Beowulf – Un’epica iberica dagli anni ’80

Ha quasi del miracoloso come attraverso i secoli, inchiostri medievali, copiature, ci sia giunta la strana storia di questo eroe celtico, fino al suo rifacimento in film e da oggi anche in fumetto. Di piacevolissima lettura!

Parliamo di Beowulf: Santiago García e David Rubín, editore Tunué, Collana «Prospero’s Books Extra» n. 13, I edizione: febbraio 2015 (edizione originale: 2013)

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Ecco un altro 10/10 (voto) dato a cuor leggero!
Mi sono lasciato piacevolmente coinvolgere e rapire da questo adattamento spagnolo a fumetti dell’antica leggenda di un eroe nordico (celtico) a pieno diritto entrato da qualche anno-decennio nell’Empireo dei più conosciuti e frequentati, Beowulf, sul quale lavorò, come accademico, anche J.R.R. Tolkien.

Questo Beowulf madrileno-gallego, arriva presso un regno danese tormentato dalla presenza di un mostro invincibile, per realizzare l’impresa più classica del repertorio epico antico nordeuropeo: ucciderlo. Ma è solo l’inizio del suo nuovo e definitivo percorso d’eroe verso il più desiderabile dei beni e delle sorti per un pagano: sapere che il suo nome non sarà dimenticato, e raggiungerà quella malinconica “immortalità” che solo la gloria può garantire.

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È stata una sorpresa trovare questa bella opera epica iberica; un albo che non lascia rimpianti, scorrevole, agile, ben concepito e ben realizzato sotto ogni aspetto.
La sceneggiatura ne rappresenta la parte meno corposa, dato che esso si propone come “spudoratamente sbilanciato” sulla grafica, ma riesce ciononostante ad assolvere il suo ruolo di guida, discretamente (da intendersi non come giudizio, ma come modo) e tuttavia lascia un bel ricordo della sua forza, ha carisma. Sono solo un paio le frasi memorabili, ma non solo ci sono (che non è scontato), suggeriscono anche l’idea della laconicità di un personaggio arcigno e di poche parole come uno amerebbe immaginare il protagonista.

Nonostante il Beowulf sia un poema epico (uno scritto), il suo attore è dei più truci e ostici del panorama, ben lontano dall’eloquenza dei suoi omologhi greci, ma pure dalla galanteria o retorica di tanti germanici, e questa impostazione generale gli rende giustizia.

La parte principale dell’albo è nel disegno, dal quale mi sono lasciato stregare sin dalle prime tavole, forse perché -a prescindere dalle specifiche abilità tecniche che evidenzia- rielabora, cita e ripropone, tanto, tanto, ma tanto materiale grafico che ho amato profondamente in gioventù e sin dall’infanzia.
Ci ho visto modi e stilemi dell’arte medievale e della sua illustrazione, specie nel tratto squadrato e nei colori, che sono la parte più apprezzabile e in evidenza dell’opera, suggestioni tolkeniane e cinematografiche “vecchio stile”, ma anche arte illustrativa americana fin dai ’50-‘60, copertine e temi usati nell’iconografia tipica dell’heavy metal più classico e amato (specie in Spagna), e tanto altro di più frivolo.

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I rossi, i gialli, le enormi tavole, il fuoco, il sangue, le scaglie di drago o mostro o cotta di maglia, regalano una suggestione visiva vorticosa, che mi ha parecchio convinto e spinto a rileggere tutto un altro paio di volte con piacere. Il suo carattere esplicito, e truce, truculento, la concisione, rendono la lettura fulminea, tanto che ci si rammarica di aver “già finito”, si scivola rapidamente in fondo pagina dopo pagina.

Nonostante (ho trascorso tanti anni là in Spagna) dovrei esserne in grado, non saprei dire se questo fumetto può essere considerato espressione “tipica” del paese da cui proviene. Certo è che gli spagnoli, quando vogliono sanno eccellere (come tutti, del resto)! Anche il congedo finale dell’opera, di Javier Olivares -illustratore sul quale vale la pena fare qualche ricerca su Google, se non lo si conosce-, per quanto malinconico, è ben scritto (e ben tradotto), piacevole da leggere, così come i ringraziamenti -che ricambio-.

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Infine! Alcune “ingenuità” del disegno e della trama, alcuni particolari che si inclinano un po’ sul ridicolo, o il grottesco, conferiscono a mio avviso solo un ammicco di ironia che non stona affatto e che di certo non banalizza il tutto, non lo stravolge. …Che, capiamoci, non vuole essere questa un’epopea né pretenziosa, né seriosa, anzi, forse il tono generale dell’opera è leggero e scorrevole, non frivolo, ma di certo non pedante… scanzonato, sagace  e sicuro. E riesce bene! Senza sforzo, senza perdite di tempo, si sogna per un’oretta proprio di Beowulf, sì, in un’immersione nel gelo e nell’ardore dell’epica più pura, e forse di quei perenni e meravigliosi anni ‘80 che la Spagna porta sempre con sé e a volte sa comunicare al meglio.

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