Intervista ad Alberto Saracco: un matematico prestato al fumetto

Intervistiamo Alberto Saracco, conosciuto a Camerino nello scorso novembre per il Convegno Comunicare la Matematica, in cui ha parlato della Matematica nei fumetti Disney

Saracco ritratto

Abbiamo intervistato Alberto Saracco, docente di Geometria all’Università di Parma e coautore del soggetto de I ponti di Quackerberg pubblicato su Topolino n. 3232.

DF – C’è altro da dire su di te?

Alberto Saracco – Forse questo soltanto: mi occupo di divulgazione da molto prima di occuparmi di fumetto, ho cominciato durante il perfezionamento in Normale a Pisa, quando i perfezionandi proponevano delle serate a tema per gli altri studenti della Scuola. Delle serate a tema appunto, non parlando di temi facili: temi di matematica per letterati, temi di storia per fisici, quindi incrociando competenze. Degli incontri fatti da gente con delle aspettative e dei background di livello, ma su argomenti al di fuori della loro professionalità.

Che è esattamente come si dovrebbe pensare la divulgazione. Come dice Steven Weinberg che, nella sua introduzione a I primi tre minuti scrive:

Conviene allora precisare a quale lettore si rivolge il mio libro. L’ho scritto per chi è disposto a far lavorare il cervello per capire taluni ragionamenti particolareggiati, pur senza avere familiarità con la matematica o con la fisica. […] Ciò non vuol dire che mi sia proposto di fare un libro facile. Quando un giurista scrive per un pubblico generico, non presuppone che i suoi lettori conoscano il diritto francese […], non per questo li disistima o svilisce il suo discorso per adeguarsi a una loro presunta inferiorità. Io desidero qui contraccambiare la cortesia: mi immagino il mio lettore come un esperto, brillante avvocato che, pur non parlando il mio linguaggio, attende di ascoltare argomenti persuasivi prima di formarsi un giudizio [NdR].

E da allora non ho più lasciato la divulgazione, cosa che, da quando sono presso l’Università di Parma, riesco anche a seguire con maggior continuità.

Quindi come sei arrivato al fumetto?

È una storia un po’ lunga, ma abbastanza interessante.

Come dicevo, da sempre mi interesso di divulgazione, per cui sono venuto in contatto con Roberto Natalini del CNR, e Andrea Plazzi che hanno fondato insieme il progetto Comics&Science. Natalini è anche editor di Archimede e del sito Madd:maths!. Nel 2016 ho fatto da referee per Archimede e dopo un Roberto po’ mi ha chiesto di entrare a far parte del comitato editoriale di Maddmaths! [sul quale peraltro Alberto ha scritto recentemente un articolo sulle epidemie e il concetto di esponenziale, NdA]. Ho accettato volentieri, proponendo anche di dare una mano per il progetto Comics&Science.
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Roberto era reduce da Lucca Comics: con l’allora direttrice di Topolino Valentina De Poli venne fuori l’opportunità di scrivere una storia a sfondo matematico da mettere su un fumetto, su “topi e topologia”. Io gli rispondo, «Ci sto se ai topi sostituiamo i paperi». In fondo i paperi sono sempre stati i miei preferiti, quindi, se doveva uscire una mia storia su Topolino, avrei preferito scriverla per i paperi. Come aveva fatto Don Rosa, che scrisse la sua prima storia su Paperone proprio perché Paperone era il suo personaggio preferito.

Così butto giù due soggetti: uno sulla congettura di Poincaré, di una pagina e mezza, tutto già strutturato per una storia di 30 pagine, con tutti i passaggi e uno, molto più tirato là, sui ponti di Königsberg. Li invio a Francesco Artibani che, dopo averli letti, mi richiama a breve giro e mi fa: «Beh, quella sulla congettura di Poincaré è molto precisa, è proprio una storia da 30 pagine, ben strutturata. Penso che alla fine la sceneggiatura la faremo a partire da quella», invece alla fine abbiamo fatto l’altra. Con buoni risultati, direi.

Quindi l’idea del fumetto è nata prima dell’articolo su matematica e fumetti Disney?

In realtà si. Poi ho messo insieme un po’ di idee e le ho pubblicate.

Ho parlato di matematica e fumetto Disney al convegno Imagine Math 7 lo scorso anno a Venezia. Imagine Maths è un convegno che si tiene tutti gli anni a fine marzo. In seguito ho scritto un breve saggio sull’argomento, che sarà pubblicato sugli atti del convegno ed è disponibile a tutti su Researchgate.

Parlando di fumetto scientifico, nell’introduzione al tuo articolo sulla matematica nei fumetti Disney, citi Marco Abate (anche lui docente universitario di Geometria e sceneggiatore di alcuni numeri di Lazarus Ledd) che distingue tra l’approccio biografico, simbolico e strutturale. A te quale sembra più efficace? L’approccio biografico racconta la vita di un matematico; in quello simbolico la matematica simbolizza altro, quasi un linguaggio metaforico; in quello strutturale invece, la matematica è parte della storia.

L’approccio biografico (vedi Jim Ottaviani) può essere efficace per il lettore generico, che può trovare un modo semplice e accattivante per interessarsi alla matematica.

Io trovo che l’approccio migliore sia quello strutturale. Come nei manga della scienza, che ho tutti e che mi sono piaciuti molto, anche se a volte le cose possono diventare veramente difficili da comprendere.

Ti porto un esempio. Ho letto recentemente un graphic novel, di cui non esiste l’edizione italiana, che si chiama Prime Suspects in cui la matematica è parte dei personaggi, e i personaggi infatti hanno delle caratteristiche matematiche. È un poliziesco, in cui vengono uccise due persone, una ballerina costituita anche fisicamente dalle permutazioni, e un uomo con le proprietà dei numeri primi. E la soluzione dell’enigma è nelle proprietà matematiche.
Non è facilissimo, c’è matematica a livello del terzo anno di università, se ci si vuole far coinvolgere anche dal contenuto specifico, ma la storia è abbastanza godibile anche a un livello più basso.

Ecco, penso che le storie vadano comunque pensate per più livelli. Per renderle appetibili sia a chi le legge per leggere il fumetto che per chi vuole trovare un modo diverso di approfondire una tematica scientifica. Anche se spesso gli appassionati di fumetti, cartoni animati, giochi da tavolo, serie tv, i cosiddetti “nerd” sono sovrapponibili agli scienziati. C’è una bella fetta di persone che si riconosce in entrambe le categorie.

Hai anticipato la mia domanda… Perché secondo te l’intersezione tra il mondo dei nerd e quello degli scienziati è così ampia?

È la domanda che hanno fatto a me e ad Artibani, l’unica volta che abbiamo fatto una seminario insieme, a Trieste. Ho sentito la sua risposta, ricordo la mia e facendo un po’ di sintesi ti rispondo così: secondo me è la curiosità, la cosa che accomuna nerd e scienziati.
Gli appassionati di fantascienza, fantasy, giochi, fumetti, in fondo vogliono costruire e vivere in un mondo con delle regole precise, coerenti, cercano di conoscerle a fondo e applicarle in modo corretto. Sono curiosi di sapere come sarà, quali cose sarà possibile fare e quali no.
In fondo gli scienziati fanno la stessa cosa: sono curiosi e per questo cercano di trovare le regole del mondo reale, dargli una coerenza, trovarne tutte le applicazioni profonde.

Poi c’è un problema comune di percezione e di esclusione. I nerd sono quelli considerati prodotto di una sottocultura. Anche di recente i lettori di fumetti sono stati indicati come quelli che “leggono solo Topolino” [vedasi la recente polemica tra Artibani e alcuni politici, NdR], per cui la cultura del fumetto, del gioco, della fantascienza è stata sempre considerata minore. Un po’ come la cultura scientifica, che non è considerata cultura al livello di quella umanistica, ma come la parte tecnica.
Quindi nerd e scienziati si sono trovati dalla stessa parte della barricata, pur nella grande consapevolezza della curiosità e dello sforzo per soddisfarla, a difendersi dall’accusa di non essere culturalmente valida.
Oggi forse un po’ sta cambiando, The Big Bang Theory ha un po’ sdoganato sia i nerd che la cultura scientifica. Il fiorire di festival della scienza e di manifestazioni che hanno sempre maggior successo ce lo dice. Vedremo se sarà solo una bolla di sapone, ma mi pare che ci sia una maggiore consapevolezza e attenzione verso la scienza in generale, e un aspetto mi pare sia quella di farla passare attraverso anche linguaggi come il fumetto.

Hai usato i fumetti nella didattica?

Beh, direttamente no, la mia didattica è a livello universitario, però li ho usati moltissimo svolgendo laboratori a tutti i livelli, dalla scuola primaria fino alla scuola superiore. Ho anche scritto un breve manualetto su come utilizzare la storia Paperino e i ponti di Quackenberg nelle scuole, disponibile su Maddmaths! e Researchgate. Questa storia è diventata anche la protagonista di una tesi di Laurea in Scienze dell’Educazione all’Università di Firenze ed è stata usata in un corso di teoria dei grafi all’Università di Bologna.

Progetti? C’è speranza di vedere realizzato il soggetto su Poincaré?

In realtà anche il nuovo direttore editoriale di Topolino, Alex Bertani, si è detto interessato alle storie a sfondo matematico, ma non possiamo pensare di mettere sulla rivista più di una storia matematica all’anno.
Ora Artibani mi ha proposto di lavorare per le storie estive che propongono su Topolino, quelle a puntate che contengono dei giochi da fare e che hanno anche un concorso a premi. Ha pensato che i giochi nelle storie possano essere degli enigmi matematici, così mi hanno chiesto di trovare qualche enigma divertente che possiamo inserire. Probabilmente questo progetto vedrà la luce.

Poi c’è un soggetto, sempre con Artibani, che abbiamo pensato sul paradosso di Banach-Tarski, il cui risultato è quello di prendere una sfera, scomporla e ricomporne due. Potete immaginare a chi, nel mondo dei paperi, può interessare raddoppiare le cose [sempre zio Paperone, NdR].

Inoltre stiamo provando a portare avanti un altro progetto sulla congettura di Poincaré. Con un collega, Luigi Vezzoni, anche lui “geometra” di Torino, stiamo provando a scrivere un soggetto e stiamo cercando uno sceneggiatore vero e un disegnatore vero per farne un volume di un centinaio di pagine.

Sull’ultimo numero di Archimede, la rivista di cui Natalini è direttore, e che da qualche anno ospita una ministoria di due tavole, con Diego Cajelli e Francesco Frongia ne abbiamo mostrato un assaggio. Infatti parliamo di Perel’man, vincitore della medaglia Fields per aver contribuito in modo decisivo alla dimostrazione della congettura di Poincaré.


Ringraziamo di cuore Alberto Saracco per il tempo e la disponibilità.

Per chi volesse approfondire, su Youtube c’è il video di un intervento (in inglese) fatto lo scorso gennaio presso l’Università finlandese di Jyväskylä.

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