Dylan Dog 357 – Vietato ai minori
La nuova uscita del celeberrimo fumetto bonelliano catapulta il suo protagonista nel mondo del cinema horror. Una bella intuizione o un tonfo scomodo? Starà a me deciderlo ma non è cosa semplice…

Non sono un lettore di Dylan Dog, di fatto non lo sono mai stato. La mia passione per i fumetti nasce con il più classico dei classici: l’Uomo Ragno Edizioni Corno. In moltissimi leggevano invece le avventure de “l’indagatore dell’incubo”, a me noto ai tempi solamente per le fantasiose onomatopee usate nella narrazione, oltre le quali però non mi sono mai spinto.
Vi domanderete, quindi, cosa ci faccia qui. Dubbio lecito… uno degli obiettivi del nuovo corso (non più tanto nuovo a dire il vero ma ci siamo capiti) di Dylan Dog è quello di tirare dentro nuovi lettori per cui si e pensato di affidare le recensioni di alcuni albi a gente che legge abitualmente fumetti ma non è un lettore incallito di Dylan. Tipo il sottoscritto.
L’albo che mi è stato affidato, Vietato ai minori, vede la sceneggiatura di Pasquale Ruju ed i disegni di Davide Furnò e Paolo Armitano con la copertina di Angelo Stano. Sfogliandolo, senza ancora aver letto nulla, balza agli occhi come il disegno sia fin troppo confacente agli standard aziendali, seppur in altra sede si sottolineava la voglia di rinnovamento della casa editrice. Il duo di artisti, pur risultando formalmente ineccepibili e bravi a rendere l’espressività dei personaggi, struttura le tavole nel modo più scolastico possibile: le inquadrature usate per rappresentare gli ambienti e le scene di azione su campi medio-ampi si alternano ai numerosissimi primi piani per i fini narrativi. Non si nota alcuna soluzione grafica che possa far emergere una tavola rispetto ad un’altra. Tutto è ben confezionato come da tradizione Bonelli ed è sicuramente una strategia giusta per lettori medi, ma per i più smaliziati il confronto con altre produzioni sia italiane che estere è piuttosto impietoso. Chiudendo per un attimo il volume, guardando la copertina, ci si domanda: “Se l’albo fosse stato commissionato a un altro disegnatore, il livello quale sarebbe stato? Chi ha in mano il pallino della regia della tavola? Chi ha deciso di non rischiare troppo?”.

Se dal punto di vista grafico quindi lo sguardo del lettore non è poi così appagato (o “sfidato” se preferite), cerchiamo di capire qualcosa in più sulla storia.
Dylan Dog è un appassionato di film horror. Specificatamente di quel genere classico nato in Inghilterra fra gli anni ’50 e ’70 grazie alla Hammer Film Productions o ancora dello splatter puro, vecchio stile, di Herschell Gordon Lewis. Una sera riceve l’inaspettata visita di un’avvenente signora che, guarda caso, si rivela essere una star cinematografica americana sulla via del declino, per la quale il Nostro ha estrema ammirazione (dichiara di avere tutti i suoi film in VHS). Chiaramente ci passerà la notte.
Senza apparente motivo, la donna abbandona quindi la casa lasciando un biglietto aereo e un invito: destinazione Los Angeles.
Da questo punto in poi la narrazione, fino ad ora abbastanza lineare e comunque interessante (l’albo si era aperto con un flash forward che magistralmente ci aveva strizzato l’occhio su quanto avremmo potuto leggere più avanti), inizia a piegarsi su se stessa con scene di dubbia utilità, se non quella di aumentare il numero delle pagine, e che di fatto aggiungono poco all’economia della storia.

Inizia l’indagine che Dylan perpetra sulla base di una sua sensazione e totalmente alla cieca: cerca indizi su come rintracciare l’attrice. Raggiunta la meta della sua ricerca, arriva il secondo storcimento di naso del lettore. In una storia sanguigna, cruda, dove si citano gli snuff movie e decisamente vicina alla natura umana, è lecito usare l’elemento esoterico? A mio parere no. Qui invece, senza troppa indecisione, ci sono ben due scene che, se venissero estrapolate dal contesto, potrebbero funzionare con maggior effetto in altri episodi della saga.
Si arriva quindi al finale che non fa certo saltare sulla sedia per originalità (il movente del tutto sembra alquanto confuso).
Mi sento di bocciare questo volume? Non è facile dirlo. I disegni seppur non eccellendo, di certo sono funzionali alla narrazione e quest’ultima, anche se con qualche forzatura di troppo nella sceneggiatura, è comunque scorrevole. Arrivati alla 94 esima pagina, l’ultima della storia, non si ha però quella sensazione di compiacimento che si dovrebbe avere…