47 ronin: una storia d’onore

Una delle storie più famose ed emblematiche dell’onore giapponese, e anche un po’ del mito che noi occidentali ci siamo fatti del popolo del Sol Levante, in una riduzione a fumetti prodotta sull’asse Giappone-Stati Uniti.

La storia dei 47 ronin, samurai senza padrone di Asano Naganori, ha fondamenti storici certi: ci sono prove documentali che tra il 1702 e il 1703 sia avvenuto l’Akō Jiken.

Una storia vera che è divenuta leggenda, come certo in Giappone succede, perché la rettitudine e l’onore della popolazione nipponica sono proverbiali.

Le tombe dei 47 samurai privati del loro signore, a Sengaku-ji, sono meta di un vero e proprio pellegrinaggio che il 14 dicembre di ogni anno diventa un festival che ricorda l’evento. Perché nel tempio sono tutti riuniti: i ronin con il loro daimȳo.

La storia ha ispirato artisti di tutti i campi, al punto che c’è un nome dato a tutte le opere legate a questo fatto storico: Chūshingura (忠臣蔵 Il tesoro dei fedeli).

Fin da subito infatti fu creato uno spettacolo di marionette bunraku visibile in Giappone già a metà del XVIII secolo. Più o meno dello stesso periodo le prime rappresentazioni della storia nel teatro kabuki.

La storia fu poi portata in occidente dall’olandese Isaac Titsingh già alla fine del ‘700.

Nel XX secolo tutta una serie di film, dal 1908, fino a quello con Keanu Reeves del 2013; il balletto di Maurice Bejart del 1986; le serie televisive giapponesi, l’opera lirica, il brano dei Jefferson Airplanes e il racconto di Borges (L’incivile maestro di cerimonie Kotsuké no Suké in Storia universale dell’infamia).

Senza contare le stampe che hanno visto questo episodio illustrato fin da subito.

E nel 2013 ben due produzioni a fumetti, forse sull’onda del clamore cinematografico: una ad opera di Mike Richardson e disegnata da Stan Sakai (Usagi Yojimbo), supervisionata da Kazuo Koike e pubblicata da Dark Horse (di ReNoir l’edizione italiana); l’altra scritta da Sean Michael Wilson e illustrata da Akiko Shimojima.

Quest’ultima è stata portata in Italia dal L’età dell’Acquario nell’ambito di un percorso più ampio di cui abbiamo già parlato.

La storia degli Akō-rōshi (i 47 ronin per gli occidentali), emblematica della lealtà, del sacrificio, della perseveranza e dell’onore del popolo giapponese è stata ben sceneggiata dallo scozzese Sean Michael Wilson. Che ha dedicato finora la sua vita professionale principalmente ad alcune opere basate sulle tradizioni, soprattutto marziali, del Sol Levante.

La storia è raccontata in un modo diretto e crudo e con dovizia di particolari. Wilson conosce bene i meccanismi della corte di Edo, dove i diversi daimȳo, cioè i signori feudali del territorio giapponese, erano obbligati a passare un periodo per servire lo shogun. Asano, piccolo feudatario della città di Akō, doveva essere istruito sui cerimoniali. In realtà erano in due gli allievi del cerimoniere Kira Yoshinaka: oltre ad Asano c’era Kamei di Tsuwano. Ma i servi al seguito di Kamei corruppero (segretamente?) Kira, che prese di mira il solo Asano. Questi, portato al limite della sopportazione, assale Kira, compiendo il grave reato di sguainare un’arma nelle stanze dello shōgun.

Wilson attinge alle cronache del primo consigliere di Asano, Ōishi Yoshio, che sarà anche il leader dei 47 ronin. Ed è attento ai particolari: l’utilizzo della wakizashi; il colpo attutito dall’eboshi di Kira; la lama conficcata nello stipite della porta; l’intervento dei dignitari per salvare Kira che, pur ferito, sopravvive.

E non cerca di dare nessuna spiegazione, che è basata sui fondamenti della cultura giapponese. Ōishi riporta l’inevitabile seppuku di Asano, il suo personale struggimento per essere rimasto ad Akō; la rassegnazione della moglie; la sottile e lenta preparazione della vendetta.

Il dettaglio della cerimonia del seppuku di Asano ha dell’ineluttabile. Come ineluttabile sembra essere la decisione dei fedeli servitori di Asano di non arrendersi.

Qual è l’onore più grande? Quello di difendere la verità e l’affetto per il proprio padrone? O quello di seguire acriticamente le tradizioni e le leggi?

La grandezza di questa storia è proprio nell’equilibrio che trova fra questi due onori. I 47 ronin infrangeranno la tradizione che li vuole sottomessi alla decisione dello shogun ma solo per un onore più grande. Lo faranno con un piano che mostra un altro aspetto della storia e della tradizione nipponica: l’arte della guerra. Lo faranno con pazienza e conquistandosi l’ammirazione di tutti i dignitari onesti della corte imperiale. Utilizzando per uccidere Kira la stessa lama usata da Asano per uccidersi. E alla fine sintetizzeranno tutto nel loro seppuku, testimoniando una forza e un senso dell’onore senza pari.

E troveranno il riposo accanto al loro padrone.

Wilson riesce a rendere con grande forza le sfaccettature della storia, tra la psicologia dei singoli e il legame con la tradizione. Come ho letto in un altro libro: Conoscere questa storia vuol dire conoscere il Giappone.

La sceneggiatura è aderente alla storia tradizionalmente tramandata dallo stesso Yoshio, e tratteggia in modo efficace i personaggi. Sia i principali che alcuni dei comprimari, in particolare alcuni dei 47 ronin. Con poche nette pennellate o con poche frasi che sembrano buttate là. E stimola in modo convincente ad approfondire: conoscere le persone coinvolte nell’episodio, la storia e le tradizioni giapponesi dell’epoca, lasciate intravedere con un bel gioco di chiaroscuri nella scrittura.

Quello che non mi è parso sufficiente e rende il lavoro non del tutto meritevole dal punto di vista artistico, è l’opera della mangaka Akiko Shimojima. Pur avendo vinto con The secrets of Ninja un Bronze Award all’International Manga Award nel 2016, sempre con Sean Michael Wilson, il tratto non riesce a esprimere né la drammaticità degli eventi, né la dinamicità delle scene.

Rimane sempre molto piatto, e fa pensare a un’occasione perduta. Infatti non riesce a riprodurre graficamente il pathos di cui la storia e la sceneggiatura sono intrise.

Spesso il disegno manca di spessore, non è né troppo dettagliato, né sufficientemente dinamico.

Sembra riferirsi a quel filone di disegnatori quasi seriali, di cui abbiamo avuto modo di parlare su queste pagine, ad esempio in occasione dei Manga delle Scienze. Studi e autori che producono spesso anche fumetti commerciali, usati per pubblicità o albi aziendali. Sufficientemente efficaci nel racconto e nella caratterizzazione grafica dei personaggi, ma non sempre in grado di trasmettere l’enfasi di storie significative.

Su opere seriali, ci si può aspettare una qualità non sempre elevata, ma in una graphic novel, che poi vuol toccare un evento storicamente così rilevante, soprattutto dal punto di vista emotivo, avere un disegno non all’altezza di una pur buona sceneggiatura è un vero peccato.

Tecnicamente sulle tavole c’è poco da eccepire: la gabbia è ben strutturata e adeguata ai passaggi narrativi; il ritmo è ben riprodotto.

È proprio la qualità del disegno a non essere del tutto convincente, al punto che (ma è una sensazione) diversi passaggi sembrano ritoccati con software per grafica vettoriale, soprattutto nelle espressioni dei visi. E non è una cosa piacevole.

Comunque una storia che merita di essere conosciuta ed è già ricca di particolari in questo fumetto, che può essere un approccio a un evento che consente di approfondire molti aspetti di una mentalità che il Giappone ha portato fino ai nostri giorni.

I 47 ronin
Sean Michael Wilson, Akiko Shimojima
cartonato, b/n, 160 pagine
Edizioni L’età dell’Acquario
2018, 16€

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