1F: Diario di Fukushima 3

Si chiude il fumetto sull’esperienza dell’autore come operaio nei lavori per la bonifica della centrale colpita dallo tsunami del 2011. Tre anni dopo l’incidente c’è tempo per dare spazio alla speranza e alla ricostruzione…

DiarioFukushima3_a«Non può accadere niente di peggiore rispetto a quanto è già successo».
Con questa convinzione si chiude il diario di Tatsuta dalla centrale di Fukushima (Ichi Efu), che ci guida in questo ultimo passaggio, in cui l’ottimismo trasuda da ogni pagina.

Ottimismo legato non più, o non tanto, alla sua esperienza personale, che è stata certo importante, quanto alla situazione della regione della centrale nucleare.

Così viene portato a termine quel procedimento di «alleggerimento» che avevamo già notato nel secondo tankōbon della serie.

Il lavoro è descritto, per quanto le descrizioni siano ancora una parte importante, in modo sempre meno didascalico, ma più dinamico e partecipato. Tutto ciò non per un diminuito pericolo. Anzi, in questo ultimo passaggio si entra direttamente nel reattore, si lavora con i robot, e si va di corsa per evitare l’accumulo delle radiazioni. Ma ormai noi lettori abbiamo una certa dimestichezza con ambienti e misure di sicurezza, e anche l’esperienza del cronista e dei suoi compagni di lavoro si è affinata. Per cui  non è più necessario perdersi in lunghe e dettagliate descrizioni sulle procedure, l’abbigliamento, lo svolgimento dei lavori.

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Tutto avviene in modo molto più naturale, con l’ausilio delle solite manine che sono rimaste le sole a indicare i dettagli tecnici. Diventano sempre più rare le vignette o le intere pagine didascaliche, molto più presenti in precedenza. E anche quando ci sono, descrivono in modo tecnico un lavoro molto più specifico, e per questo molto più interessante. Per tutto il volume le spiegazioni sono infatti molto più a corredo degli avvenimenti. Certo, dove c’è da far vedere una mappa, o da spiegare una procedura, non ci si tira indietro. Ma sicuramente parlare di robot all’interno del reattore è più divertente delle procedure di decontaminazione del primo volume. E poi tutto è fatto in modo più efficiente. Senza interrompere l’azione.

Si, perché in qualche modo nell’opera entra un po’ di azione.

Innanzitutto il lavoro stesso è più dinamico, si corre per evitare un eccessivo accumulo di radiazioni, per tornare in fretta dietro le barriere. Poi la nuova location, all’interno del reattore crea maggiore interesse. Infine l’utilizzo dei robot, con annessi alcuni segreti, perché sono stati forniti dagli americani.

E dire che in realtà si parte stancamente, con il racconto della stesura del primo volume del fumetto, i problemi editoriali, in attesa di un nuovo incarico alla centrale che sembra non arrivare mai (anche perché Tatsuta temeva di essere stato riconosciuto da qualcuno delle ditte per cui aveva lavorato, e per questo depennato, proprio per aver detto alcune «scomode verità»). Ma l’autore è bravo a mantenere una certa suspence, e una buona attenzione alla cronaca, pur trovandosi con materiali anche giornalisticamente meno interessanti.

Poi, con il ritorno a Fukushima, ecco il ritrovato affiatamento con i nuovi colleghi, lo scenario nuovo con il controllo a distanza dei robot, la ricerca di espedienti per migliorare il lavoro delle macchine, la necessità di risolvere problemi più avvincenti rispetto alle precedenti esperienze. Tutto ciò fa trovare al fumetto, che resta un bel resoconto giornalistico, una discreta dinamicità anche nelle azioni e nelle relazioni che vengono descritte.

Non manca neppure un nuovo capitolo del rapporto tra l’autore e il territorio circostante la centrale: le persone, i paesaggi, gli ambienti. Vengono riproposti, proprio nel capitolo finale, aggiornamenti su tutti questi particolari: gli eventi ricreativi con le persone della zona, le canzoni con la chitarra, i luoghi e gli edifici, compresi quelli che hanno cambiato aspetto rispetto alle visite precedenti.

Né vengono trascurati alcuni dettagli a cui siamo stati abituati nei precedenti volumi: cogliere un paesaggio notturno o un’alba spettacolare, raccogliere una emozione dell’autore o di un suo compagno, gli aspetti logistici della vita a Fukushima al di fuori del lavoro in centrale, i resoconti sulle dosi di radiazione assorbita, i viaggi in auto.

L’opera di Tatsuta si è rivelata giornalisticamente piacevole. Non è un fumetto che fa gridare al capolavoro. Graficamente qualche dubbio lo lascia (a me in particolare non sono piaciuti le linee dei visi e i disegni molto statici), anche alcune scelte di scrittura o di sceneggiatura (a volte i ritmi sono troppo lenti, la ricerca dei particolari è esasperata, al punto che il lettore può chiedersi a cosa servano tanti dettagli) ma è un modo interessante di fare fumetto. Non raccontando una storia (che faccia parte della Storia, di qualsiasi epoca), che parta magari da fatti reali, o da inchieste giudiziarie, o ancora dai «racconti dei testimoni», ma vivendo e soprattutto osservando in prima persona. Il che lascia poco spazio alle interpretazioni, anche grafiche, dei posti e degli oggetti. Questa modalità non è assolutamente esclusiva: in fondo Zerocalcare in Kobane Calling ha fatto la stessa cosa (e nel leggerlo ho provato le stesse sensazioni). E ci presenta una potenzialità della Nona Arte che in qualche modo rappresenta una novità. Una sorta di autobiografia a fumetti, nella quale però si raccontino eventi di portata addirittura mondiale. Per cui non è un (magari poco interessante) resoconto della vita dell’autore, ma ha senso per quello che egli sta vivendo, osservando da una posizione privilegiata la realtà della Storia che cambia.

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Questo porta il lettore ad immedesimarsi, esplorando i luoghi, vivendo le esperienze, conoscendo le persone, per cui la storia, che non dista molto dalla cronaca, non viene quasi più raccontata, ma vissuta. E i piccoli continui commenti (qui veicolati dalle manine che indicano) sono quelli che ci danno una sensazione quasi tattile di stare nei posti descritti, con le persone raffigurate, percependone le sensazioni.

Tutto ciò ci dà una grande opportunità, di farci vivere dettagliatamente la Storia di un evento lontano nello spazio e per noi irraggiungibile, con grande partecipazione. E magari ci fa venire la voglia di tornarci, perché, grazie a Tatsuta, a Fukushima ci siamo già stati…

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