Tokyo vista dagli italiani – Ciao mamma, vado in Giappone di Raffaelli & Pierpaoli

Quarto appuntamento con lo speciale di DF dedicato a Tokyo: stavolta si parte alla ricerca di tal Shimitsu Furukawa nell’ultra-pop Ciao mamma, vado in Giappone, scritto dal Luca Raffaelli e disegnato da Enrico Pierpaoli.

Dimensione Fumetto dedica una intera settimana speciale agli autori italiani contemporanei che hanno raccontato nel loro stile narrativo e grafico la grande capitale del Giappone: Tokyo!

In questo quarto appuntamento, Ciao mamma, vado in Giappone dello scrittore Luca Raffaelli e dell’illustratore Enrico Pierpaoli.


Copertina di "Ciao mamma, vado in Giappone" di Luca Raffaelli ed Enrico Pierpaoli.Luca Raffaelli è uno dei più celebri, anzi diciamo direttamente il più celebre studioso italiano di fumetti. Collabora da decenni con numerose testate, ha scritto vari saggi, è uno degli speaker più prolifici del programma di Rai Radio 3 Wikiradio… in breve, è l’esperto di riferimento per l’argomento Fumetto in Italia. Stranamente (o forse proprio per questo motivo) non si era mai confrontato personalmente con l’arte di cui è conoscitore, almeno fino a oggi 5 novembre 2020 in cui esce in tutte le libreria reali e virtuali il suo nuovo volume Ciao mamma, vado in Giappone, un fumetto per ragazzi realizzato a quattro mani con l’illustratore Enrico Pierpaoli ed edito da Tunué all’interno di Tipitondi, celebrata collana per i lettori più piccoli.

Si tratta di un bel volumetto in cui Raffaelli converte in fumetto il suo precedente lavoro del 2012 Enrichetto Cosimo alla ricerca del manga mangante, una sorta di bizzarro pot-pourri di tecniche in cui parole e immagini si maschiavano senza soluzione di continuità producendo un’esperienza di lettura molto vivace. In Ciao mamma, vado in Giappone Raffaelli ripropone la stessa trama affidandosi stavolta non più ad Andrea Cavallini, ma a Enrico Pierpaoli: i due illustratori sono praticamente agli antipodi per linguaggio grafico, il che è un bene perché in questo modo si differenzia chiaramente il primo libro dal secondo, che non sono quindi considerabili come “l’originale” e “la riduzione fumettistica”, ma come due interpretazioni diverse dello stesso soggetto, come fossero due film tratti dallo stesso libro.

La storia racconta del protagonista titolare Enrichetto che, nel tentativo di liberarsi dalle angherie del bullo Frangipane, gli fa credere di essere un grande fan del suo stesso fumetto preferito, Robostrak del mangaka Shimitsu Furukawa, e che addirittura ne possiede l’intera serie in 32 volumi originali e autografati dall’autore: peccato che la cosa gli si ritorca contro perché Frangipane li vuole vedere questi 32 volumi, altrimenti lo cracca di botte. Enrichetto e i suoi amici Beatrice e Polletti sono quindi costretti ad andare in fretta e furia in Giappone, trovare l’autore, farsi autografare i volumi e poi tornare in Italia, il tutto nell’arco di un fine settimana.

Vignetta da "Ciao mamma, vado in Giappone" di Luca Raffaelli ed Enrico Pierpaoli.
Polletti, Enrichetto e Beatrice fanno colazione sull’aereo che li sta portando a Tokyo. Solo verso la fine del volume si cita un paio di volte la parola “Tokyo”, ma alcuni dettagli della scenografia lo facevano capire già da prima.

L’evidente assurdità della trama è facilitata dal suo svolgimento. I ragazzi trovano tutto pronto sulla loro strada: biglietti aerei, traduttori, aiutanti vari, tutto arriva fornito da un deus ex machina narrativo generale che non ha spiegazioni e d’altronde non ne ha nessun bisogno: Ciao mamma, vado in Giappone si basa proprio sulla totale follia narrativa e grafica che pervade l’intero volume, il cui scopo è solo ed esclusivamente uno e cioè divertire il giovane lettore facendolo ridere finché non gli fa male la pancia.

La parte che funziona meglio del libro è quella grafica. I disegni del marchigiano Enrico Pierpaoli sono veramente eccellenti, da ammirare e lodare senza riserve. Pierpaoli, che si è formato nel fumetto, lavora soprattutto come illustratore ed è qui alla sua prima prova come fumettista per una casa editrice a grande distribuzione, ha già un certo nome su Internet grazie al progetto Wasabi Gummybears e al suo bizzarro senso dell’umorismo e del decoro, ma con questo volume fa veramente un bel balzo in avanti. I disegni di Pierpaoli sono freschissimi, divertentissimi, curatissimi (tanto più per una pubblicazione per ragazzi) e rendono Ciao mamma, vado in Giappone un volume colorato all’inverosimile che farà la gioia dei suoi piccoli lettori.

Pierpaoli non ha nessuna paura di esagerare ed esagera in continuazione: praticamente l’intero fumetto è disegnato in maniera caricaturale, quasi super deformed. Persino il protagonista non appare con le sue fattezze naturali se non in quattro o cinque vignette in tutto, mentre per il resto del volume è costantemente in situazioni grafiche esagerate che rubano a piene mani dal linguaggio dei manga e della cultura pop nipponica, a cui Pierpaoli unisce un tratto morbido e un sapiente uso pirotecnico del colore.

Citazione da "Dragon Ball" di Akira Toriyama in una immagine promozionale di "Ciao mamma, vado in Giappone" di Luca Raffaelli ed Enrico Pierpaoli.
Pierpaoli ha pubblicato sulla sua pagina Instagram alcuni divertenti post in cui abbina i personaggi di Ciao mamma, vado in Giappone a celebri cartoni animati giapponesi.

Lo stesso entusiasmo non si può riferire però alla sceneggiatura. La trama funziona bene, il ritmo della narrazione meno (andando a inficiare anche la trama, ad esempio nel finale affrettatissimo), ma il vero problema sono le battute. Raffaelli tenta in ogni pagina, in ogni vignetta, in ogni singolo balloon e didascalia, letteralmente in ogni singola frase di infilare gag esilaranti con un’insistenza fastidiosa che col tempo (ovvero dopo pochissime pagine) può diventare stancante. Per la legge dei grandi numeri, inoltre, non tutte le gag possono funzionare bene. Forse nel lettore-target, ovvero il ragazzino intorno alle scuole medie, questa ricerca della risata a tutti i costi funziona, ma nel lettore più adulto la ridda di neologismi, onomatoee, freddure, battute da ba-dum-tsss e quant’altro risulta spesso stucchevole.

Altro problema non indifferente è la rappresentazione culturale del Giappone. Certo, questo libro non è un saggio ed esiste al solo scopo di far ridere, per carità, ma i giapponesi che parlano con la L? Le onomatopee cin cion cian? Gli ideogrammi cinesi usati a caso nelle battute dei personaggi nipponici? Tutte le scritte “giapponesi” fatte con scarabocchi (qua è colpa anche di Pierpaoli)? La gente che saluta con il namasté indiano? «La giappina» in età da marito eppure vestita alla marinaretta? Cioè, nel 2020? Seriamente? Il fatto che sia un fumetto per ragazzi non risolve il problema, anzi lo complica perché fornisce stereotipi decrepiti proprio a una fascia d’età molto sensibile e che quindi non dovrebbe riceverne affatto.

Vignette da "Ciao mamma, vado in Giappone" di Luca Raffaelli ed Enrico Pierpaoli.
Enrichetto scopre che i manga sono proprio una cosa strana.

In conclusione Ciao mamma, vado in Giappone è un fumetto d’evasione sicuramente piacevole, ma sembra riuscito un po’ a metà: l’idea c’è e i disegni pure, ma l’umorismo andrebbe dosato meglio e i riferimenti culturali verificati, perché se le leggerezze culturali di Hergé erano perdonabili negli anni ‘30, oggi non è più così. Il finale comunque lascia presagire possibili sequel, quindi speriamo che le avventure di Enrichetto Cosimo possano continuare presto con nuovi e migliori episodi.


Luca Raffaelli, Enrico Pierpaoli
Ciao mamma, vado in Giappone
Tunué, collana Tipitondi, 5 novembre 2020
cartonato, pagg. 144, colore, 14×20,5 cm, €14.50
ISBN: 978-88-6790-402-0


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2 thoughts on “Tokyo vista dagli italiani – Ciao mamma, vado in Giappone di Raffaelli & Pierpaoli

  1. Incuriosita dalla tua recensione e dalle pagine pubblicate me lo sono comprata e l’ho letta tutta. Al contrario di quanto scrivi mi sono divertita un sacco anche se non sono più una ragazzina. I personaggi hanno un loro linguaggio e un loro mondo che non può non ripetersi continuamente. E combattono contro la visione standard del Giappone (non è divertente Enrichetto che dice “dal punto di vista scientifico i giapponesi sono tutti uguali” con Beatrice che lo riprende subito?). E forse non hai letto il fumetto fino alla fine perché si dice chiaramente che quella dello scambio tra la erre e la elle è una presa in giro del personaggio giapponese (lo dice proprio lui).
    Buona giornata!
    Mariangela

    1. Grazie del commento. Sono contento che questa recensione sia stata utile a vendere una copia in più perché il mio giudizio è comunque positivo e il volume l’ho comunque consigliato (tant’è vero che la Tunué ha ricondiviso la recensione sui suoi social). Sul giudizio di merito, beh, naturalmente il mio punto di vista è appunto solo il mio punto di vista, e nessuna recensione di nessuno volume ha mai, mai, mai valore oggettivo perché ogni lettore è diverso. Il massimo che può fare il recensore è indicare i punti di forza e debolezza e tracciare delle linee che uniscano i puntini disseminati nell’opera, stop. Sul fumetto: certo che l’ho letto tutto (detesto le recensioni basate sulle prime pagine, si riconoscono sempre) e certo che ho letto che poi la gag della L viene poi ribaltata in gag della R, ma a) non potevo citarlo perché succede nelle ultime pagine e quindi sarebbe stato spoiler b) ho trovato anche questo espediente veramente stereotipato, come molti altri usati nel volume. Per il resto, ripeto, si usa un tipo di ironia scritta e disegnata che su alcuni funziona e su altri no: su di me l’ironia disegnata ha funzionato, quella scritta no, tutto qua.

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