Saint Seiya Ω: poteva andare peggio…

Saint-Seiya-Omega-01Chi mi conosce sa che i miei tempi di lettura e visione sono ormai diventati biblici: potrei dire che mi piace assaporare il prodotto, ma la cruda verità è che sto invecchiando e mi sto impigrendo, potrei inginocchiarmi sui ceci e fustigarmi con un gatto a nove code degno di una Cristina D’Avena sadomaso, ma non credo cambierebbero le cose, quindi smetto di sprecare pixel e inizio la mia recensione.

Concluso un paio di anni fa in Giappone, Saint Seiya Ω è un anime della Toei Animation, prodotto da Bandai Visual (chissà come mai…) e composto da due stagioni per un totale di novantasette episodi.

La prima cosa che mi sono chiesto durante la visione è come mai non fosse ancora arrivata in Italia sulle reti Mediaset, ma la seconda è risultata più significativa: perché hanno dovuto chiamare questa serie Saint Seiya? Alla prima non so dare risposta, potrei provare a scrivere una mail di richiesta info, alla seconda cercherò di rispondere con la mia recensione.

Ambientata una decina di anni dopo la guerra sacra contro Hades, Omega (preferisco chiamarla così) narra le gesta di Kouga, il nuovo cavaliere di Pegaso, che dovrà proteggere Saori, la dea Atena, dagli attacchi dei martian, i seguaci del dio Mars, spalleggiato da Souma di Lionet, Yuna dell’Aquila, Ryuhou di Dragon, Haruto di Wolf e, sul finire, da Eden di Orion. La prima stagione si conclude con la salita alle nuove dodici Case dello Zodiaco fino ad arrivare allo scontro finale con il dio della guerra.

Saint-Seiya-Omega-05Nella seconda stagione troviamo i sei protagonisti impegnati nella lotta contro i pallasite, i guerrieri della dea Pallas, un tempo amica del cuore di Atena e ora sua acerrima nemica, e assistiamo all’ingresso di un nuovo personaggio, il cavaliere d’acciaio Subaru (poi cavaliere di Equuleus).

Il tratto di Yoshihiko Umakoshi, character designer anche di Kyashan Sins, all’opera nella prima stagione, non dispiace: i personaggi hanno una bella presenza e sono accattivanti, perfetti per il target di giovanissimi a cui la serie è rivolta; quello di Keiichi Ichikawa invece cerca di scimmiottare il compianto Shingo Araki procurando, in più di un momento, un colpo al cuore a noi fan della vecchia guardia.

Le animazioni sono di una qualità che definire altalenante è un eufemismo: sono lontani i tempi in cui, per citare Nadia – Il mistero della pietra azzurra della Gainax, troviamo solo l’orrido “ciclo dell’isola” disegnato dal nipote non talentuoso di Hideaki Anno; qui infatti i nipotini si alternano al ritmo di cinque minuti a episodio, regalandoci scene di buon livello accanto ad altre di dubbia qualità.

La produzione ha volutamente abbassato il target di riferimento e, mentre la serie classica era rivolta a un pubblico di adolescenti, questa strizza l’occhio ai ragazzini delle elementari. Primo sintomo di questa rivoluzione sono le armature, non più solide vestigia, ma anatomiche tutine luccicanti, non più racchiuse in pesanti scrigni da trasportare sulle spalle ma, a causa dell’avvento di Mars che ha cambiato il flusso energetico in tutto il mondo, le cloth sono mutate e ora sono racchiuse in ciondoli da portare comodamente al collo (dopo una “guerra santa” da parte dei fan, nella seconda stagione si sono “magicamente” evolute e tornano negli scrigni).

Mentre nella serie classica eravamo abituati a una trama da tipico videogioco picchiaduro a scorrimento, qui i combattimenti si susseguono in modo casuale senza una precisa logica, i nemici non vengono sconfitti dopo una dura lotta, ma gli stessi si ritirano per tornare poi in seguito, cosa che era permessa solo a Shaina, Tisifone per noi italiani, e con giusta causa direi.

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Nel corso della storia vengono poi reintrodotti i cinque storici cavalieri di bronzo che, mentre nella prima stagione hanno un ruolo di comparsa, alla stregua di Yoda nel VI episodio di Star Wars, nella seconda sono tutt’altro che spalle e hanno spesso il ruolo da protagonisti; segno che i nuovi personaggi non sono riusciti a fare presa sul pubblico e c’era bisogno di giocarsi tutte le carte, anche quella dei cavalieri d’acciaio per capirci. Il problema di questa operazione è che i personaggi sono spesso snaturati e banalizzati, ma in fondo questo è il destino di un po’ tutti i volti di questa serie, che vedono il loro carattere solo abbozzato e mai approfondito veramente. Uno dei pochi ad avere una maggiore presa è Harbinger del Toro, che spicca tra tutti i nuovi cavalieri d’oro, surclassando anche Kiki che qui è cavaliere di Ariete.

La sceneggiatura ha diverse falle, nelle ultime puntate vediamo morire praticamente quasi tutti i personaggi, per poi ritrovarli vivi sotto le macerie così come nulla fosse. Le incongruenze non si contano: qualcuno spiega agli sceneggiatori che il cavaliere dell’Aquila nella serie classica è Marin, Castalia, ed è un cavaliere d’argento e non di bronzo come anche Orione?

Dopo la visione della serie diciamo che sono parecchio amareggiato perché le potenzialità per essere una “nuova Asgard” (una delle poche serie filler della storia degli anime a essere un prodotto degno) le aveva tutte, e sono state sfruttate male e con superficialità. Questa mia convinzione è stato l’unico motivo che mi ha portato a concludere, in modo un po’ sofferente lo ammetto, la visione della serie.

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Ora non voglio dire che sia un prodotto scarso perché non lo è, forse mediocre, in alcune puntate supera anche la sufficienza, il problema è che se crei una serie che si chiama Saint Seiya è scontato e immediato il confronto con la serie classica e purtroppo Omega ne esce sconfitta sotto tutti i fronti. Lo stratagemma di farla passare come seguito della serie classica suona un po’ come la trovata commerciale che fece di Mila, qui in Italia, la cugina di Mimì, e probabilmente se ciò non fosse accaduto non si sarebbero fatti confronti e non avremmo storto il naso per le nuove armature racchiuse nelle Cloth Stone, né per la mancanza dei combattimenti epici, né per la banalità dei dialoghi, né per i disegni poco accurati, né per i buchi nella trama: in fondo non tutti i prodotti possono essere degni come Lost Canvas.

Nonostante tutto, però, un po’ è nu piezz’e core.

Maurizio Vannicola

Il mio primo fumetto fu Dylan Dog, ma la rovina arrivò con I Cavalieri dello Zodiaco e la situazione declinò definitivamente con Sailor Moon. Il mio dolce preferito è la zuppa inglese... Ora lo sapete!

4 pensieri riguardo “Saint Seiya Ω: poteva andare peggio…

  • 11 Ottobre 2016 in 19:57
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    Preferisco Omega a quella cosa noiosa chiamata Lost Cavans

    Rispondi
    • 11 Ottobre 2016 in 20:05
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      Beh se parliamo di gusto personale non posso certo dire nulla, ma io ho cercato di fare un’analisi della serie dal punto tecnico/qualitativo.
      Un giorno magari lo farò anche di Lost Canvas e ti anticipo che vincerà a mani basse su Omega 😉

      Rispondi
      • 21 Luglio 2023 in 8:11
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        Anche Lost Canvas ha incongruenze con la serie classica. Leggendo la nuova edizione del manga classico di Saint Seiya e poi leggendo Lost Canvas, ho notato almeno 3 cose che vengono dette in Lost Canvas che contraddicono apertamente il manga originale di Saint Seiya.

        Va be, tanto è noto che Lost Canvas come Omega non sono canonici.

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        • 25 Luglio 2023 in 10:25
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          Ciao 🙂 anche Lost Canvas ha delle incongruenze, e come tu stessa hai detto, non essendo canonici alla fine posso permetterselo. Se ci pensi (se l’hai letto) anche in Next Dimension ci sono dei tasselli che non si incastrano nonostante sia una serie canonica 🙂

          Rispondi

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