Dylan Dog Color Fest 16 – Sgombrare la mente

Cover-DDCF16-okRecensione del Nerd Classico: Tre storie che sono una continua masturbazione mentale ove o non succede nulla, o quello che succede è incomprensibile. Tre autori assolutamente inadatti a seguire la tradizione del caro Dylan Dog di Sclavi. Ausonia si permette addirittura di rinarrare le origini del look di Dylan Dog in completa contraddizione con quello già narrato ne La fine del mondo, albo in cui Dylan incontra per la seconda volta Martin Mystère. Nella seconda storia Marco Galli disegna un Dylan che non è affatto simile al caro Rupert Everett, anzi pare una specie di uomo deforme uscito da Freaks con delle orecchie a sventola mai viste prima. Poi certi primi piani sembrano usciti dalle retrocopertine dei più sfigati dischi Death Metal dei primi anni ’90. Non parliamo poi dell’ultima storia ove praticamente il soggetto dovrebbe essere di una sola riga. Tal Aka B. non riesce a disegnare una sola mattonella dritta che tanto ci fa rimpiangere il Frank Miller di Sin City. Come inizia, la storia finisce. Senza nessuna vicenda. Non comprate questo fumetto. Meglio prendere l’ultimo mega evento Marvel, qualunque esso sia.

Recensione di chi si sgombra la mente: Nuova formula con meno pagine, ma periodicità trimestrale con contenuti svincolati da molte ristrettezze tipiche del fumetto seriale. Non che Dylan Dog sia mai stato un emblema dell’immobilità di certi personaggi seriali a fumetti, ma qui siamo forse al punto massimo di sperimentazione nelle storie dell’indagatore, mai vista finora. Il titolo dell’albo Tre passi nel delirio è una vera promessa mantenuta: la formula “cliente con problema – suonata di campanello con Groucho che apre dicendo la sua battuta – spiegazione del problema con il tè servito – svolgimento dell’indagine – Dylan involontariamente coinvolto in cose più assurde di quelle che sembravano – risoluzione quasi casuale del caso con epilogo che ci lascia con più dubbi di prima” è quanto di più lontano che ci sia.

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La prima storia intitolata Sir Bone – abiti su misura è realizzata completamente da Ausonia. I suoi disegni sono sospesi tra realtà e sogno come lo è la storia. Racconta di come Dylan, fiabescamente, si rifà un completo ogni anno. Un viaggio fantastico che ci fa quasi respirare il marcio (letteralmente) dei vecchi vestiti di Dylan e ci accompagna un’atmosfera folle da Inferno dantesco. Alla fine si rivela una vera parabola in cui Dylan si analizza, confrontandosi con la signorina Claretta, che ha incubi in cui lo stesso Dylan non può che rimanere inerme.

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La seconda è una storia realizzata da Marco Galli e si intitola Grick Grick che è l’onomatopea della masticazione. Dylan si ritrova improvvisamente a casa un essere grassissimo che non fa altro che masticare, ossessionando lui e la sua momentanea compagna. Questa masticazione sarà l’assillo che prenderà anche il lettore fino alla fine, sia nelle vignette senza dialoghi con questo rumore disegnato, che senza, aumentando il senso di follia che ci stringe. Galli ha un tratto che mi fa ricordare un mai troppo compianto Attilio Micheluzzi: un Dylan finalmente diverso, che si stacca completamente dalle solite forme di Rupert Everett, mentre la storia la possiamo paragonare, giusto per far capire, ai Monty Python che si danno all’horror. Una tavola in particolare mostra un selfie che mette davvero inquietudine, per il suo grottesco, soprattutto quando leggiamo quello che succederà dopo.

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La terza è forse la più sperimentale. Aka B. (pseudonimo di Gabriele Di Benedetto, artista polivalente nel campo del disegno e del cinema) realizza una storia da subire più che da leggere. Dylan è prigioniero (casualmente?) in un pozzo e non sa come ci sia arrivato. Durante la notte ci saranno tante sensazioni, tanti pensieri e piccoli gesti per la sopravvivenza, di chi non sa come uscire da una trappola. Forse l’alba porterà la risposta. Ripeto una storia da subire più che da leggere. Fatevi sovrastare in un momento di calma. Spegnete tutto e abbandonatevi. Ogni tanto nella vita ci vuole.

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