Cinemanga – 1999 nen no natsu yasumi
Dato che di cinecomics parlano già tutti, DF parla di cinemanga. In questo primo articolo: dal capolavoro Thomas no shinzō di Moto Hagio, un film ambiguo, pseudo-fantascientifico e molto, molto influente.
Dopo i primi esperimenti degli anni 2000 partiti con le serie degli X-Man e di Spider-Man, i cinecomics sono diventati negli anni ’10 il maggior business del cinema contemporaneo, e forse di sempre.
Ma oltre ai film statunitensi che traggono ispirazione dai fumetti locali e vengono distribuiti in tutto il mondo, esiste da decenni un fiorente filone di film giapponesi che traggono ispirazione dai fumetti locali e restano confinati in patria.
Parte quindi da questo articolo il viaggio di Dimensione Fumetto all’interno della cinematografia giapponese live action tratta dai fumetti: i cinemanga!
Uno dei grandi problemi degli editori occidentali di fumetti giapponesi è che possono pubblicarne solo una percentuale minima, peraltro scelta al 90% fra le opere pubblicate dopo il 2000. Per motivi come cambio di gusto, lunghezza eccessiva, irreperibilità del materiale originale, vincoli contrattuali, diritti d’autore passati agli eredi e altri ancora, molti dei titoli basilari della storia dei manga non escono dal Giappone. È un peccato, perché non leggere le opere vecchie vuol dire non leggere quello che i fumettisti di oggi hanno letto e a cui si sono ispirati, e quindi capirli un po’ di meno. Per esempio, gli italiani non hanno ancora avuto la fortuna di leggere il fumetto del 1974 Thomas no shinzō.
Il titolo letteralmente vuol dire Il cuore di Thomas («cuore» come “muscolo cardiaco”, non come “sentimenti”) e l’autrice è Moto Hagio, considerata in patria probabilmente la più importante fumettista donna giapponese di sempre ed entrata da anni nei programmi d’esame delle facoltà di Lettere moderne. La Hagio ha un bagaglio creativo che va dall’horror alla fantascienza, dalla commedia allo storico e arriva fino al melodramma, come questo Thomas no shinzō che dopo oltre quaranta anni è ancora oggi amatissimo, ancora oggi cosplayato, ancora oggi rappresentato a teatro, ed è considerato così importante da aver influenzato decenni di fumetto giapponese ed essere arrivato perfino, in qualche modo, a Utena la fillette révolutionnaire e Neon Genesis Evangelion.
Dal bellissimo fumetto, un’opera in cui si toccano grandi temi universali che vanno dalla percezione della morte all’esistenza del divino, è infatti stato tratto nel 1988 un bellissimo film diretto da Shūsuke Kaneko e intitolato 1999 nen no natsu yasumi (titolo internazionale Summer of 1999, traduzione effettiva “Le vacanze estive del 1999”) che presenta risvolti estremamente interessanti per tutti i fan delle magnum opus di Kunihiko Hikuhara e Hideaki Anno, quest’ultimo soprattutto noto per essere un regista che attinge in maniera vampiresca dalle opere che ama per assorbirne le qualità e riversarle nei suoi lavori: sono risapute le sue passioni per Gō Nagai, per i kaijū, e per le tre opere basilari Densetsu kyojin Ideon di Yoshiyuki Tomino, Panda! Go, panda! di Isao Takahata & Hayao Miyazaki e La corazzata Yamato di Leiji Matsumoto.
Completamente non indagata dai fan occidentali è però la fortissima ispirazione che Ikuhara e Anno hanno tratto da 1999 nen no natsu yasumi, probabilmente perché questo film non è mai uscito dal mercato locale ed è noto solo ai fan giapponesi, che infatti lo considerano un cult.
Il fumetto
Thomas no shinzō è stato realizzato da Moto Hagio fra il 1974 e il 1975 a episodi per la rivista Shōjo Comic, celebre in patria per i suoi fumetti che non tacciono il tema della sessualità (è la stessa rivista che pubblicò anche Georgie e Anatolia Story), e poi raccolto in tre volumi. L’ispirazione per l’opera proviene dal film francese del 1964 Le amicizie particolari, al cui confronto Thomas no shinzō appare come una sorta di “sequel what if“.
La storia si svolge nell’arco di un inverno all’interno di un collegio maschile tedesco alla fine del XIX secolo, e inizia con il suicidio di Thomas da un ponte ferroviario, disperato per l’amore non ricambiato dal suo compagno di classe Juli. Subito dopo, però, arriva nel collegio il nuovo studente Eric, incredibilmente somigliante a Thomas: lo shock per l’arrivo di Eric è pari a quello dell’apparizione del fantasma di Thomas. Da questo punto in poi, il fumetto sviluppa varie sottotrame di ordine più psicologico che narrativo, e si concentra sull’esame di coscienza di Juli e dei suoi sentimenti nei confronti del suicida, portandolo alla fine a scendere a patti con il suo passato e scegliere cosa fare del suo futuro.
La trama
Attenzione: contiene spoiler importanti.
Il film di Kaneko sfrutta solo l’incipit del dramma umano della Hagio per costruire un film totalmente diverso: un film di fantascienza.
Durante le vacanze estive, nel dormitorio della scuola deserta sono rimasti solo tre ragazzini: l’ombroso Kazuhiko, il maturo Naoto e il piccolo Norio, in lutto per la morte del loro compagno Yū, gettatosi nel lago da una rupe poiché il suo amore per Kazuhiko non era ricambiato. Un bel giorno arriva un nuovo studente: costui si presenta come Kaoru, ma è di aspetto assolutamente identico al suicida e inquieta i tre ragazzi. Eppure, Kaoru non è Yū: lui lo ribadisce mille volte, e pian piano il suo carattere vivace, totalmente opposto a quello timido di Yū, mostra chiaramente che in effetti si tratta di un’altra persona. Al contempo, però, il suo ambiguo modo di parlare, alcune caratteristiche sospette e l’aver intrecciato subito una misteriosa relazione con Kazuhiko insinuano in Naoto il dubbio che Yū non sia davvero morto (il cadavere non era stato trovato) e sia tornato sotto le mentite spoglie di Kaoru.
Ogni notte, Kaoru si alza per andare al telefono a parlare con la madre: quando Naoto, ascoltando la conversazione da un altro apparecchio, scopre che in realtà Kaoru sta parlando da solo, il dubbio si trasforma in sospetto. Poi, un giorno Kaoru se ne va all’improvviso dichiarando che sua madre è morta: Kazuhiko subito lo segue per consolarlo, e quando i due s’incontrano la loro amicizia si trasforma in amore. Quando tornano a scuola, Norio è scomparso: lo ritrovano sperduto, ma salvo, e finalmente i quattro ragazzi sono insieme e in armonia.
La sera, durante una festa sul lago, Kaoru trova una lettera che galleggia sull’acqua: è la lettera d’addio di Yū. Mentre Kaoru la legge piangendo, Naoto lo minaccia violentemente di andarsene: avendo conquistato il cuore di Kazuhiko, Kaoru ha interferito con i piani di Naoto, che pure puntava a conquistare Kazuhiko ed era stato ben felice della morte di Yū, suo rivale in amore. Mentre scappa inseguito da Naoto, Kaoru viene raggiunto da Kazuhiko sulla rupe del suicidio, ed è lì che Kaoru gli confessa la verità: egli è davvero Yū. Leggendo la lettera d’addio, Kaoru ha ricordato: nella sua vita precedente lui era il timido Yū che non riuscì a far innamorare di sé Kazuhiko, quindi dopo la morte è risorto per cercare di nuovo di conquistarlo, cambiare la storia e dargli un nuovo finale. Kaoru propone quindi a Kazuhiko di suicidarsi insieme per restare uniti per sempre: lui accetta e i due ragazzi si buttano dalla rupe, ma mentre sprofonda nell’acqua del lago Kazuhiko ci ripensa e riesce a mettersi in salvo grazie al pronto intervento di Naoto e Norio. Kaoru muore, di nuovo.
Eppure, un giorno arriva a scuola un nuovo studente: è di nuovo identico a Yū e Kaoru, ma ha un altro nome e conosce già Kazuhiko. Come proseguirà stavolta la storia?
Il film
Il film di Kaneko è molto diverso dal fumetto della Hagio.
Per ragioni di carattere economico sono state attuate tre scelte in forte contrasto con l’opera originale: la storia si sposta dalla Germania al Giappone per motivi di location, dal passato al futuro per non dover essere costretti a rispettare costumi e arredi del tempo, e dall’inverno all’estate così da poter ridurre il cast ai soli quattro personaggi principali (gli unici rimasti al collegio mentre tutti gli altri sono tornati a casa).
Questi tre stratagemmi, oltre a ridurre notevolmente i costi, danno un tocco estremamente peculiare al film: lo scenografo ha messo su una sorta di “Giappone europeizzato” scegliendo set reali in edifici in stile occidentale, la costumista si è inventata una bizzarra e molto caratteristica divisa scolastica composta da bretelle e vistosi reggicalze, e l’arredatore ha predisposto mobilia retro-futuribile, vagamente cyberpunk.
Oltre a tutto ciò, il cambio forse più stravagante è l’uso di ragazzine androgine per interpretare ragazzini efebici. Il risultato è molto, molto teatrale e nelle scene sentimentali comunica allo spettatore un senso di intimità quasi voyeristica.
Inoltre, ci sono molti vistosi riferimenti stilistici a Dario Argento e in particolare a Suspiria. Il regista italiano, storicamente amatissimo in Giappone soprattutto dal giovane pubblico femminile (una sua celebre fan è la scrittrice Banana Yoshimoto), è preso a modello da Kaneko in svariate soluzioni formali e coloristiche, come nella scuola-prigione con le tende svolazzanti e le luci innaturali.
L’influenza su Anno: il contenuto
Attenzione: contiene spoiler leggeri o comunque non comprensibili fuori contesto.
Ancora più interessante dei cambi di tempo, di luogo, d’immagine e persino del sesso dei personaggi (o quantomeno dei loro interpreti), però, è l’incredibile cambio di trama. Usando come spunto solo l’incipit della Hagio, e cioè il suicidio di Thomas, la sceneggiatrice Rio Kishida ha costruito su una storia del tutto diversa e, soprattutto, incatalogabile.
A una prima impressione 1999 nen no natsu yasumi sembrerebbe un film di fantascienza, ma se la fantascienza è quel genere che, come dice Edmund Crispin, «presuppone una tecnologia, o un effetto della tecnologia, o una alterazione dell’ordine naturale, tale che l’umanità, fino al momento in cui si scrive, non ha ancora sperimentato nella realtà», allora questo non è un film di fantascienza, dato che gli eventi narrati non sono il frutto di una tecnologia non ancora esistente, o comunque non sono legati alla tecnologia. 1999 nen no natsu yasumi si svolge in un futuro vicino in cui si usa una tecnologia verosimile, benché alternativa a quella reale e fortemente legata a quell’immaginario cyberpunk, in quel momento molto in voga, che sarà portato ai massimi esiti l’anno successivo da Shin’ya Tsukamoto in Tetsuo.
Tecnicamente, la Kishida ha spostato il genere dal melodramma al fantasy, o meglio ha mischiato insieme i due generi inserendoli nel terzo genere-contenitore della fantascienza. Cioè esattamente quello che ha fatto Hideaki Anno.
Ai fan di Neon Genesis Evangelion non possono sfuggire i numerosi collegamenti fra questa pellicola e il cartone animato: la commistione fra i generi, la fantascienza come scusa per mettere in scena la psicologia dei personaggi, il doppio finale con la rivelazione della vera identità del nuovo arrivato, la morte & resurrezione, la continua reincarnazione, il ciclo narrativo che si ripete. Il problematico Kazuhiko è palesemente il problematico Shinji e il criptico Kaoru è palesemente il criptico Kaworu (persino il nome è uguale dato che in giapponese le sillabe “o” e “wo” hanno pronuncia simile). I punti di contatto sono così numerosi che appare chiaro quanto Anno abbia attinto dalla sceneggiatura della Kishida, persino a livello di battute dei personaggi.
E a proposito di Evangelion: Death & Rebirth, in 1999 nen no natsu yasumi c’era già un concerto di musica tedesca da camera eseguito dai protagonisti con strumenti rivelatori del carattere. Cambia solo il brano: nel primo film cinematografico della serie di Anno viene eseguito il Kanon di Pachelbel, nella pellicola di Kaneko invece i tre ragazzi suonavano lo Erzherzog-Trio di Beethoven.
Ad aumentare ulteriormente l’influenza di questo film su Anno c’è la questione animalista. In una scena, i ragazzi stanno studiando in classe finché dalla finestra non entra una vespa: Norio ne è spaventato e Kazuhiko la uccide, credendo così di fargli un piacere, ma suscitando invece la sua rabbia perché lui voleva solo non essere punto, e non certo uccidere un insettino innocente. È il germe che maturerà in Anno fino alle future discussioni fra Jean e Nadia sul diritto degli umani di uccidere gli animali.
Infine, il punto da cui tutto è partito e a cui tutto torna: Godzilla del 1954. Esattamente come nello storico film di Honda, anche qui c’è una scena subacquea di morte in acqua in cui sono in due a gettarsi, ma uno solo a risalire: Anno deve esserne rimasto impressionato.
L’influenza su Ikuhara: la forma
Se Hideaki Anno è rimasto così colpito dai contenuti del film da riutilizzarli nelle sue future opere, Kunihiko Ikuhara si è invece maggiormente concentrato sul modo in cui quei contenuti vengono presentati allo spettatore, sia a livello visivo sia verbale.
A livello visivo, Kaneko fa largo uso di metafore per immagini, una lezione che Ikuhara ha ben appreso e amplificato nelle sue opere.
Non si contano poi le suggestioni create dalla messinscena unica del film, coi suoi contrasti vecchio/nuovo e vita/morte.
Alcune scelte d’immagini e di messinscena sembrano veramente profetiche per tutta una scuola di animazione anni ’90, e quindi ovviamene per i suoi due massimi rappresentanti Anno e Ikuhara. In particolare, risalta la scena dell’ultimo giorno di scuola: per economizzare, Kaneko non mostra affatto i bambini, ma inquadra le stanze vuote del collegio con in sottofondo le voci festanti degli studenti che se ne vanno, una soluzione ripresa sia da Ikuhara con le sue celebri voci fuori campo, sia da Anno con le sue celebri inquadrature fisse.
E l’opera di Kaneko non ha influenzato Anno solo l’animazione, ma anche quel che c’è prima, perdendo spunto dall’iconico lettering del regista Kon Ichikawa e ispirando quello di Neon Genesis Evangelion.
A livello verbale, 1999 nen no natsu yasumi presenta dei dialoghi particolarmente asciutti e ricchi di senso, sia diretto sia metaforico, e concentrati principalmente sulla grande allegoria della scuola/casa/prigione come bolla separata dal resto del mondo e dal resto della vita, la stessa allegoria che userà Ikuhara con l’Accademia Ōtori in Utena la fillette révolutionnaire e la casa dei Takakura in Mawaru-Penguindrum. Alcune battute sembrano proprio tratte dalle opere di Ikuhara, se non fosse che questo film è venuto prima e quindi, naturalmente, è il contrario:
Kazuhiko – Voglio andarmene da qua…
Naoto – Perché?
Kazuhiko – A volte mi sento soffocare. Odio completamente il fatto di essere rinchiuso qui dentro.
Naoto – Però questa e una “zona sicura”.
Kazuhiko – È proprio questo che mi porta a detestarla. Vorrei abbattere tutto ciò che mi circonda.
Naoto – Per quanto tu possa distruggerne, continuerai a trovare muri. Tutto quel che possiamo fare è trovare muri che siano in qualche modo confortevoli.
Un monologo di Kaoru cita elementi fiabeschi, altro futuro leit motiv di Ikuhara:
Voglio mettere il mio orologio in avanti in modo che possa crescere più velocemente, e fermare il tuo tempo in modo che non invecchi fin quando io divento un adulto. Sarai come la bella addormentata nel bosco, e ti sveglierai solo quando ti bacerò.
Inoltre, a un certo punto del film Norio racconta un suo ricordo in cui Yū recita un brano del romanzo Demian di Herman Hesse, scena inesistente nel fumetto della Hagio (anche perché ambientato prima che Hesse iniziasse a scrivere): si tratta del celebre passo del pulcino e dell’uovo, lo stesso che verrà poi ripreso da Ikuhara in Utena la fillette révolutionnaire.
Contenuti forti espressi con ricchezza metaforica e precise controparti visive: esattamente il metodo comunicativo usato da Ikuhara.
Conclusioni
Shūsuke Kaneko ha iniziato la sua carriera nel 1984 dirigendo pink eiga (“film rosa”, cioè quello che in Occidente chiameremmo cinema pulp erotico, come in Italia negli anni ’70) e questo 1999 nen no natsu yasumi è stato il suo primo film non VM14, nonché il suo primo di una lunga serie di film tratti da manga: si tratta quindi dell’opera di svolta della sua carriera. Forse il regista ne era consapevole, e per questo cercò di realizzare un prodotto molto riconoscibile, quasi sperimentale.
Il risultato del lavoro di Kaneko è un film che ancora oggi è considerato un cult in patria e ha ispirato fortemente due fra i maggiori registi d’animazione giapponese di sempre. Un must per ogni otaku che si rispetti, e non solo per loro: anche il musicista Momus, scozzese di nascita e giapponese d’adozione, ha voluto rendere omaggio alla delicata ambiguità del film scrivendo la canzone Summer Holiday 1999, il cui testo potrebbe benissimo essere la lettera d’addio di Yū.
Benché Moto Hagio abbia disconosciuto questo film, il suo recupero dei temi del doppio e del ciclo vitale nell’opera Barbara ikai (“L’altro mondo Barbara”) mostra che l’autrice ne ha comunque ricevuto una qualche fascinazione, e ancor più forte è la fascinazione esercitata sul pubblico sia dal film sia dal fumetto: ancora oggi sia Thomas no shinzō sia 1999 nen no natsu yasumi sono opere estremamente amate e rispettate. Due opere molto diverse, eppure entrambe a loro modo seminali dell’immaginario otaku.
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