Le bizzarre avventure di Jojo – Battle Tendency

Ed eccoci arrivati alla seconda parte della nostra retrospettiva su uno degli shonen manga più belli dell’universo.

Dopo aver esplorato le bizzarrie di una  prima serie che, dicevamo, faceva tantissime promesse e ne manteneva solo qualcuna, siamo finalmente giunti al momento di parlare di costui:

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Costui si chiama Joseph Joestar.

 

Parte 2- Joseph Joestar (Battle Tendency)

La fiction è un colorato mondo, affollato di personaggi di tutti i generi. Alcuni di questi personaggi passano nelle nostre vite come acqua fresca, buoni a levarci la momentanea sete di storie e altrettanto buoni a esser dimenticati presto. Altri personaggi assolvono a una funzione momentanea, ci prendono in quel particolare momento della vita perché abbiamo i nostri scazzi; oppure abbiamo certi gusti passeggeri e quel personaggio lì, guarda caso, arriva nel momento giusto: ma poi, quando passa il tempo e cresciamo, ci chiediamo come abbiamo fatto a entrarci così in fissa.

Poi ci sono quei personaggi che hanno una tale monumentale forza narrativa; quei personaggi che, quando ne leggi le storie, ti fanno sentire come quei fortunati greci che sentivano per la prima volta delle peripezie di Ulisse alla ricerca di Itaca. Quei personaggi che non potresti mai, mai, mai abbandonare prima di sapere come accidenti finisce.

Io di personaggi così me ne ricordo qualcuno. Restiamo nel campo dei manga:

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Certo, non basta avere questi personaggi per fare un fumetto come si deve. Ma se a un protagonista così aggiungi trame epiche, un’altra sfornata di nemici e comprimari monumentali, e tanto genio, beh, allora hai fatto centro.

Ma torniamo a Joseph Joestar.

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Quando Araki decise di creare una saga generazionale sapeva di correre un rischio enorme. La prima serie ebbe un buon successo e cambiare il protagonista dopo soltanto tre volumi era un azzardo che alla Shueisha non morivano proprio dalla voglia di fare. Araki stesso racconta di come avessero provato a dissuaderlo; ma la casa editrice doveva fare i conti con il coraggio dell’autore, il quale aveva deciso di non arrivare mai a diventare ripetitivo, costasse quel che costasse.

Siccome però non era scemo, e non aveva certo la forza contrattuale per imporsi senza cedere di un millimetro, giunse a un compromesso. Il nuovo Jojo avrebbe avuto un aspetto praticamente uguale al predecessore, così da “ingannare” i lettori. Alla Shueisha accettarono e così Araki ebbe il permesso di creare il suddetto Joseph Joestar.

Joseph, se visivamente ricordava il nonno Jonathan, caratterialmente rispecchiava molto di più il genere di personaggio che andava a genio ad Araki. Assolutamente imprevedibile, spiritoso, furbo come un gatto, pieno di risorse, dotato di un eroismo infinitamente umano, Joseph era il protagonista perfetto per il tono assolutamente innovativo che Araki aveva deciso di donare a questo stranissimo shonen.

Non è il genere di eroe che piacerebbe ad Adinolfi, credo
Joseph non è il genere di eroe che piacerebbe ad Adinolfi, credo

Mentre il tratto dell’autore iniziava un processo di maturazione che, dai fisici scolpiti alla Tetsuo Hara lo avrebbe portato in direzioni insospettabili, il tono delle storie diventava qualcosa di unico senza smettere di essere uno shonen.

Per capirci: gli shonen stringi stringi sono manga dove un personaggio deve arrivare al mostro finale passando per una serie di boss di fine livello. Nel percorso conquista punti vita, nuove armi e qualche abilità in più. Battle Tendency non fa eccezione; ma Araki non è tipo da cavarsela con scontri in cui basta spremersi forte forte forte per accumulare energia da sparare con le mani, magari gridando il nome del colpo. No, Araki vuole che ogni combattimento sia diverso dall’altro: e cavolo se ci riesce.

Si può vincere usando giochi di prestigio, spaghetti, bolle di sangue, corna, biglie di ferro.

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E se non si può vincere, si può sempre scappare a gambe levate, parola di Joseph

Le pagine di Battle Tendency sono una miniera di sorprese imprevedibili. È vero, il protagonista vince (quasi) sempre, ma non è questo che importa. È scoprire come vince che è un’esperienza straordinaria.

Perché, diciamocelo: tutti son buoni a vincere col Fulmine di Pegasus. Ma soltanto Joseph Joestar ci riesce usando la lana del suo cappello!

A questo punto potremmo anche fermarci qui, ma non renderemmo ancora giustizia a questo manga se non parlassimo dell’altro grande talento di Araki, che è quello di sfornare nemici e comprimari altrettanto monumentali. L’assunto è sempre lo stesso, come il primo comandamento di un decalogo arakiano:

Mai ripetersi. Mai.

In Araki non esistono personaggi intercambiabili, né stereotipi. Ogni personaggio, anche quello che compare in due vignette, è sempre più di quello che sembra: sono personalità vive, tridimensionali. I nazisti non appaiono solo come gli stereotipati razzisti e crudeli macchiette: alcuni di loro, come è naturale, sono simpatici, onorevoli; pensano alla loro donna a casa o combattono per difendere l’umanità. Sono persone, semplicemente. È la cifra stilistica di Araki.

Anche nel petto dei nazisti batte un cuore... o un mitra?
Anche nel petto dei nazisti batte un cuore… o un mitra?

 

Nella serie appare anche un personaggio italiano, Cesar Antonio Zeppeli, che inaugura la carrellata di comprimari arakiani in grado di rubare la scena al protagonista e di farsi amare profondamente.

I nemici non fanno alcuna eccezione: già avevamo parlato del profondo lavoro di costruzione della figura di Dio Brando; in Battle Tendency i cattivi sono tre, uno diverso dall’altro, ognuno dotato dei suoi lati umani, persino positivi. Con i suoi antagonisti Araki sembra voler esplorare tutti gli aspetti della malvagità umana, soltanto per scoprire che, in fondo, la malvagità assoluta non esiste.

Anceh graficamente, Wamoo ricorda il Raoul di Ken il guerriero
Anche graficamente, Wamoo ricorda il Raoul di Ken il guerriero, ma vestito meglio

Così, durante uno degli scontri più avvincenti e monumentali della storia dei manga (e non è un’iperbole), Wamoo e Joseph non appaiono più come il Bene contro il Male, quanto due straordinari esseri convinti ognuno delle proprie ragioni, impegnati in un duello in cui si mettono in gioco la determinazione, l’intelligenza, l’onore, la fantasia. Una mortale corsa di bighe strutturata come una serie appassionante di colpi di scena e ribaltamenti di fronte, che conserva intatta la sua qualità anche a distanza di anni e di numerose riletture.

Con Battle Tendency lo stile e la genialità di Araki esplodono, inaugurando una felicissima serie di trovate eccezionali che durerà molto, molto a lungo. Quando la serie si chiude, ci si chiede cosa altro potrà mai inventarsi.

Beh, che ci crediate o no, Araki non ha finito di stupirci.

Ne parleremo nella prossima puntata...
Ne parleremo nella prossima puntata…

Francesco Pone

Francesco Pone legge fumetti da troppo tempo. La sua principale occupazione è tentare di far servire a qualcosa la sua laurea in filosofia.

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