Wednesday Warriors #53 – Nuovi Inizi per Thor e Batman

In questo numero di Wednesday Warriors:

Gufu’s Version

BATMAN #86 di James Tynion IV e Tony Daniel

Come ampiamente annunciato tocca a James Tynion IV, già discepolo di Scott Snyder, raccogliere la complicata eredità lasciata dai quattro anni della gestione di Tom King: una run che ha avuto come suo obiettivo principale quello di stravolgere la natura stessa dell’Uomo Pipistrello, le sue motivazioni e i suoi obiettivi. Un Batman determinato a essere felice e non più mosso dal dolore provato in quella tragica notte a Crime Alley.

L’obiettivo di Tynion, e della DC Comics stessa, è chiaramente quello di ricondurre il Cavaliere Oscuro allo status quo, quello a cui i fan sono maggiormente affezionati, fatto di atmosfere tenebrose, scontri con supervillain grotteschi e scazzottate sui tetti. Già dalle prime vignette, complici anche i notevoli contrasti caldo/freddo nei colori di Tomeu Morey, si percepisce l’inserimento di un sottotesto drammatico al tema della ricerca della felicità di Bruce Wayne: una ricerca che sembra destinata al fallimento per via della stessa natura di Batman così come sviscerata dalla stessa run di King.
È interessante infatti notare come Tynion abbia resistito alla tentazione di dare il proverbiale colpo di spugna: evita di stravolgere il materiale a sua disposizione – compito che sarà probabilmente affidato a chi prenderà in mano la testata a partire dal #100 – e comincia il suo discorso partendo da quanto lasciatogli da chi lo ha preceduto.

Sempre nel segno della continuità si colloca il lavoro di Tony Daniel, già disegnatore di diversi storyarc negli 85 numeri precedenti, che conferma i suoi punti di forza e debolezze: sempre efficace nella rappresentazione degli scontri tra supereroi, complice una composizione molto libera ma sempre leggibile e di forte impatto visivo, e più legnoso nella narrazione dell’ordinario (quella Selina Kyle non somiglia a nessuna Selina Kyle mai vista in 80 anni di storia di Batman) e impacciato quando c’è da ricorrere a un registro più compassato che richiederebbe una recitazione più sfumata dei personaggi.

Il duo si dimostra comunque affiatato nel mescolare le atmosfere più oscure con la classica azione supereroistica: Tynion entra subito nel vivo dell’azione cercando di dare a Daniel quanto più materiale adatto al suo stile, la prosa elaborata dello scrittore si sposa bene con lo stile teatrale del disegnatore ed entrambi riescono, comprimendo forse un po’ troppo la narrazione, a introdurre in maniera apparentemente compiuta le tematiche che caratterizzeranno questo ciclo di storie.
I due autori rimpiazzano rapidamente Alfred con Lucius Fox, che sembra fortemente debitore alla versione del personaggio interpretata da Morgan Freeman nella trilogia cinematografica di Nolan, presentano la nuova minaccia, mostrandocela subito all’opera durante lo scontro tra Batman e Deathstroke, mentre – qui con Guillerm March alle matite – il Joker si prepara al suo trionfale ritorno.

L’unico tassello lasciato aperto dal nuovo team creativo sembra essere quello riguardante il rapporto tra il nostro eroe e Catwoman: lasciando il campo libero alla miniserie di Tom King e Clay Mann dedicata ai due.

Sebbene la struttura così descritta sembri essere controrivoluzionaria rispetto al lavoro di King, la premessa descritta in queste 22 pagine, quella che vuole Bruce Wayne determinato a investire tempo e risorse alla realizzazione di una nuova Gotham che non abbia bisogno di Batman, ha le potenzialità per cambiare effettivamente le carte in tavola e per dire qualcosa di nuovo su un personaggio che ha alle spalle decine di migliaia di pagine e autori.
Se Tynion, Daniel, March, e successivamente Jorge Jimenez, riusciranno a esprimere compiutamente queste potenzialità potranno scollarsi di dosso la fastidiosa etichetta di “traghettatori” per affermarsi come un team creativo determinante sulle pagine di Batman.

Bam’s Version

THOR #1 di Donny Cates e Nic Klein

Chiudere un libro ed aprirne uno nuovo, dopo 8 anni di lunghe, tonanti letture, non dev’essere affatto facile – ma, per la Casa delle Idee, il passaggio di testimone tra Jason Aaron e Donny Cates era quasi destino. Proprio in #WednesdayWarriors il lavoro dell’autore Texano è stato spesso oggetto di critica e discussione: succede, specialmente quando una delle più grandi compagnie a fumetti (e non solo) al mondo decide di ergerti a suo “principe”.
Parlando di reali e di responsabilità è impossibile non tornare alla madre di tutte le citazioni a riguardo, tratta dall’Enrico VII di William Shakespeare: “Uneasy lies the head that wears the crown.”
Le prime pagine di Thor #1 di Donny Cates e Nic Klein catturano immediatamente l’occhio del lettore, dando movimento e illustrando efficacemente il nuovo status quo del vasto universo del Dio del Tuono. Mjolnir vola attraverso i Dieci Regni, circondando Yggdrasil con i colori dell’arcobaleno. “Ascoltatemi, perchè il re è morto”: Cates non è mai stato particolarmente fine nel presentare sottigliezze e la nuova direzione creativa per Thor, ora nuovo Re dei Dieci Regni, assurto al ruolo di Padre-di-Tutti, è rilevante e cruciale alla natura del cambiamento narrativo quanto l’avvicendamento tra gli autori. Se negli ultimi anni del Thor secondo Jason Aaron i lettori hanno potuto godere di momenti estasianti per l’evoluzione dei personaggi, incredibile azione e  vera e propria epica – fumettosa, s’intende – questo primo Thor di Donny Cates cambia il registro: la maturazione di Aaron prende una piega malinconica, rimpicciolisce la figura in divenire del “Re Thor” che il lettore ha imparato a conoscere; è molto più fosco, silenzioso e riflessivo.

Quando Odino inviò Thor sulla Terra, nascosto nei panni del Dottor Donald Blake, lo fece per insegnare al figlio arrogante e superficiale il valore dell’umanità e della responsabilità – la chiave per diventare “degno” e sollevare Mjolnir. Otto anni di Jason Aaron dopo, il Dio del Tuono ha capito che nessun Dio è veramente degno ed ogni divinità deve aspirare ad essere la miglior visione di sè, a non dare per scontata l’adorazione quanto più a doversela guadagnare, sudando, lottando, facendo la cosa giusta. Per Donny Cates, Thor affronta ora un carico di responsabilità solamente immaginato e “la corona” lo costringe ad essere un personaggio diverso, decisamente meno bombastico e avventuroso.
I dialoghi dell’autore sono sufficientemente pomposi: il tono e l’atmosfera di questo Thor #1 non sono paragonabili a quelle affrontate sulla crudele Venom, la poetica Silver Surfer: Black o sulla fantascientifica, caciarona Guardians Of The Galaxy. Cates si avvicina molto più al suo Thanos, dove non disdegnava lasciarsi trascinare dalla gravitas del personaggio per raccontare una storia più “seria” e dai ritmi più lenti.
La caduta di Galactus dal cielo e l’oscuro presagio dell’Inverno Nero sono la scossa al “nuovo” status quo che casca perfettamente – è il caso di dirlo – nel modus operandi di Cates. L’introduzione di una grande minaccia finora sconosciuta funge da catalizzatore per la trama e l’utilizzo di personaggi noti al Catesverso inquadra l’albo di debutto del suo Dio del Tuono in un mosaico cosmo-divino che il Texano sta cesellando sin dal suo arrivo alla Casa delle Idee. Improvvisamente, Thor #1 accelera e cattura il lettore con l’improvviso pericolo, il ritorno alle armi di un Re che brama fendere il suo martello e, soprattutto, l’eccezionale lavoro di Nic Klein e Matt Wilson.

Nonostante il drastico e drammatico cambio di registro narrativo, artisticamente parlando Thor rimane uno dei personaggi meglio disegnati dell’intero Universo Marvel, onorando una sorta di eredità Europea – dal croato Esad Ribic al tedesco Klein.
Supportato, anche qui un lascito dell’era Aaron, dall’ottimo colorista Matt Wilson, Klein si introduce nella sceneggiatura di Cates con una prestazione solida, muscolare – che per certi versi ricorda il Conan The Barbarian di Cary Nord, scritto da Kurt Busiek.
Non servono impressionanti battaglie su carta per affascinare il lettore: Klein si concentra su una più pulita divisione della pagina, un layout semplice che lascia poco spazio alla fantasia ma che punta sulla fisicità dei propri personaggi e sul proprio protagonista, un Thor nuovo, orbo, tetro ma regale. Il figlio di Odino somiglia sempre di più all’amato/odiato padre ed il design inedito che il tedesco gli cuce addosso è perfettamente contestualizzato da una Asgard in piena ricostruzione. Gli scorci fantasy, appena accennati nell’introduzione, ed arcobaleni lasciano spazio a piogge torrenziali, fulmini e tempeste: l’ambientazione vive gli sconvolgimenti di trama e riflette i tormenti interiori del protagonista – che in chiusura dell’albo mostrerà l’evoluzione e l’apice del cambio di direzione narrativa. Thor, Araldo del Tuono è la perfetta sintesi della sfrontatezza di autore, sapientemente portata su pagina dagli artisti coinvolti.

Donny Cates, come Thor, ha ora un nuovo carico di responsabilità, una rinnovata voglia di cambiare le carte in tavola e trasformare la serie in una odissea spaziale dai toni lugubri: il Tonante si arma per affrontare l’Inverno Nero con un look inedito, un autore voglioso di dimostrare (ancora) il proprio valore ed una pagina bianca, di un libro nuovo, tutta da scrivere.

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