Shin Godzilla – Il vangelo del nuovo millennio
Esce oggi nelle sale cinematografiche giapponesi quello che può essere definito il film dell’anno e il Film di Anno. DF era al primo spettacolo del primo giorno di proiezioni, tra inquietudine ed entusiasmo, merchandise e profonde simbologie.
Attenzione: escluso dove espressamente indicato, questo articolo è privo di spoiler. Le informazioni riportate sono già visibili nei trailer, dichiarate nei comunicati ufficiali o provenienti dalla primissima parte del film. Tutte le immagini sono prive di spoiler.
Le mappe sono state realizzate appositamente per questo articolo, si prega di citarne la fonte qualora utilizzate altrove.
Hideaki Anno è una di quelle persone che non lasciano indifferenti. C’è chi lo detesta e c’è chi lo venera, ma l’atteggiamento più comune (soprattutto fra i sui fan) è di odiarlo e amarlo insieme. Nel bene e nel male, però, anche i suoi critici più severi non possono evitare di essere sopraffatti dalla sua principale caratteristica: la necessità di comunicare. Anno ha un’urgenza incontenibile e insopprimibile di dialogare con gli altri, ed essendo un artista per farlo usa le sue opere. In tutti i suoi lavori ci vuole sempre dire qualcosa, non ci vuole convincere su una tesi o ingannare su un argomento, ci vuole solo dire qualcosa.
A volte l’urgenza comunicativa di Anno assume dei toni narrativamente così potenti da perforare gli occhi e il cuore dello spettatore, in particolare nelle sue opere più drammatiche, ovvero Punta al Top! GunBuster e Neon Genesis Evangelion, con le iconiche scene della morte di Smith o dell’orto di cocomeri. Ma ci sono due scene, sempre tratte dalle stesse serie, che rappresentano probabilmente i culmini dell’epos di Anno: la prima è la discesa su Giove per attivare la bomba BM-III, la seconda è l’Operazione Yashima per sconfiggere l’angelo Ramiel. Entrambe queste scene, di una potenza narrativa sconvolgente, hanno le loro radici in un film giapponese del 1954: Godzilla.
Il finale del primissimo film su Godzilla del 1954 diretto da Ishirō Honda, qui nella versione statunitense rimaneggiata con l’aggiunta dell’attore Raymond Burr in funzione di narratore.
Le scene della discesa su Giove e dell’Operazione Yashima hanno così tanti punti di contatto con Godzilla da farle apparire come sue dirette discendenti: il bianco e nero, la foschia, la calata negli abissi, l’attivazione della bomba e la sua stessa forma, le linee verticali e il sacrificio nella prima scena, e le batterie di cannoni, il nemico gigantesco, l’avanzare lento, la distruzione della città, il raggio di fuoco, i piloni elettrici e i cavi dell’alta tensione nella seconda. Nessuna novità: Anno è un grande fan della saga di Godzilla, realizzata dalla casa di produzione Tōhō in ventotto film, più due statunitensi.
Se l’origine stessa della creatività di Anno è dunque da rintracciarsi in Godzilla, allora un film di Godzilla diretto da Anno non potrà che essere un ritorno alle origini per il regista, un must-see per i suoi fan, e un punto di svolta eccezionale nella saga: il 29 luglio 2016 è uscito nelle sale cinematografiche giapponesi il 29esimo film del “re dei mostri”, intitolato Shin Godzilla (titolo internazionale Godzilla Resurgence) e diretto da Hideaki Anno: DF c’era ed è andato a vederlo al primissimo spettacolo del day one.
Le origini
La produzione di Shin Godzilla è nota. Nel 2015 il regista ha divulgato un lungo messaggio/spiegazione/confessione dove annuncia di aver sospeso Rebuild of Evangelion e iniziato Shin Godzilla, e da cui emergono tre letture: Anno ha attraversato un periodo terribile proprio mentre i fan in tutto il mondo si chiedevano quando sarebbe uscito il film conclusivo di Rebuild of Evangelion; inoltre, Anno crede nel suo lavoro, e i poster scritti fitti fitti appesi nei cinema giapponesi, come i manifesti scritti fitti fitti delle avanguardie all’inizio del Novecento, mostrano un uomo che ha un’urgenza insopprimibile di comunicare col resto del mondo; eppure, infine, Anno non è in grado di stabilire un legame con gli altri se non attraverso la sua immaginazione: è un otaku, e i mostri gli salvano la vita invece di metterla in pericolo.
Certo, nel messaggio il regista ringrazia la moglie, gli amici e Hayao Miyazaki per essergli stati vicini (Miyazaki gli offrì di doppiare la parte del protagonista in Si alza il vento), ma sono due righe su quarantuno totali, il che mostra molto poco metaforicamente quanto il mondo reale occupi meno di un ventesimo della vita di Anno, e la sua immaginazione fantastica gli altri diciannove.
Lo staff
Avendo interrotto la lavorazione di Rebuild of Evangelion, Anno si è potuto permettere di convocare il suo staff abituale anche in questa produzione: con il design di Mahiro Maeda, la supervisione agli effetti speciali di Shinji Higuchi, le musiche di Shirō Sagisu, la produzione artistica dello Studio Khara, Anno ha rimesso insieme la squadra di Evangelion riservandosi per sé la sceneggiatura e il ruolo di sōkantoku (総監督), cioè di “regia generale”, cioè la regia intesa nel senso occidentale del termine (la parola “regia” in giapponese, kantoku 監督, indica la direzione di un certo settore, come ad esempio il direttore della fotografia).
Il risultato è un film così stilisticamente simile a Evangelion che se prima la campagna di marketing Godzilla vs. Evangelion appariva semplicemente come un gioco, adesso che il film è uscito sembra una possibilità assolutamente concreta.
La trama
Nella Baia di Tōkyō viene ritrovata la barca di uno scienziato misteriosamente scomparso: a bordo, di lui restano solo le scarpe, gli occhiali, un origami e dei documenti.
Successivamente avviene un incidente nella Tokyo Aqualine, il tunnel stradale sottomarino che unisce Kawasaki con Chiba ai due lembi della baia, che crolla per cause sconosciute producendo enormi danni. Molto presto, però, l’enorme macchia di sangue che inonda il tratto di mare sopra il tunnel chiarisce che si tratta dell’attacco di un essere vivente sconosciuto: viene subito riunito il Consiglio dei Ministri e riunito un team operativo di biologi ed esperti di vari settori per decidere il da farsi.
Attenzione: da questo punto in poi il paragrafo contiene spoiler importanti.
Nel frattempo l’essere risale la baia fino a Ōta ed emerge dal mare: è un mostro gigantesco e informe, simile a una salamandra gigante, senza arti anteriori e con enormi branchie da cui secerne sangue a cascate. Nessuna struttura umana riesce a fermarlo, nemmeno i palazzi di cemento: dopo aver attraversato il quartiere seminando distruzione, e aver sviluppato improvvisamente delle rudimentali zampe, di notte torna in mare e scompare.
Il giorno dopo sul web si scatena il panico: dov’è passato il mostro, oltre ai danni fisici, il livello di radioattività è pericolosamente alto. Gli Stati Uniti d’America mandano una loro funzionaria governativa a dialogare col governo giapponese: costei è a conoscenza dei documenti lasciati dallo scienziato scomparso, che stava studiando una bestia misteriosa denominata “Godzilla” prima di suicidarsi.
La mattina del terzo giorno di nuovo il mostro emerge dal mare di Kamakura: è Godzilla, ma durante la quiescenza è ulteriormente evoluto diventando grande il doppio e assumendo la forma di una sorta di tirannosauro che cammina in posizione eretta. Godzilla avanza verso Tōkyō, distruggendo tutto quello che incontra. Nel pomeriggio raggiunge Kawasaki, ma le autorità non possono autorizzare un attacco militare perché la zona non è stata ancora completamente evacuata. Di notte Godzilla arriva alla Stazione di Tōkyō e, non essendoci civili, l’esercito può finalmente attaccarlo, ma così facendo scatena la sua rabbia: il mostro emette fuoco dalle fauci, incendiando la città per chilometri, e raggi dalla schiena, falciando gli aerei militari e affettando i grattacieli. Esaurita la sua rabbia e la sua energia, Godzilla entra in stato vegetativo. Tōkyō è in fiamme.
Il quarto giorno il team esecutivo internazionale studia un piano sfruttando la momentanea inattività di Godzilla. Gli americani propongono l’uso della bomba atomica, ma i giapponesi si rifiutano preferendo metodi meno invasivi basati su tre conclusioni fondamentali a cui sono arrivati. Dalle ricerche idrogeologiche si apprende che Godzilla era probabilmente un qualche rettile marino che si è cibato di scorie nucleari fuoriuscite da barili gettati in mare 60 anni prima. Dall’analisi dei campioni di tessuto del mostro si scopre che l’essere è dotato di capacità rigenerativa istantanea asessuata e capacità evolutiva infinita. Infine, grazie agli studi genetici dello scienziato scomparso, il team riesce a mettere a punto un piano denominato Operazione Yashiori: il piano prevede di bloccare il mostro facendogli crollare addosso dei palazzi, e, mentre è immobilizzato, iniettargli delle sostanze chimiche che coagulino il suo sangue fino ad annichilirlo.
Il quinto giorno ha inizio l’Operazione Yashiori: treni carichi di esplosivo vengono mandati contro Godzilla svegliandolo, i grattacieli di Maruno’uchi vengono abbattuti sul mostro, autocisterne gli iniettano il coagulante. Godzilla si immobilizza: è sconfitto.
L’accoglienza
Dopo la première cinematografica a invito tenutasi il giorno 25 luglio, alcuni critici giapponesi hanno scritto in anteprima delle recensioni per le loro testate: erano tutte più che entusiastiche, addirittura il giornalista di RO69 (pronuncia all’inglese “R-O-Rock”) ha gridato al «capolavoro senza precedenti» seguito da svariati punti esclamativi. I commentatori occidentali, pur non avendo visto la pellicola, sono stati più moderati, ritenendo che probabilmente l’entusiasmo dei giapponesi è, appunto, dei giapponesi, i quali vedono in questo film qualcosa di eclatante per loro e solo per loro, e molto più «noioso e politicizzato» per il resto degli spettatori mondiali.
Come al solito, la verità sta nel mezzo. Da un lato il film è assolutamente spettacolare sotto moltissimi aspetti, e visivamente è un instant classic, col suo uso straordinariamente avvincente di tutte le tecniche possibili, dalla ripresa in IMAX al filmato di repertorio, dai video su YouTube e Niconico all’iPhone. Al contempo, però, la sua fruizione per una platea internazionale è effettivamente difficile, inficiata da un uso continuo di vistosi simboli e astruse metafore, nonché dalla scrittura estremamente verbosa: il film è totalmente parlato dal primo all’ultimo minuto, e a schermo appare una quantità inimmaginabile di scritte, sia didascalie sia materiali che i personaggi leggono. Per rendere l’idea, il copione del film è lungo 244 pagine, cioè oltre il doppio della dimensione standard per un film da due ore.
I titoli e gli slogan
Attenzione: contiene spoiler leggeri o comunque non comprensibili fuori contesto.
Se c’è una cosa che piace ad Anno sono i kanji, ovvero gli ideogrammi della lingua giapponese.
Il nome di Godzilla originariamente non aveva degli ideogrammi ed era scritto con un sillabario fonetico, cosicché non avesse alcun significato preciso: per i giapponesi, un nome vuoto è un nome inconoscibile e ha dell’inquietante. Anno ha scelto per il nome del mostro degli ateji, ideogrammi applicati forzatamente per puri criteri fonetici: Godzilla in giapponese si pronuncia Gojira e si scrive 呉爾羅, ovvero “fare/dare qualcosa”, “tu” ed “espandersi”. L’interpretazione è libera.
Più interessante ancora è leggere i kanji sulla locandina: se inizialmente c’era solo la scritta ニッポン対ゴジラ Nippon tai Gojira “Giappone vs. Godzilla”, questa nei poster recenti ha guadagnato degli ateji ed è diventata 現実対虚構 Genjitsu tai kyokou “Realtà vs. immaginazione”, il che fornisce una basilare chiave di lettura per il film perché la parola kyokou non indica l’immaginazione fantastica, il fantasy, un mondo altro: kyokou indica una fantasticheria immaginata dall’uomo, una fabbricazione umana, una cosa innaturale. È Godzilla: «un’opera dell’uomo».
Infine, la questione dei titoli. Quello occidentale è Godzilla Resurgence, scelto e scritto sulla locandina da Anno stesso e quindi ufficiale a tutti gli effetti, soprattutto perché il “God” (contenuto in “Godzilla”) e la “resurrezione” compongono un triangolo col fatto che il mostro “resuscita” il terzo giorno, come Gesù.
Il titolo giapponese invece è シン・ゴジラ Shin Godzilla, di nuovo un titolo con shin, che è la parola preferita di Anno perché in giapponese ha molti significati, di cui almeno tre estremamente ricchi: 新 shin “nuovo”, 神 shin “dio” e 真 shin “vero”. Ma c’è un quarto significato, sempre tralasciato, che invece si rivela essenziale: 進 shin significa “avanzare” ed è parte di 進化 shinka “evoluzione”, come “teoria dell’evoluzione”, e queste parole assumono tutto un nuovo senso alla luce dello sviluppo del personaggio di Godzilla lungo la durata del film.
La simbologia
Attenzione: contiene spoiler leggeri o comunque non comprensibili fuori contesto.
La scrittura di Shin Godzilla è di una ricchezza straordinaria. Praticamente ogni elemento del film è imbevuto di significato, aspetto che oggettivamente lo appesantisce, ma al contempo lo rende anche estremamente affascinante. D’altronde Godzilla è sempre stato una allegoria della condizione attuale del Giappone, fin dal primo film del 1954 caratterizzato da quello che era il tema principale di quel periodo, ovvero la forte paura verso il nucleare. Questo nuovo film non fa eccezione, e oltre ai significati legati al nuovo, al divino, al reale e all’avanzare, Anno ha intrecciato nella sua sceneggiatura almeno tre livelli di lettura simbolica del film.
Il primo significato è quello più evidente, colto anche dai recensori stranieri: la macchina burocratica e la sua pesantezza di fronte alle questioni militari. In un film composto per oltre un terzo da riunioni, tavole rotonde e trattative diplomatiche, è facile cogliere le critiche di Anno alla lentezza della burocrazia giapponese, caratterizzata da un formalismo e una rigidità irritanti e ben superiori alla pur criticata controparte italiana. Ancora di più l’inefficienza si nota al confronto con le potenze straniere e di fronte all’eventualità militare: il discorso di Anno è ambiguo, né pro-militarista né anti-militarista, e sembra voler aprire un dibattito con lo spettatore, soprattutto in un periodo in cui il Giappone sta riflettendo se modificare la Costituzione in tema di Difesa.
Il secondo aspetto è quello colto maggiormente dai giapponesi e sottolineato di più sui media e nelle interviste con attori e registi: il rapporto fra Shin Godzilla e il terremoto del Touhoku del 2011. Le immagini delle barche accatastate, dei palazzi crollati, delle distese di macerie, delle tegole che sobbalzano, persino delle mappe coi livelli di radioattività, sono ricostruzioni estremamente vivide della distruzione post-terremoto, tsunami e incidente alla centrale nucleare 1F.
Forse, però, l’elemento simbolico più interessante è il terzo livello di lettura, ovvero il legame della trama con la storia giapponese: ci sono tantissimi elementi storici che emergono qua e là e che Anno ha rielaborato in forma metaforica nella sceneggiatura. Ad esempio, l’arrivo di Godzilla dalla baia di Kamakura è estremamente significativo, perché l’antica città di Kamakura è il luogo dove dal 1185 installò la sua sede lo shougun, cioè il generalissimo durante il Medioevo giapponese, praticamente il dittatore militare della nazione e re della guerra, e quindi di morte e distruzione: parallelismo immediato con Godzilla. Allo stesso modo, nel 1274 e 1281 gli invasori mongoli attaccarono due volte il Giappone dal mare, proprio come l’invasore Godzilla attacca due volte il Giappone dal mare. Tokyo è stata incendiata svariate volte, fra cui nel 1923 dopo il celebre terremoto del Kantou (lo stesso di Si alza il vento), e ancora oggi ha il soprannome di “città delle fiamme”.
Oltre agli avvenimenti storici, poi, numerosi sono i rimandi alla cultura giapponese, e spicca in particolare il cambio d’abito dei membri del governo. Dopo aver passato i primi venti minuti del film a discutere in giacca e cravatta in stanze silenziose, i ministri indossano una tuta e passano all’azione: non è solo un cambio d’abito, è un cambio di ruolo, di funzione e di atteggiamento mentale in un paese in cui, nel 1615, lo shougun Tokugawa Ieyasu varò delle leggi in cui imponeva quali vestiti e quali colori poteva o non poteva indossare ogni classe sociale. In Giappone l’abito fa il monaco.
Un altro aspetto interessante, anche questo comprensibile solo a chi è addentro alla cultura giapponese, è il fatto che Godzilla arrivi alla Stazione di Tokyo, la principale fermata della Linea Yamanote. Si tratta della circolare di Tokyo, ed è stata costruita secondo un percorso a forma di sagoma di mano destra di Buddha, come se l’Illuminato adagiasse la sua mano sulla città per proteggerla: distruggere la Stazione di Tokyo vuol dire interrompere la protezione divina alla città, e quindi soccombere. Al contempo, l’uso dei grattacieli di Marunouchi come “arma offensiva” è al contempo estremamente significativa: distruggere una «opera dell’uomo» per distruggere un’altra «opera dell’uomo» (con tutti i ragionamenti successivi sul grattacielo come simbolo capitalistico e fallico).
Infine, la notte. In una simbologia universale quanto mai azzeccata, lo scontro dell’esercito contro Godzilla avviene di notte, al buio totale: è la scena più bella del film, e probabilmente il terzo capolavoro assoluto di Anno insieme alle citate discesa su Giove e Operazione Yashima. Straordinaria.
Il cast
Considerando che la sceneggiatura è stata scritta da Hideaki Anno in persona, trovare gli attori giusti a cui farla interpretare era basilare per la riuscita del film, esattamente come in un cartone animato il character design si rivela un aspetto decisivo per la riuscita dell’opera.
Considerando che la sceneggiatura è stata scritta da Hideaki Anno in persona, inoltre, non è possibile non tracciare dei parallelismi con le sue opere precedenti, e in particolare Neon Genesis Evangelion. Ecco quindi che in Shin Godzilla gli unici tre personaggi femminili del cast sono identici in tutto ai tre personaggi femminili della serie tv del 1995.
Il Ministro della Difesa (interpretata da Kimiko Yo) è una donna adulta e volitiva che si chiama Reiko Hanamori, che letteralmente vuol dire “Reiko del bosco di fiori”, di nuovo un nome romantico e floreale come per Misato Katsuragi, ovvero “Misato del castello di kudzu“, personaggio con cui condivide totalmente il carattere oltre al ruolo militare.
L’inviata del Presidente degli USA è Kayoko Ann Patterson, di nuovo un nome triplo metà giapponese e metà straniero per un personaggio da madre giapponese e padre straniero, proprio come Asuka Souryuu Langley, a lei molto simile: bellissima ragazza (l’attrice è la splendida Satomi Ishihara) sempre perfettamente curata, vestita e truccata, è convinta di avere ragione e di essere migliore degli altri, e pronuncia la battuta più frivola del film, «Dov’è Zara?», perché è stata spedita in Giappone in fretta e furia mentre era a un party, senza fare la valigia, e non ha altri abiti oltre al minidress da cocktail blu notte con cui fa la sua prima vivace apparizione (complementare a quello giallo con cui Asuka fa la sua prima vivace apparizione). Inoltre, il nome del personaggio è similissimo a quello dell’americana Jodi Ann Paterson, modella e playmate: non può essere un caso.
Infine, il personaggio migliore del film: Hiromi Okashira, la funzionaria del Ministero dell’Ambiente interpretata da Mikako Ichikawa, con il suo caschetto corto mal pettinato e il viso completamente struccato con tutte le imperfezioni esposte in primo piano, sempre silenziosa, sempre ligia al dovere, sempre seria meno per un singolo piccolo sorriso alla fine: è palesemente Rei Ayanami. Alla Ichikawa, che forse regala anche la performance attoriale migliore del film, è affidata la battuta più importante della sceneggiatura, in purissimo stile Anno: «Non siamo forse noi esseri umani ancora più spaventosi di Godzilla?».
Oltre a queste tre importanti donne, gli uomini sono meno interessanti: al contrario dei personaggi femminili molto simili alle loro corrispettive di Neon Genesis Evangelion, lo Shinji Ikari e il Ryouji Kaji della situazione sono i loro esatti opposti, il primo combattivo e sempre in prima fila per sconfiggere il mostro, il secondo freddo e demotivante (rispettivamente interpretati da Hiroki Hasegawa e Yutaka Takenouchi). Gli altri, ministri e funzionari e impiegati e militari vari, formano una sorta di coro greco di voci che mandano avanti l’atmosfera del film, ma non la trama.
Gli effetti speciali
Al contrario degli americani che ormai investono tutto sulla CG (computer graphic) arrivando a risultati grotteschi come The Avengers o Il libro della giungla girati interamente in green screen, i giapponesi amano ancora la manualità, esemplificata dall’origami della gru rossa: nonostante sia stato ovviamente usato il computer per alcune scene tecnicamente difficili, nella maggior parte del tempo Godzilla è vero. È palesemente un costume di gomma addosso a un attore, o un pupazzo di plastica manovrato da un marionettista, o un robot in animatronics, certo, ma è fisico, è tangibile, e questa sensazione traspare totalmente attraverso la pellicola comunicando allo spettatore un senso di inquietudine intima e primordiale.
Alla tv giapponese sono stati mostrati molti video con i dettagli sulla realizzazione tecnica di Shin Godzilla.
La composizione dell’immagine:
La computer graphic:
「トリックハンター!!」より
シン・ゴジラ撮影トリック その1 pic.twitter.com/ylRMlRGvig
— れぎおん (@Legion_1996) July 27, 2016
L’uso congiunto di blue screen e modellini:
「トリックハンター!!」より
シン・ゴジラ撮影トリック その2 pic.twitter.com/CaB5BfmqNh
— れぎおん (@Legion_1996) 27 luglio 2016
Le esplosioni:
「トリックハンター!!」より
シン・ゴジラ撮影トリック その3 pic.twitter.com/otzaG9RRoD
— れぎおん (@Legion_1996) 27 luglio 2016
Presso lo spazio per eventi Makuhari Messe di Chiba, inoltre, sono stati esposti i modellini originali usati nel film, ennesima testimonianza dalla differenza fra gli effetti speciali americani e quelli giapponesi.
幕張メッセでも展示されてた東京駅のミニチュア、やはりシン・ゴジラの撮影で使われたものだったか… #シンゴジラ pic.twitter.com/sJk2oqvPtN
— jack@シン・ゴジラ上陸中 (@jack_m_s) 15 luglio 2016
La musica
Shiro Sagisu è senza dubbio uno dei migliori compositori attualmente operanti al mondo, e se tutta la sua discografia precedente non fosse sufficiente a confermarlo, la colonna sonora di Shin Godzilla mette la ciliegina sulla torta portando all’estremo emotivo lo stile orchestrale di Neon Genesis Evangelion.
Oltre alle musiche originali, Sagisu ha recuperato sia brani delle passate colonne sonore dei vecchi film di Godzilla, sia due brani da Neon Genesis Evangelion, giusto per sottolineare il collegamento fra questo film e la serie del 1995: il primo è il brano per piano solo Junko tratto dalla OST di Evangelion 3.0, qui riarrangiato per piano & violino, e il secondo è Decisive Battle, ovvero il celeberrimo tema dell’Operazione Yashima, stavolta riarrangiato in quattro nuove versioni di cui tre con chitarra elettrica.
Il tema dell’Operazione Yashima riarrangiato per Shin Godzilla. Inutile dire che non appena sono partite le prime note, l’intero pubblico in sala ha riconosciuto il brano con mormorii di gioia e stupore: un momento davvero da comunità otaku.
Neon Genesis Evangelion
Attenzione: contiene spoiler leggeri o comunque non comprensibili fuori contesto.
Sarà perché metà dello staff viene dallo Studio Khara, ma Shin Godzilla è stilisticamente similissimo a Neon Genesis Evangelion. Non solo l’arrivo dal mare come un Angelo, non solo gli enormi sbocchi di sangue, non solo Tokyo distrutta dal raggio atomico del nemico come Neo Tokyo-3, non solo la punta della coda che si vede nell’ultimissimo fotogramma, ma soprattutto la succitata scena del combattimento di notte è assolutamente figlia dell’esperienza di Anno con Neon Genesis Evangelion. I colori, i poteri del mostro, il fuoco, il berserk, le strade incendiate, i cannoni e gli aerei, l’uso della musica: è tutto un grande déjà vu, ma nel senso più buono possibile del termine. D’altronde, per prima cosa Godzilla passeggia per le strade del quartiere di Oota, che in giapponese di pronuncia Oota-ku, pericolosamente simile a otaku: Godzilla che irrompe nel mondo otaku, che sia un caso?
Inoltre, dominano i feticci dell’immaginario di Anno: gli occhiali, i semafori, i passaggi a livello, le lavagne bianche, i pali della luce, le biciclette, gli ingranaggi, i grattacieli, i documenti stampati, la donna militare, i cartelli, il mare rosso, la tsundere, persino le rune e tanto altro. Mancava solo l’arcobaleno e poi non ci sarebbe stato nessuno stupore nel vedere un Eva spuntare da dietro l’angolo.
Gadget
Il giro d’affari intorno a Shin Godzilla è enorme, e anche al cinema non si perde occasione per incassare con merchandise esclusivo disponibile sono in sale cinematografiche selezionate.
L’Italia
A quanto pare nessun distributore cinematografico ha ancora annunciato l’acquisizione dei diritti di Shin Godzilla per l’Italia, ma la pellicola è già stata venduta in oltre cento paesi del mondo e non c’è motivo per cui un franchise così noto di un regista così noto (e già approdato nei cinema italiani) non arrivi nel Bel Paese.
Fra l’altro c’è comunque una ragionevole certezza che il film venga localizzato in italiano. Nei titoli di coda, infatti, #c’èancheunpo’dItalia! Fra le decine e decine di aziende elencate (il product placement è enorme, soprattutto di Apple, Fujitsu e Panasonic), la produzione ha ringraziato anche l’Istituto Italiano di Cultura di Tokyo e Federico Colpi della ex d/visual, storico collaboratore ultradecennale con Gainax prima e Khara poi: non resta che aspettare, se non l’uscita cinematografica come uno di quei famigerati «eventi speciali» della Lucky Red, quantomeno il box deluxe a Lucca 2017.
Conclusioni
Tutto il lavoro di Anno, tutta la sua carriera sono esistiti per arrivare a questo film. Per i suoi fan, è un miracolo di una profondità misteriosa e abbacinante. Per i suoi detrattori, solo 119 minuti di chiacchiere, marcette militari e gente struccata.
Eppure, nonostante il forte nazionalismo parte vero e parte satirico (“Giappone” e “questo Paese” sono le parole più pronunciate), nonostante la prolissità, e nonostante la scarsità di scene d’azione che lo pongono ai limiti del genere action di cui dovrebbe far parte, nonostante tutto Shin Godzilla non può non essere il film dell’anno: per la sua qualità tecnica, per l’importanza del franchise, per la bellezza, per la forza, per il messaggio.
Il messaggio. Anno vuole sempre e solo dirci qualcosa, e quel qualcosa è così plateale, così chiaro, così dichiarato fin dal titolo che quasi è difficile accorgersene: quel qualcosa è il quarto shin, è 進 shin, è andare avanti, andare avanti sempre: nel bene, nel male, nella difficoltà, nella paura, nel sangue, nella morte, nella notte, soprattutto nella notte, andare avanti. Noriko andava avanti, Jean andava avanti, Shinji andava avanti, Yukino andava avanti, Cutie andava avanti, e ora l’uomo va avanti. Piangere, prima, ma poi sorridere, e andare avanti.