Evangelion Impact – Il triplo spazio significante di Neon Genesis Evangelion

Oltre alla grande qualità estetica, tecnica e progettuale, le scenografie di Neon Genesis Evangelion restano nella memoria dello spettatore grazie alla straordinaria ricchezza semiotica e alla stratificazione psicologica dei luoghi che rappresentano.

Il seguente articolo è stato scritto per il volume Evangelion Impact, dal nome dell’omonima mostra che raccoglie opere di alcuni tra i migliori artisti italiani influenzati da Neon Genesis Evangelion, arricchito da interventi di esperti di animazione nipponica e appassionati della saga.

Dimensione Fumetto ringrazia per la disponibilità Ivan Ricci che ha ideato e curato mostra e volume, l’Associazione Culturale EVA IMPACT per la promozione di Evangelion Impact, e Distopia Evangelion per i redazionali e l’editing.


Secondo gli antropologi, la prima arte sviluppata dall’Homo sapiens è stata l’Architettura: subito dopo i bisogni primari di nutrizione, respirazione e riproduzione, che gli animali possono svolgere con il loro corpo, c’è il bisogno di ripararsi dalle intemperie per evitare la morte. In effetti quasi tutti gli animali si scelgono, scavano o costruiscono la tana e quindi fanno Architettura, solo alcuni sono sensibili al ritmo e quindi fanno Musica, meno ancora producono oggetti e quindi fanno Scultura, e solo rarissimi esemplari di pochissime specie hanno un intuito visivo e quindi fanno Pittura. L’unione di queste quattro arti base, poi, è solo dell’uomo.

Frontespizio della seconda edizione di "Saggio sull'architettura" di Marc-Antoine Laugier.
La “capanna rustica” è un concetto di teoria dell’Architettura formulato a metà del XVIII secolo dall’abate francese Marc-Antoine Laugier che illustra il legame fondamentale fra la natura e l’uomo, espresso nell’atto del costruire.

Ecco quindi che l’Architettura, ovvero la gestione dello spazio a tutti i livelli (dal disporre le posate nel cassetto al costruire un grattacielo), riguarda intimamente l’intera specie umana: lo sanno molto bene i più grandi artisti di qualunque campo, che organizzano spazialmente le loro opere soprattutto quando vogliono parlare degli aspetti più profondi dell’uomo. Da questo punto di vista uno dei massimi vertici è stato raggiunto dal regista Alfred Hitchcock, che nel suo film Psycho organizza l’intero set in maniera spazialmente significativa, e in particolare nella casa di Norman Bates divide le stanze con un significato psicanalitico, dandone una grandissima e ricca alla madre/super-io, una piccola e spoglia a Norman/io, e nascondendo i segreti nella sporca cantina/inconscio. Anche questa è Architettura.

Casa Bates in "Psycho" di Alfred Hitchcock.
La casa dei Bates in Psycho di Alfred Hitchcock, con la madre di Norman alla finestra.

 

Spazi reali, spazi irreali

Probabilmente Hideaki Anno è un ammiratore di Hitchcock, o quantomeno ne ha colto l’insuperabile lezione, dato che anche nelle sue opere l’organizzazione dello spazio gioca un ruolo di primaria importanza narrativa dentro e fuori i personaggi. Quelli di Anno non sono sfondini, ma luoghi allegorici collegati all’interiorità dei personaggi.

Se nei primi episodi di Punta al Top! GunBuster la scuola era ancora una scuola standard, l’astronave un’astronave standard e il robot un robot standard, nell’ultimo episodio la superficie di Giove, la doppia cabina dei piloti e la Terra sono elementi estremamente carichi di senso in sé stessi, al di là di come sono usati e delle battute dei personaggi: i luoghi sono essi stessi personaggi.

In Nadia – Il mistero della pietra azzurra il discorso si estremizza e Anno divide lo spazio in luoghi comuni della quotidianità, come Parigi, il mare o l’isola, luminosi e diurni, e luoghi speciali del sogno, come l’aviorimessa di Jean, la cabina di Nemo o la sala delle colonne di Atlantide: accessibili solo a poche persone, spesso oscuri o notturni, fuori dalla normalità.

Ne Le situazioni di Lui & Lei i luoghi sono palcoscenici e i personaggi sono attori che cambiano maschera in base a dove si trovano: Yukino Miyazawa e Sōichirō Arima hanno ruoli, battute e atteggiamenti diversi non in base alla trama, ma in base al luogo dove si trovano.

In Shin Godzilla sia i luoghi attraversati dal mostro sia quelli attraversati dagli uomini hanno un valore metaforico, come il Museo della Scienza nel finale che riprende uno dei grandi temi di Miyazaki prima e Anno poi: la scienza come soluzione e insieme causa dei problemi.

Stazione di Tokyo e grattacieli di Marunouchi.
La Stazione di Tokyo con i grattacieli del quartiere Maruno’uchi, dove si svolge la scena finale di Shin Godzilla. I lavori di restauro conclusi nel 2012 hanno restituito all’edificio le cupole dei padiglioni laterali, distrutte dai bombardamenti della Seconda guerra mondiale e in seguito sostituite da anonime tettoie.

Il massimo valore spaziale raggiunto da Anno è però, ovviamente, quello di Neon Genesis Evangelion. Il mondo in cui si muovono i personaggi è estremamente complesso ed è coinvolto attivamente nella storia. In pratica, raccontare i luoghi di Neon Genesis Evangelion corrisponde in tutto e per tutto a raccontarne la trama, i personaggi e le loro psicologie, e nella stessa maniera psicanalitica di Hitchcock: luoghi del super-io, dell’io, dell’inconscio.

 

I luoghi della storia

Nonostante nei fatti vengano mostrati solo il Giappone e il Polo Sud, dove nel 2000 pare ci sia stato un qualche disastro ambientale, dai discorsi dei personaggi si evince che esistono anche la Germania, gli Stati Uniti d’America e in generale il resto del mondo, connesso attraverso una rete politica, militare e spionistica che ha un suo vertice nella NERV, l’ente preposto all’eliminazione di creature forse aliene forse no dette Angeli.

La NERV è collocata all’interno di un geofront, ovvero un’enorme grotta sotterranea artificiale sferica quasi interamente riempita di terra dal fondo in su: nello spazio residuo si trovano le strutture dell’ente, ovvero degli edifici fra i boschi intorno a un grande lago. Nella parte interrata, dall’edificio principale della NERV parte un lungo tunnel verticale che scende in profondità fino a una cripta in cui è conservata una creatura misteriosa, che è l’obiettivo a cui puntano tutti gli altri Angeli per ricongiungercisi. La crosta terrestre sopra la grotta sotterranea è artificiale e composta da 22 lastre rinforzate protettive, sopra cui è adagiata una città chiamata Neo Tokyo 3 (la prima Tokyo è andata distrutta nel disastro del 2000, la capitale Tokyo 2 è in un luogo sicuro fra le montagne) e composta da edifici in parte veri e in parte no: all’arrivo di un Angelo i primi vengono retratti sottoterra per proteggerli, mentre i secondi sono cavi e ospitano armi e oggetti vari per delle creature forse aliene forse no dette Evangelion, prodotte dalla NERV a scopo difensivo contro gli Angeli e gestite tramite supercomputer nella sala di comando.

I combattimenti fra Evangelion e Angeli possono produrre forti danni a Neo Tokyo 3 e aree limitrofe, fino a cambiarne orografia e idrografia in caso di attacchi insistenti o violenti.

Il geofront di "Neon Genesis Evangelion".
Panorama all’interno del geofront. Sotto c’è la sede della NERV immersa in un ameno paesaggio, sopra gli edifici di Neo Tokyo 3 pendono dal tetto/suolo su cui sono praticate delle aperture che consentono l’ingresso della luce solare. Gli edifici sottosopra sono la palese ispirazione per il castello di Dios di Utena la fillette révolutionnaire, di due anni successivo a Neon Genesis Evangelion, e la parete della grotta dipinta d’azzurro cielo precede di tre anni il film The Truman Show, giusto per citare le influenze più immediate ed evidenti.

 

I luoghi dei personaggi

Alla trama della storia se ne affianca un’altra, parallela, che riguarda i personaggi, e anche questa è riassumibile con i luoghi.

Gendō siede in uffici bui dove complotta piani misteriosi per i quali ha bisogno del figlio Shinji, che arriva alla NERV dove inizia a pilotare un Evangelion, ma si ritrova prima all’ospedale e poi a casa della sua superiore che lo ospita con l’altra pilota Asuka, con cui va a scuola insieme all’altra collega Rei, la quale abita in una squallida zona residenziale. Quando non sono a scuola, i ragazzi sono alla NERV a pilotare gli Evangelion all’interno di una cabina posta nella loro nuca, sotto l’armatura di metallo che ricopre il corpo organico e dà loro l’aspetto di robot giganti: la cabina è una capsula piena di liquido, che la fa sembrare una placenta e spinge i piloti a entrare in rapporto con sé stessi.

Un o-furo, vasca da bagno giapponese.
Un o-furo, cioè la tipica vasca da bagno della casa giapponese. Poiché l’edilizia nipponica si basa su misure standard (quelle del tatami e suoi sottomoduli shaku da 30,3 cm), anche la vasca da bagno è di dimensione standard e solitamente molto compatta, a volte lunga meno di un metro costringendo chi ci entra a sedersi con le gambe piegate. Inoltre, è molto comune usare sali da bagno termali colorati e profumati, come in questo caso. Uno spazio limitato, in cui si sta seduti, in acqua calda, gialla, odorosa, da soli, a pensare: le similitudini con la capsula Entry Plug e il liquido LCL sono evidenti.

 

I luoghi dell’anima

Tutti questi luoghi sono entrati nel mito assoluto dei fan della serie, e molti altri ancora: il campo dei cocomeri, l’ascensore, la piattaforma della stazione, il cimitero, e poi quelli introdotti nella nuova quadrilogia cinematografica come il centro marino, le bare sulla Luna o le rovine della NERV con il pianoforte.

Ci sono poi i luoghi reali: Tokyo ridotta a un cumulo di rovine sottomarine, Odawara trasformata nel porto di Neo Yokosuka, e soprattutto Hakone, la zona vulcanica nel Giappone centrale dov’è collocata Neo Tokyo 3 e sulle cui colline si svolgono i combattimenti fra Evangelion e Angeli.

Ancora di più, ci sono luoghi di transizione che sono irrilevanti per la trama, ma di fondamentale importanza per i personaggi: il treno su cui scappa Shinji, i campi di fiori, i pali della luce, gli spogliatoi, la sala ristoro coi distributori automatici, il bar della NERV, e poi tutti quei luoghi più mentali che fisici come la camera della madre di Asuka o l’ombra del dodicesimo Angelo.

Buona parte della potenza di Neon Genesis Evangelion sta nella straordinaria iconicità dei suoi spazi, muti eppure così espliciti da essere quasi prolissi. Lo stesso accade anche nei nuovi film: in Evangelion: 3.0, la tendina di Rei con i miseri averi che contiene (scatoloni, medicine, una lampada) è da sola sufficiente a spiegare e raccontare il personaggio molto più di quanto si potrebbe fare con le parole.

Fotogrammi fotografici dall'episodio 26 di "Neon Genesis Evangelion".
Le famose 18 fotografie dell’episodio 26 di Neon Genesis Evangelion. Per illustrare il dialogo/flusso di coscienza in cui Shinji denuncia il suo dramma interiore, Hideaki Anno usa foto di luoghi reali che sono anche luoghi mentali. Regioni solitarie, posti abbandonati, spazi della quotidianità, aree di lavori in corso, zone deturpate: i luoghi dell’anima.

 

Spazi orientati, spazi orientali

Vale la pena di specificare che mentre nelle lingue occidentali la parola “spazio” deriva etimologicamente dal latino spacium composto dal fonema mediterraneo spa (“andare verso, allargarsi”) e da pàndere (“aperto”), e quindi presuppone che ci sia qualcuno o qualcosa che si espande, in Oriente invece la parola che si usa è 空間 (in giapponese si legge kūkan), ovvero letteralmente “intervallo di vuoto”, che non implica la presenza di niente ed esiste a prescindere che qualcuno lo attraversi o meno.

Neon Genesis Evangelion è pieno di “intervalli di vuoto”. Alcuni sono metaforici: c’è un intervallo di vuoto fra Gendō e il figlio abbandonato, un intervallo di vuoto fra Shinji e i soffitti sconosciuti, un intervallo di vuoto fra Rei e tutto quel che la circonda, un intervallo di vuoto fra l’immagine di Asuka e la sua interiorità, un intervallo di vuoto sulla soglia della casa di Misato.

Alcuni intervalli sono fisici e sono i salti di scala fra una grandezza e l’altra in un sistema di scatole cinesi: nel mondo c’è una città dentro cui c’è una grotta dentro cui c’è una base militare dentro cui c’è un robot dentro cui c’è un essere dentro cui c’è una capsula dentro cui c’è un ragazzo dentro cui c’è il suo cuore, e il grandissimo mondo e il piccolissimo cuore sono connessi così che il cuore da solo è in grado di salvare o distruggere il (proprio) mondo.

Infine, tutti questi spazi multidimensionali (città – NERV – cripta sull’asse verticale, posti storici e significativi sul piano orizzontale, matrioska di luoghi concentrici sul cuore del pilota), già molto complessi così, sono disposti a loro volta secondo un’organizzazione spaziale tipicamente giapponese. Le residenze nobiliari del periodo Heian, 1000 anni fa, erano costruite secondo lo stile shindenzukuri in cui il palazzo centrale, severo e squadrato, era circondato da edifici minori e in contrasto con il giardino vivace e dalle forme morbide. La sede della NERV è costruita proprio così, con una piramide nera in mezzo, edifici minori a fianco, e un lussureggiante bosco con lago tondeggiante tutt’intorno.

Confronto fra l'architettura shindenzukuri e quella di "Neon Genesis Evangelion".
Sopra: la celebre e perduta Villa Higashi Sanjōdono a Kyoto rappresentava l’esempio più perfetto di shindenzukuri. Contornata da un muro/confine del mondo, l’area era composta da un palazzo centrale di forma razionale collegato alle sue dépendance da vari corridoi aperti e chiusi. Per contrasto, il lago e il bosco erano di forme organiche solo apparentemente casuali. Al centro: un’ala del Palazzo Imperiale di Kyoto si affaccia su un giardino; notare come la proporzione fra gli elementi è studiata alla perfezione per costruire immagini armoniche secondo direttrici diagonali, dalla veranda alla progressione di alberi e dal tetto alla spiaggetta. Esattamente la stessa composizione si ripete nel geofront (sotto), anche questo segnato da linee diagonali sia dell’ambiente sia degli edifici stessi, come nell’iconica piramide.

In un mondo in cui vengono messe in scena le più primitive e intime paranoie umane, il regista Hideaki Anno decide di descriverle attraverso la più primitiva e intima delle arti, ovvero l’Architettura prima ancora di musica, immagini e parole, immaginando una città/super-io, una grotta/io e una capsula/inconscio. È una scelta di grande impatto, perché dà allo spettatore la possibilità di sentirsi circondato dalla storia sempre: ogni volta che ci si trova davanti a uno skyline urbano al tramonto, su un lago al chiaro di Luna, o da soli su un treno, si è di nuovo dentro Evangelion, uno spazio che è entrato nel cuore.

Fotogramma da "Evangelion 1.0" di Hideaki Anno.
«…ed è anche la nostra città».

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