, in pace con se stesso e pienamente capace di accettare il prossimo, quindi possibile anche di amare se stesso e il prossimo. Uno Shinji che appunto, cosa che faceva notare Asuka a Mari, non si trova forse più nella situazione di avere più bisogno di una madre che di un amante.
Lo stesso finale però, ed è la prima cosa che ho notato, mette proprio Asuka nella posizione più “irrilevante” di tutti gli ex-piloti: lei è ridotta ad un personaggio sullo sfondo dell’altra banchina. Se abbiamo quantomeno un primo piano su Rei e Kaworu che chiacchierano tra di loro, la stessa attenzione non viene data ad Asuka. I tre inoltre prendono poi lo stesso treno e una volta partiti Mari e Shinji corrono proprio verso l’uscita dal lato di Asuka, Rei e Kaworu verso un mondo misto tra realtà e animazione. Se magari possiamo pensare che l’inquadratura su Rei e Kaworu sia lo sguardo di Shinji, perché non si posa anche su Asuka?
Leggendo i post più popolari di Twitter dei giapponesi mi sembra di capire che l’interpretazione più popolare, o quella per cui si fa più il tifo, sia appunto che vede in realtà entrambi ancora innamorati dell’altro e finalmente con la possibilità di vivere questo amore in futuro. Tuttavia credo anche che i giapponesi siano forse più abituati agli anime formativi dal finale aperto, mentre noi occidentiali amiamo più dei finali più definiti, per questo mi aspetto anche che se ne parli di più da noi (oltre che al fatto che aneddoticamente gli appassionati del rapporto tra Asuka e Shinji sono quantitativamente una parte consistente del fandom italiano).
Mi scuso per il papiro, ma sono interessato a sentire la tua opinione che il film l’hai visto intero.
Che commentone, grazie mille! Ti rispondo brevemente sia perché il film è particolarmente stratificato e si presta a molte interpretazioni quindi, come anticipi tu, sarà interessante sentire le opinioni di tutti, sia perché onestamente non sono sicuro di come risponderti. Ti scrivo semplicemente quello che penso io, ma attenzione: non è detto che sia giusto eh, è la mia lettura.
+++++++++ SPOILER +++++++++
Per tutta la prima parte del film Shinji sembra schiacciato da tristezza/colpa/ricordi del passato e non ha rapporti con nessuno, tantomeno con Asuka nonostante lei provi a parlargli, a nutrirlo eccetera. Poi dopo lo shock della morte del clone di Rei, e quindi metaforicamente di sua madre, a me sembra che Shinji smetta di essere bambino e diventi uomo. Forse esagero, ma fino alla morte del clone di Rei Shinji era in qualche modo ancora un bambino e poi diventa un uomo. Se prima il suo comportamento era mosso o bloccato da motivazioni personali, come alla fine di 2.0 quando salva Rei per un suo desiderio, dopo la morte della madre Shinji piange (non vediamo le lacrime, ma i suoi occhi arrossati) e acquisisce una sorta di coscienza adulta, una coscienza che esiste anche il resto del mondo e non solo lui. Da questo punto in poi Shinji ha in faccia una sorta di espressione fissa, di sorriso permanente, di compostezza fisica: anche se lo rinchiudono in cella d’isolamento, anche se Asuka gli confessa di avergli voluto bene, anche se sparano al padre in testa, qualunque cosa succeda Shinji sembra sempre sereno, e inizia ad avere comportamenti e a fare discorsi univerali, ecumenici, o quasi (e qua si arriva alla mia interpretazione preferita, come avrai capito dall’articolo) messianici. Shinji diventa Gesù che vuole salvare l’umanità liberandola dal gioco del peccato/Evangelion. Nel discorso finale col clone di Rei, lui dice che desidera un mondo senza Eva, non non sembra un desiderio personale bensì cosmico, per tutti, lui lo desidera per sé stesso, per Asuka, per Mari, per Rei, per tutti.
In questo senso, anche se il tuo ragionamento mi sembra perfettamente argomentato, personalmente non ho visto un fortissimo legame Shinji-Asuka nel film: certo, si dicono che in altri tempi e altre circostanze si sono voluti bene, ma la cosa (per me, almeno) acquisisce meno importanza rispetto al concetto di salvezza cosmica che riguarda tutti. Shinji vuole salvare Asuka tanto quanto gli altri per permettere a tutti di avere una nuova vita al di fuori degli Eva: che poi questa nuova vita di Asuka sia una vita d’amore con Shinji, o una vita serena con Kensuke-padre (io non penso proprio che sia Kensuke-amante, come ho letto da qualche parte: dormono in stanze sperate, non si toccano e non hanno mai il minimo contatto intimo) o un’altra vita ancora, beh, questo lo lascio alle speculazioni del fandom, che sono una parte importantissima di Evangelion, ma non mi hanno mai interessato molto.
Poi magari quando vedrete il film ci troverete un rapporto Shinji-Asuka fortissimo che io, molto semplicemente, non ho proprio visto, tutto è possibile!
Ciao Mario! Finalmente il film è uscito anche da noi e quindi volevo lasciarti un mio commento a riguardo.
Credo che l’unico vero difetto di questo film sia riassumibile in una sola parola: Mari. E non perché sia un brutto personaggio, ma perché quasi tutte le parti del film che non mi convincono pienamente hanno a che fare con lei.
Mari mai come in questo film si dimostra un vero e proprio mix tra un Deus Ex Machina, è lei con il suo Eva a “salvare” Shinji tramite quella che potremmo veramente definire vera e propria “magia” nel finale, e una Mary Sue, con il suo Eva 08 non ha infatti rivali in questo film e non sembra mai non riuscire in tutto quello che si pone come obiettivo.
Si arriva al finale vero e proprio in cui è lei ad accompagnare Shinji e lo spettatore nel mondo reale ma non si sviluppa mai un legame tra lei e Shinji, che sono abbastanza certo si scambino meno di 10 frasi di dialoghi di cui la metà incentrati sulle grandi tette di Mari (sottolineato ben due volte) e l’odore di Shinji, nè tra lo spettatore e Mari, che non viene mai immerso nel suo mondo e nei suoi sentimenti come invece avviene con tutti gli altri personaggi principali.
Penso che la maggior parte del pubblico si sia emozionata di più a vedere Asuka, Kaworu e Rei dall’altra parte della stazione piuttosto che a vedere Mari togliere il collare esplosivo a Shinji (come tra l’altro?), nonostante la rilevanza data fosse ben diversa.
Quello che il film fa bene invece è… quasi tutto il resto.
La parte iniziale del film che vede protagonisti Shinji Asuka e Rei è piena di sentimento e momenti emotivamente molto potenti, le mie scene preferite sono Shinji che vomita vedendo il collare su Asuka che poi avrà la premura di nasconderlo con una sciarpa rossa e gli ultimi momenti di Rei con Shinji e la sua lettera lasciata ad Hikari.
I combattimenti sono entusiasmanti, anche se devo ammettere che ad un certo punto il film mi ha perso completamente in tutto il chaos di spiegazioni e magie mai viste prima nella serie, e tranne che in poche scene la realizzazione tecniche è sempre di livello (veramente inguardabile però la Rei gigante).
Gli addii dedicati ad ogni personaggio sono pensati per far commuovere lo spettatore e funzionano tutti. L’addio ad Asuka sulla spiaggia rossa con la confessione di Shinji e l’ultima frase di Asuka che non poteva non essere che “baka Shinji” è una lettera d’amore ai fan dei due come coppia, l’addio a Kaworu è toccante e delicato, quello a Misato li vede veramente come una madre e un figlio (e Misato in questo film passa più per madre di Shinji che per madre del suo vero figlio, veramente un personaggio che sembra aggiunto quasi solo come fanservice per i fan di Kaji e Misato).
Per quanto riguarda un punto di vista di più soggettivo, penso che la maggior parte dei giudizi verterà sul chiedersi se un finale di questo tipo sia o meno quello giusto per i personaggi.
Questo film è un addio a tutto Evangelion. Agli Evangelion, al mondo di Evangelion, ai personaggi di Evangelion e anche un addio dei personaggi di Evangelion agli altri personaggi di Evangelion.
Evangelion è sempre stata la storia del vincere le proprie paure e abbracciare la bellezza, e le difficoltà, del vivere con il prossimo. È quindi giusto per Shinji salutare con grande finalità tutte le persone a cui vuole bene?
Il film stesso in ogni caso si sofferma sul significato degli addii nella parte iniziale con Rei, e il futuro dei personaggi è lasciato alla fantasia e sensibilità dello spettatore.
Mai come in questo film infatti Eva ci ricorda che è un’opera di fantasia, e che nella fantasia tutto quello che è immaginabile è reale. Un insegnamanto che sembra quasi un invito allo spettatore ad immaginarsi come potranno continuare le avventure di Shinji e co. in questo nuovo mondo senza Evangelion.
Si rincontreranno i personaggi? Che vita faranno? Che persone diventeranno? Sono tutte domande la cui risposta Anno sembra affidare allo spettatore.
Devo poi fare una considerazione personale su Gendo in questo film: ho trovato ABERRANTE da un punto di vista prettamente etico e morale il trattamento riservatogli.
La scelta del film di porre l’accento più volte sul fatto che Shinji avesse il dovere di empatizzare e provare a comprendere il padre è secondo me un messaggio estremamente tossico da lanciare e potenzialmente pericolosissimo.
Facendo un confronto diretto con End of Eva il trattamento riservato a Gendo fa un 180° che trovo ingiustificabile, visto anche che Gendo in questi nuovi film ha letteralmente sterminato miliardi di persone e, veramente appena 15 minuti prima del confronto con il figlio, ha freddamente ucciso Asuka davanti a Shinji e tutta la Wunder.
Spero che nessun bambino (perché a 14 anni Shinji è poco più che un bambino) con un genitore simile si senta in dovere di dover farsi carico dei loro problemi, deviazioni e turbamenti.
Mi ha anche molto shockato che il film glossi completamente sulle azioni incredibilmente deprecabili di Gendo e gli riservi anche una riunione con Yui fatta di amore.
In sintesi mi sento di dire, anche dopo aver avuto l’occasione di vedere End of Evangelion al cinema mesi fa, che questo non è un nuovo End of Eva. Non avrebbe potuto mai esserlo per mille motivi, ma è un film che pur con i suoi difetti è degno di essere Evangelion.
Shinji, Asuka, Rei, Kaworu e Mari ora sono liberi di vivere la loro vita, di essere chi vogliono essere, e così come loro Anno, a cui auguro solo tanta felicità.
PS: Ho letto già alcune interviste ad Anno in cui già riapre alla possibilità di tornare nuovamente a lavorare su Evangelion. Mi hanno strappato un sorriso malinconico.
Ho l’impressione che per quanto Anno ci provi non sarà mai veramente fuori da Evangelion. Quello che mi chiedo quindi è: se Anno non riesce a stare lontano da Eva, potrà mai l’addio di Shinji a tutti i suoi amici essere definitivo.
Penso proprio che il futuro di Shinji abbia, tra le altre cose, il suono di tanti “stupi Shinji”, tanti sorrisi di Rei e tante mani tese da Kaworu.
Addio Evangelion, sono sicuro ci rivedremo.
Grazie per il bel commento.
Una delle cose che mi salva dall’impazzire su Evangelion è che sono un grandissimo fan 1) del suo messaggio 2) del suo mondo narrativo 3) della sua messinscena (ritmo, montaggio, composizione visiva, effetti, colori, linguaggio, grafica, musiche e in generale di tutte le questioni prettamente cinematografiche), ma non mi interessa poi granché della trama, dei misteri e dei personaggi (ora che ci penso dico sempre che il mio persoanggio preferito è Rei forse perché è l’unico che davvero mi piace in sé, gli altri li trovo funzionali alla trama, ma non mi interessa se vivono o muoiono… Rei invece sì). Ecco perché io sono abbastanza freddo davanti alle prese di posizione su quale personaggio è migliore fra Mari vs. Asuka o su quanto Gendō sia abominevole eccetera… non che sia contrario a queste discussioni, solo che a me interessano poco. Ad esempio, quando ho visto Gendō “premiato” a fine film nonostante sia oggettivamente una bestia umana francamente ho pensato che era funzionale alla trama e stop, ma ripeto: questo è solo il mio approccio, e fra l’altro sono in netta minoranza dato che la lotta fra chi è la best girl della serie è chiaramente uno dei motivi per cui Evangelion ha tanto successo.
Anch’io sono certo che rivedremo Evangelion in qualche forma, c’è solo da attendere.
Ho dimenticato una cosa quindi aggiungo un altro commento. Non so se hai avuto modo di ascoltare “Repeat”, la canzone di Megumi Ogata scritta come “tema non ufficiale” di Evangelion per il suo ultimo album.
Mi ha veramente commosso il testo, Ogata si conferma secondo me la doppiatrice perfetta per Shinji e ne capisce davvero ogni più piccola sfumatura caratteriale.
Mi è dispiaciuto per lei che non abbia avuto modo di poter dare voce a Shinji nel finale, e per quanto capisca che un uomo di 28 anni forse è più giusto farlo doppiare ad un uomo, per me Shinji è la voce della Ogata e nessun altro può sostituirla.
Quoto tutto!
Questo film di sicuro impallidisce in termini di innovazione rispetto alla serie e film originali, ma non credo che sia stato possibile fare altrimenti, quelle erano opere decostruttive che hanno avuto il loro impatto nello scardinare un panorama narrativo che andava irrigidendosi.
Ma la decostruzione ha sempre l’effetto opposto, non libera il genere di riferimento dai propri cliché, ma lo rende consapevole dei propri cliché, e consapevole di quanto possano essere monetizzabili. E così abbiamo avuto la pletora di battle shonen dal 2000 in poi che sembrano scritti da una IA e l’obbligatorio duo di waifu, quella tenera e ingenua e quella aggressiva e procace.
Su quest’ultimo punto direi, che diamine, quest’ultimo film ci ha dato dentro con la sessualizzazione di personaggi femminili. Le plug suit delle donne hanno tutte la conchiglia davanti all’inguine, Asuka se ne va in giro con le tette al vento come non fossero sue, le inquadrature dal basso in alto sembrano uscite da una galleria di Rule34. E stiamo parlando di personaggi che nel canone dell’opera hanno corpi da quindicenni.
Considerando che End of Evangelion è una bastonata sulle dita a tutti gli otaku che hanno osato sessualizzare i personaggi di Asuka e Rei (mentre nella serie si trattava più di nudi artistici e simbolici) e che Anno non è uno stupido, credo che sia una scelta intenzionale atta a prendere in giro il fan otaku che continua a idolatrare questi personaggi, dandogli qualcosa di così esagerato da far sentire perfino lui a disagio.
Malgrado Thrice Upon a Time non possa possa contenere la fiammata creativa di un’opera decostruttiva degli anni ’90, perché ormai il genere è consapevole dei propri cliché, è bello per la chiusura che dà. Finalmente dopo venticinque anni, Shinji decide di uscire dalla propria testa e vedere che esiste un mondo al di fuori dell’appartamento di Katsuragi e la NERV, e la prima location del film è essenziale per stabilire questa cosa sia per il personaggio che per lo spettatore.
E decide di affrontare il padre, non per accusarlo, ma per conoscere le sue motivazioni. Finalmente Shinji (già lo aveva fatto nell’episodio 19 delle serie, ma quel pezzo di character development è stato ignorato) decide di agire secondo coscienza e non per l’approvazione altrui, ed è qualcosa che mi ha davvero messo in pace con il personaggio.
Il film non è rivoluzionario come l’originale ma almeno ha dato un tanto sospirato senso di chiusura.
Quoto praticamente tutto, e in particolare il punto in cui scrivi che la continua esposizione di service femminile alla fine te lo rende quasi irritante, e forse era proprio lo scopo. Ti interesserà poi sapere che Mamoru Oshii la pensa come te per quanto riguarda il ruolo di Evangelion nello svelare i cliché e, al contempo, sdoganarli rendendoli disponibili (se non obbligatori) per il loro uso volgarizzato.
A parte la buona e dettagliata analisi, per cui ringraziamo, ma in realtà ci sarebbero diverse altre cose da spiegare che non sono state spiegate purtroppo, nè dal regista, nè in questa recensione peculiare.
E comunque l’ep. 4 nel primo film c’è e dura ben 6 minuti al centro del film stesso dividendolo in due parti,..o almeno è inevitabilmente citato. la fuga di shinji non è cancellabile dalla narrazione della tetralogia. è impossibile fa parte della storia. la ramanzina di Misato c’è tutta e con variazione severa del comportamento di misato contro se stessa pure.
Piuttosto mi sarei aspettato di capire meglio il personaggio di mari…o maria…e nn aggiungo altro per non fre spoiler…
Niente da dire su di lei? Ci sarebbe interessata una tua analisi su di lei ed il suo significato. Ma anche sul destino di Asuka.
Non finirò MAI, MAI, MAI di sottolineare l’importanza, di difendere e di lodare l’episodio 4, anche e soprattutto perché sono 25 anni che viene invece sminuito e demolito in tutti i modi dal fandom (esattamente come accade per Death & Rebirth, altra opera ingiustamente sminuita). Sì, l’episodio 4 era già apparso brevemente in 1.0, ma qua si prende il suo spazio, e io la vedo come una grande rivincita. Anzi, mi sorprende sentire i fan dire “La parte al Villaggio-3 non sembra Evangelion, è così tranquilla, poco parlata in mezzo alla natura!” quando invece abbiamo avuto un intero episodio tranquillo, poco parlato e in mezzo alla natura… ma era stato sottovalutato.
Su Asuka e Mari: questa recensione-analisi prende in considerazione alcuni aspetti di questo film così ricco, ma non tutti, altrimenti sarebbe dovuta essere lunga dieci volte tanto. Confido che, in altra sede, qualcuno migliore di me e più interessato alle questioni della trama (che invece non sono il mio forte) possa sviscerare in maniera soddisfacente i misteri dei personaggi.
Perché Shinji dopo aver ricostruito il mondo senza Evangelion, senza Angeli e senza i piani per il perfezionamento dell’uomo, dopo aver deciso di accettare se stesso, gli altri e aver deciso di crescere, ha deciso di non avere più vicino a se le persone a cui tiene e che a lui voglio bene, Rei, Asuka, Misato e i compagni di classe? Ora che il mondo è normale, poteva stare con loro, a maggior ragione che lui ricorda tutto, invece no. Mentre a Mari ha permesso di restare con lui! Questo non lo capisco!